La transizione ecologica non è una passeggiata. Gli interventi di mitigazione degli effetti dell’aumento dei prezzi di gas ed elettricità così come sono stati concepiti dal Governo rischiano di essere solamente un sussidio ai grandi gestori delle reti e ai distributori di luce e gas. Una valanga di risorse (circa 3,8 mld) non arriveranno nelle tasche dei consumatori ma nelle tasche delle multiutility e dei produttori di energia. Tasche già piene di danaro grazie alle rendite di posizione di cui godono che hanno generato enormi extraprofitti per le aziende.

Senza una regolazione pubblica (Governo e Ministeri competenti) nessuno ha imposto ad Eni, Enel, Italgas, A2A, Acea, Hera, e Iren di legare investimenti in nuove tecnologie per l’accumulo e la distribuzione di energia più efficiente agli extra profitti. Extra profitti garantiti da tariffe amministrate e da “oneri di sistema” che sono quasi il 25% della bolletta, mentre la materia energia non raggiunge il 50% della bolletta. Extra profitti che già dal settembre scorso il Governo spagnolo ha tagliato nettamente per spostarli alla innovazione e alla riduzione dei rincari delle bollette.

L’abbassamento dei prezzi del greggio aveva comportato una contrazione della spesa per l’energia a partire da aprile 2019 e secondo l’Autorità di regolazione per l’energia, reti e ambiente (Arera) dovevamo, nei prossimi mesi, aspettarci bollette meno care, sia per il consumo di gas (-9,9%) che per quello dell’elettricità (-8,5%). Questa è la capacità previsionale dell’Autorità Energetica pubblica italiana.

“Non si può avere indipendenza politica senza indipendenza energetica”: con questa battuta l’ex presidente dell’Eni e dell’Enel ha scoperto l’acqua calda nel Paese dove la politica estera è stata un optional, complici anche i due colossi energetici, che hanno vissuto di rendita negli ultimi trent’anni.

La crisi energetica che stiamo attraversando è figlia del fallimento del mercato che ha spiazzato tutto il comparto energetico europeo. Non c’era Greta Thunberg nel primo shock petrolifero, neppure era iniziato lo sviluppo delle fonti rinnovabili (fotovoltaico) e neppure i no Tap esistevano: cause che ora vengono strumentalmente individuate come le responsabili di questa crisi. La crisi colpisce in tutta Europa e i prezzi sono schizzati all’insù ovunque.

Manca una politica energetica nazionale che guardi alla transizione energetica e alla decarbonizzazione con una politica estera degna di questo nome (per non essere il vaso di coccio tra le divergenze strategiche ed energetiche tra la Germania e la Francia), investimenti in nuove tecnologie per il risparmio e l’efficienza energetica, l’ammodernamento della rete distributiva e una più efficiente politica delle fonti rinnovabili. Il gas è diventato strategico nel mondo come lo è la transizione ecologica e l’uscita dal fossile e dal nucleare. E’ l’ora di scelte coraggiose.

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