Alla farmacia di viale Brianza costano 1.50 euro. Appena novecento metri più in là, alla Sansovino, 2.50 mentre alla Stazione Centrale di Milano le trovi a due o tre euro. In San Lorenzo a Roma costano la metà: 1.50 se bianche, 2 euro se colorate. L’unica certezza? Ora che sono obbligatorie per legge, le FFP2 te le paghi tu. Perché, per ragioni poco comprensibili, l’obbligo è arrivato senza un prezzo calmierato, che vale fino a fine emergenza (31 marzo 2022) solo per le vecchie mascherine chirurgiche e per i tamponi. Il regalo di Natale per gli italiani alle prese con la variante Omicron è un nuovo “rebus mascherine” di quattro lettere: FFP2, quelle a forma triangolare che garantiscono più protezione grazie alla maggiore capacità filtrante in entrata. Con l’ultimo decreto il governo le ha rese obbligatorie per accedere agli “spettacoli aperti al pubblico, sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali assimilati, nonché per gli eventi e le competizioni sportivi che si svolgono al chiuso o all’aperto”. L’obbligo scatta anche sui mezzi pubblici, ma con un piccolo “giallo”, perché le norme appena varate escludono il trasporto regionale, dove il dettato della legge consentirebbe ancora di sfoderare la vecchia chirurgica. Il tema è spinoso e delicato perché anziché 0.50 centesimi le FFP2 costano anche sei volte tanto ma – a differenza delle prime – non sono stati varati tetti al prezzo che viene praticato. Da qui, accorati appelli a non commettere l’errore di scaricare il costo della sicurezza sulle sole spalle dei cittadini e delle famiglie lasciate sole davanti a un vero e proprio salasso, agli speculatori o ai truffatori. Ma facciamo il punto.

IL (COSTOSO) ADDIO ALLE CHIRURGICHE NEI LUOGHI PUBBLICI
Il nuovo decreto del governo, pubblicato la vigilia di Natale, ha prorogato lo stato di emergenza fino al 31 marzo e ha introdotto una stretta alle restrizioni anti Covid in vigore. Tra le misure a maggior impatto, quelle che segnano un cambio di rotta nelle abitudini quotidiane: le mascherine con cui tutti hanno dovuto imparare a convivere. L’orientamento del governo è di pensionare dai luoghi chiusi quelle chirurgiche che l’hanno fatta da padrone per quasi due anni ma che lo stesso Cts, alla fine, ritiene inidonee come strumento di protezione. Disco verde in favore delle FFP2 che hanno una capacità filtrante in ingresso pari al 90% contro il 20% delle prime. Il ragionamento è che le prime, in microfibra, proteggono prevalentemente verso l’esterno, per cui sono utili solo se indossate da tutti, le altre garantiscono una barriera doppia. Entrambe, va ribadito, sono monouso: dopo 8 ore andrebbero gettate. Ma qualcosa tra le une e le altre, fatalmente, si è perso: sulle prime lo Stato ha investito per garantire un prezzo d’acquisto bloccato. Non da subito, va detto. Fu proprio uno dei crucci dell’ex commissario Domenico Arcuri non fissare prima il calmiere a 50 centesimi: “Dovevo farlo prima per abbattere la vergognosa speculazione”, disse a luglio del 2020, dopo sei mesi di emergenza. Ma l’errore pare si stia ripetendo, e su dispositivi che costano anche sei volte tanto. Una dimenticanza o una scelta? In vero il 23 dicembre, prima che il consiglio dei ministri approvasse il decreto n. 305, un’agenzia (AdnKronos) batteva la notizia secondo cui il governo stava valutando di introdurre prezzi calmierati. Il fatto che non sia poi successo depone non a favore della dimenticanza ma per scelta, magari provvisoria in attesa misure specifiche e approvvigionamenti, ma comunque problematica.

