Dopo l’appello dei governatori e le aperture di diversi virologi ed epidemiologi, il governo conferma l’intenzione di ridurre la durata della quarantena per chi è stato vaccinato con tre dosi. “Per chi ha il booster si può prevedere una quarantena inferiore ai sette giorni”, ha spiegato in un’intervista al Corriere della Sera il sottosegretario alla Salute Andrea Costa. D’accordo il collega Pierpaolo Sileri che – ospite di Mattino Cinque news su Canale 5 – ha ricordato: “La variante Omicron è molto più rapida non solo come numero di contagi ma anche nel suo ciclo all’interno dell’organismo, quindi è sensato ridurre la quarantena e l’isolamento. Oggi si fa molta confusione quando si dice riduciamo, attenzione, dividiamolo per categorie: c’è chi è positivo e deve fare l’isolamento, poi si può essere asintomatici e sintomatici, invece un contatto stretto deve andare in quarantena. L’ideale sarebbe, sulla base dell’evidenza scientifica, ridurre entrambe ma in maniera che possa essere sicuro per la popolazione”. Anche per Guido Rasi, consulente del Commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo e già direttore dell’Agenzia europea del farmaco, la scelta di ridurre il tempo di isolamento “è corretta“, ma solo “se la prevalenza della variante Omicron è ormai superiore alla Delta”. Le due varianti “hanno tempi di incubazione diversi”, ricorda, perciò “occorre capire a chi si può applicare questa mini-quarantena: dobbiamo essere sicuri di trovarci in presenza di Omicron e non di Delta”.

La decisione è rimandata al vertice in programma il 29 dicembre alle 11, a cui seguirà un Consiglio dei ministri (che valuterà anche l’ipotesi di imporre un prezzo calmierato alle mascherine Ffp2 divenute obbligatorie in molti ambiti). Il Corriere riporta che il governo ha posto un quesito preciso al Comitato, quello di “valutare se sia opportuna l’eventuale rideterminazione del periodo di quarantena per i soggetti che hanno già ricevuto la dose booster“. Se fosse effettivamente così, la riduzione o addirittura l’azzeramento della quarantena interesserebbe principalmente coloro che hanno già ricevuto la terza dose e che adesso, come tutti, devono rispettare i sette giorni di isolamento in caso di positività o di contatto stretto con un paziente Covid e poi ottenere un tampone negativo. La linea dell’esecutivo rimane quindi quella della “massima fermezza“, orientata a “premiare chi ha completato il ciclo vaccinale” e – di conseguenza – spingere chi ancora non ha fatto la terza dose a sottoporsi al richiamo. Al momento, come riferisce ancora il Corriere, l’ipotesi più probabile per chi ha avuto un contatto con un positivo “è che si elimini la quarantena per chi ha tre dosi e si riduca a 4 o 5 giorni la quarantena per chi ha soltanto due dosi“, sul modello di quanto raccomandato dai Cdc statunitensi.

Ma il dibattito è aperto. Il presidente della Liguria Giovanni Toti è tornato a ribadire la posizione già espressa insieme al collega veneto Luca Zaia e quello del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. “Bene che il Comitato tecnico scientifico stia valutando di ridurre a cinque giorni la quarantena per chi ha fatto la terza dose di vaccino. Ma se non vogliamo ritrovarci con metà degli italiani isolati in casa, dobbiamo cambiare le regole in fretta e ripensare anche le quarantene per i contatti dei positivi. Non possiamo rischiare di bloccare un Paese intero”. Mercoledì alcune Regioni invieranno al Cts un documento in cui si chiede “l’azzeramento della quarantena per le persone che hanno copertura vaccinale, in particolare quelle con terza dose effettuata”, riporta l’Ansa. Una modifica auspicata, riferiscono all’agenzia fonti che hanno stilato il documento, “alla luce di uno stravolgimento del sistema di contact tracing, saltato in diversi territori, che rende necessario un superamento delle attuali regole”. Fedriga, che presiede anche la Conferenza delle Regioni, ha convocato una riunione dell’organo per mercoledì alle 9.30, che avrà all’ordine del giorno – oltre ai tempi della quarantena – proprio il tracciamento, considerato “non più gestibile“: l’idea è di distogliere il personale sanitario da quest’attività, dedicandolo completamente al potenziamento della campagna vaccinale.

Intanto Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi, associato di Igiene Generale e Applicata dell’Università degli Studi di Milano e membro anche del Cts lombardo, al Giornale spiega che in questa fase va ripensato anche l’utilizzo dei tamponi. “Se da un lato è vero che le indicazioni del mondo scientifico erano “se hai un parente fragile, prima di Natale fai un tampone”, si sono tradotte in uso esagerato del ricorso al test con il risultato che i meccanismi di tracciamento sono andati in crisi e la situazione sta diventando allarmante”, spiega. Ora “il rischio con questi positivi è che ci troveremo a breve tutti in quarantena. Per i vaccinati però si potrebbero modificare le regole dell’isolamento, eliminando ad esempio il tampone di fine quarantena”. Va poi ricordato che “i tamponi antigenici fai da te danno il 30 per cento di falsi negativi, soprattutto se si fanno da asintomatici, quelli fatti in farmacia hanno un minor margine di errore perché vengono eseguiti in modo professionale. Poi c’è il tema dell’intervallo di tempo in cui ci si sottopone a test dopo un contatto. Quello che intendo è che il tampone viene usato come un lasciapassare per andare in vacanza, ma non dovrebbe essere così”.

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