Quanta invidia per questo virus che varia, muta, si trasforma, mentre noi siamo sempre gli stessi, solo con qualche ruga in più, con qualche soldo in meno in saccoccia, in giro per strade illuminate a festa, come automi consumistici, consumati dal logorio della vita moderna, alla ricerca del nostro Cynar, del nostro carciofo salvifico. Con l’alfabeto greco a “omicronizzarci” la vita, spendiamo quel che possiamo e spandiamo per l’aria il nostro nemico invisibile, affratellati da una pandemia che ha colonizzato i nostri volti, mascherando sorrisi e respiri infetti. Respirare è già una vittoria.

Non dobbiamo essere tristi. Il baraccone deve andare avanti, dobbiamo produrre, consumare e crepare, come un gregge belante che annaspa nella nebbia della paura, con il lupo-virus sempre sulle nostre tracce, possiamo sentire il suo alito famelico sulla nostra pelle punteggiata di brividi. Per fortuna il nostro compagno di banco che era bravo in matematica e in scienze ha studiato, è cresciuto, è finito in un laboratorio e, insieme ad altri compagni di banco bravi come lui, ha creato un vaccino, la salvezza a portata di mano, l’agonia del mondo gira attorno a un ago e si dissolve.

La strada è ancora lunga ma siamo sul cammino della salvezza, un cammino intrecciato agli altri esseri umani, nostri fratelli di alveoli miracolosi. La superstizione va ricacciata nelle cantine umide dell’ignoranza. Babbo Natale ci porta i suoi doni, il tepore famigliare, gli abbracci sulla vertigine di precipizi rinascenti, ma noi non molliamo, abbiamo appreso l’arte dell’equilibrio, sappiamo dosare i nostri passi, le nostre scelte, una dose e poi un’altra, e un’altra ancora, come alcolizzati di salute, un bicchierino e poi un altro, domani smetto, domani è un altro giorno.

Domani sarà veramente un altro giorno? Dipende da noi, dobbiamo imparare da questo virus, dobbiamo variare impercettibilmente le nostre abitudini, fino a quando togliendoci finalmente questa maledetta/benedetta mascherina, avremo un volto nuovo con cui sfidare gli specchi. Non capita tutti i giorni e nemmeno tutti i secoli di vivere e convivere in una pandemia, ma per una volta non prendiamola con filosofia (soprattutto quella di un Massimo Cacciari o di un Giorgio Agamben), per una volta “prendiamola con scienza e coscienza”. La dittatura, se è sanitaria, è dolce come il miele. La vita è bella perché è variante, e noi non dobbiamo essere da meno, se vogliamo dirci ancora “esseri viventi”. Vivere è essenziale, convivere è decisivo. Ognuno di noi faccia la sua parte, ognuno di noi sia parte del tutto. E questo virus abbasserà la testa, si inchinerà davanti alla nostra tenacia, ci renderà merito e onore, in attesa di una variante “omega tre” portata dai salmoni che ci sterminerà tutti, nessuno escluso.

Pensateci quando a Natale farete le tartine col burro e salmone, pensateci ma non troppo, è tempo di vivere e convivere, e di esultare. Gesù bambino ha freddo, proteggiamolo col nostro fiato, un presepe con la mascherina, e non dimenticate che “non è felice solo chi non vuole esserlo” come scriveva Joubert, l’amico intimo di Chateaubriand. Noi vogliamo essere felici, è il comandamento delle feste. Buon Natale Omicron.

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