LA POLEMICA PARTE DALLA SCUOLA
Il 10 gennaio si tornerà in classe: gli studenti potranno continuare a utilizzare le mascherine chirurgiche, ma la struttura commissariale fornirà al personale scolastico mascherine Ffp2 e Ffp3 nel caso in cui ci siano alunni esentati dall’utilizzo dei Dpi. Il generale Figliuolo ha anche garantito 5 milioni di euro per questo. La scelta ha mandato subito in ebollizione il mondo della scuola. I sindacati e l’associazione dei presidi contestano apertamente la decisione di non garantire i dispositivi di protezione indicati come idonei a tutto il personale scolastico, specie da che diventa presidio obbligatorio in tutti i luoghi chiusi, mezzi pubblici compresi, anche in riguardo al fatto che i numeri dei contagiati indicano che proprio i minori in fase scolare sono la fascia più colpita, mentre le vaccinazioni per quell’età sono ancora poche.

GLI APPELLI: “EVITARE COSTI E SPECULAZIONI”
Fuori dalla scuola sono amministratori e sindaci i primi ad avvertire il rischio che il mancato intervento pubblico generi il caos, speculazione sui prezzi, garanzie di sicurezza legata al censo dei cittadini. “Mi auguro che il Governo riesca a introdurre un costo calmierato per l’utilizzo delle mascherine Ffp2” ha detto oggi il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Gli fanno eco vari sindaci come Nario Nardella (Firenze) e associazioni dei consumatori che avvertono il rischio di un’impennata incontrollata dei prezzi con relative speculazioni e di un costo sociale enorme che si abbatte sulle famiglie. Del resto se le FFP2 sono monouso, dopo otto ore si buttano. E una famiglia con figli potrebbe arrivare a spendere cifre considerevoli per ottemperare alle nuove norme. A chiedere “subito il prezzo fisso” è anche Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

OBBLIGATORIO SU TUTTI I MEZZI?
Il nuovo decreto impone l’obbligo di indossare le mascherine anche all’aperto. L’art. 4 estende tale obbligo ai mezzi di trasporto, ma richiamando il decreto sul greenpass, che escludeva i regionali, finisce per creare lo stesso buco. In sostanza l’accesso ai treni, navi, traghetti, treni ad alta velocità, intercity etc non contemplava la categorie del trasporto regionale, e facendo riferimento alle stesse categorie, anche l’obbligo di FFP2 appena introdotto, a regola, sarebbe escluso da tale ambito. Più che la svista però conta di poterle comprare queste mascherine, che fino a ieri venivano scartate perché più care, ma domani potrebbero essere irreperibili e innescare così la corsa al rialzo che da più parti si chiede di scongiurare con intervento pubblico.

DOVE COMPRARE, COME CONTROLLARE
Se la farmacia sotto casa è un incognita per chi dovrà munirsi di FFP2 fornitori che praticano prezzi accettabili si trovano online, sui vari marketplace come Amazon, che al momento in cui scriviamo propone set da 30 a 50 mascherine con prezzo variabile da 0,70 a 0,93 euro ciascuna. In ogni caso è fondamentale che il dispositivo sia certificato e garantito, diversamente da quanto avvenuto con le mascherine chirurgiche per le quali, per ovviare alla mancanza, si sono accordate varie deroghe. Come controllare? La Commissione Europea ha messo a disposizione uno strumento online di verifica (database Nando) di non proprio agevole consultazione. Bisogna inserire il numero a quattro cifre stampigliato accanto al marchio CE (“Keyword On Notified body number”), cliccare il tasto “research” e appare il nome dell’ente certificatore. Se non accade, si devono consultare gli elenchi dei dispositivi validati in deroga dall’Inail ai sensi del decreto Cura Italia del 17 marzo 2020. Il secondo step è cliccare sul nome dell’ente e assicurarsi che nella scheda “Legislation” compaia la dicitura “Personal protective equipment”. Nel corrispondente file dovrebbe essere riportata la voce “Equipment providing respiratory system protection”: è la garanzia che le mascherine sono state validate da un’agenzia autorizzata dall’Unione Europea.

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