Il tempo passa veloce e da lunedì iniziano finalmente le votazioni per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Vediamo come ci arrivano i partiti.

Voglio iniziare dal Movimento 5Stelle, o meglio da quello che ne rimane. I grillini partivano con 221 parlamentari, oggi sono rimasti in 157: ben 64 deputati hanno lasciato Grillo. Al Senato i 5Stelle partivano con 111 senatori e cammin facendo ne hanno persi ben 38. Quindi, il Movimento in quattro anni ha perso oltre 100 “onorevoli”, oltre un terzo. Un dato enorme che fa già capire di cosa e chi stiamo parlando.

Un Movimento nato da un Vaffa ora completamente allo sbando e all’auto-eliminazione. Da una parte Beppe Grillo, sempre più vittima di se stesso, ora oggetto anche di indagine per traffico di influenze. Un reato voluto dal Movimento 5Stelle che per la sua assurdità non poteva che colpire proprio il suo ispiratore.
Ma in tutto questo il colmo è che questa indagine arriva dal filone relativo all’inchiesta sulla Fondazione Open, indagine a mio avviso utilizzata per anni per denigrare Matteo Renzi con ogni mezzo anche illegittimo.

E guarda proprio il Karma, oggi, l’unico vero indagato in tutto questo si scopre essere Beppe Grillo.

Alcuni fatti oggettivi ci sono a prescindere dall’esito giudiziario, ossia l’aver preso soldi da un armatore.
Di certo non troveremo pubblicati sui soliti giornali e non vedremo nei soliti programmi televisivi i conti correnti di Beppe Grillo o le sue email. Praticamente con questa ultima indagine su Beppe Grillo finisce lontanissimo l’eco del grido onestà, onestà, ma do sta’.

Con Grillo impegnato in tribunale, rimane il patinato Giuseppe Conte. L’avvocato del populismo ormai è in balia delle onde: ogni giorno prova a fare una dichiarazione ma nel tempo di due secondi viene smentito o dal gruppo parlamentare o da quello del Senato.

Poi c’è Luigi Di Maio, il piccolo Grisù diventato pompiere. Non so se ricordate il cartone animato. Grisù era il piccolo draghetto che nonostante la sua indole incendiaria sognava di fare il pompiere. Ecco questo è oggi per me Di Maio, diventato il miglior democristiano possibile. Pur di rimanere ministro ha cambiato tranquillamente tre governi, ha governato con tutti i partiti, manca solo Giorgia Meloni.

Concludendo, il Movimento 5Stelle arriva alle votazione per il Presidente della Repubblica senza aver un candidato ma soprattutto senza avere una posizione unica e controllabile.

Poi c’è il centro-destra. Unito partirebbe avvantaggiato ma c’è il problema Silvio Berlusconi. Salvini e Meloni sapevano da tempo che Berlusconi non avrebbe avuto numeri e soprattutto credibilità per una candidatura ampiamente condivisa. Ma il loro grande problema è il coraggio: sono sempre stati succubi e dipendenti di Berlusconi, hanno aspettato che invecchiasse per tirare su la testa ma non riescono neanche ora.

Berlusconi ha in mano il potere economico e quello della comunicazione. Salvini e Meloni sono due vecchi ragazzi che alla fine devono molto al proprio padrino. Per questo c’è da scommettere che Silvio darà ancora le carte anche se non sarà lui il candidato definitivo del centro-destra.

Poi c’è il Pd. Anzi forse una volta c’era il Partito Democratico. Ora c’è un finto e momentaneo Segretario che non ha una linea e spera nel miracolo. In tutto questo emblematico il tweet uguale scritto l’altro giorno da Conte, Letta e Speranza: in tre non fanno un segretario. E fanno tenerezza per come cercano di auto-referenziarsi con un messaggio identico su Twitter. Pessime pagine di politica. Livello bassissimo.

Diciamo la verità: nessuno di questi pseudo leader ha la capacità di incidere direttamente sull’esito delle votazione del Quirinale. L’unico è oggettivamente Matteo Renzi. Nonostante parta con dei numeri sulla carta inferiori ai partiti più grandi ha sempre la lungimiranza e il fiuto di capire prima come vanno le cose.
Il quadro è questo.

Per molti la soluzione si chiama Mario Draghi. Il motivo è semplice. Toglierebbe dall’imbarazzo e dalle difficoltà quasi tutti i partiti, evidentemente privi di veri leader. Ed è per questo che se ci fossero due Mario Draghi tutti sarebbero ancora più contenti. Lontani i tempi di quando i soliti dicevano: O Conte o il voto. Ora Conte si occupa di Toninelli e compagni rimasti all’Italia ci pensa chi di dovere. E ora tutti ammettono: per fortuna che Draghi c’è.

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