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Aritmia maligna, la patologia potenzialmente mortale che colpisce gli atleti professionisti: “Alto rischio per chi fa troppo esercizio fisico”

Ne veniamo a conoscenza spesso dalla cronaca di atleti professionisti costretti al ritiro per questa patologia. Come nel recente caso del calciatore del Barcellona Aguero che potrebbe lasciare il calcio a causa di un’aritmia maligna. “Se si trattasse davvero di artimia maligna, potremmo dire che Aguero è stato fortunato perché spesso ha esiti fatali provocando un arresto cardiaco istantaneo”, ci spiega il dottor Paolo Della Bella, primario dell’Unità operativa di aritmologia ed elettrofisiologia cardiaca dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano

di Ennio Battista

La vita è ritmo, quella del cuore. In condizioni normali, questo ritmo prodotto dalla contrazione di atri e ventricoli è detto sinusale e ha una frequenza tra i 60 e 100 battiti al minuto; in questa situazione il sangue pompato è in grado di irrorare tutto l’organismo. E se questo ritmo si altera? Si parla di aritmia. Ne veniamo a conoscenza spesso dalla cronaca di atleti professionisti costretti al ritiro per questa patologia. Come nel recente caso del calciatore del Barcellona Aguero che potrebbe lasciare il calcio a causa di un’aritmia maligna. “Se si trattasse davvero di artimia maligna, potremmo dire che Aguero è stato fortunato perché spesso ha esiti fatali provocando un arresto cardiaco istantaneo”, ci spiega il dottor Paolo Della Bella, primario dell’Unità operativa di aritmologia ed elettrofisiologia cardiaca dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Ci sono numerose aritmie che possono coinvolgere il cuore. La maggior parte di queste, la fibrillazione atriale (FA) o la tachicardia parossistica sopraventricolare (TPSV), sono trattate e gestite con l’utilizzo di farmaci o con la cardioversione elettrica; mentre nelle aritmie maligne si interviene solo con la defibrillazione precoce e il massaggio cardiaco.

“Nelle aritmie, la frequenza non è il solo criterio diagnostico e di prognosi. Dobbiamo individuare anche il tipo di ritmo. Per esempio, le aritmie maligne sono provocate da tachicardia/fibrillazione ventricolari potenzialmente mortali perché generano frequenze esageratamente elevate in cui i ventricoli non sono più in grado di eseguire il loro lavoro meccanico, quello di irrorare organi e tessuti”, continua Della Bella. Si possono in qualche modo prevedere? “Sì, molto spesso sono prevedibili e la nostra legislazione è all’avanguardia nella tutela dello sportivo che può contare nella grande qualità professionale degli operatori di medicina sportiva e dei protocolli che si mettono in atto per diagnosticarle, attraverso ecg, ecocardiogramma o risonanza magnetica cardiaca. Esiste però una percentuale molto rara di aritmie maligne imprevedibili per cui non è possibile attribuire delle responsabilità a nessuno. In ogni caso, gli sportivi amatoriali e professionisti sono molto protetti da una rete di supporto specialistica. Oggi qualsiasi club sportivo fa eseguire all’utente test, prove da sforzo, che anche se meno raffinati di quelli tipici di medicina sportiva, possono già riscontrare anomalie, come le cardiomiopatie che in certi casi rappresentano un rischio aritmogeno”. In tutto questo lo stesso atleta deve svolgere un ruolo attivo. E lo deve fare, in caso di diagnosi di questo tipo, accettando di fermarsi in tempo, anche a costo di rinunciare a una carriera ricca di successi.

Le cause delle aritmie maligne sono da attribuire allo sviluppo di alcune anomalie, come displasie aritmogene, la cardiopatia dilatativa o ipertrofica che hanno base genetica e che si possono sviluppare o manifestare nel corso degli anni sotto forma di aritmia maligna, rilevabile dall’osservazione di un aritmologo, quindi una figura altamente specialistica. Si possono prevenire in qualche modo con lo stile di vita? “Dobbiamo considerare tutta la grandissima problematica della malattia coronarica, e sicuramente lo stile di vita impatta moltissimo. Contano quindi la familiarità, ma fattori di rischio sono il fumo, alti livelli di colesterolo, la sedentarietà”, prosegue Della Bella.

“Alcune condotte alimentari sregolate possono facilitare l’insorgenza di accidenti cardiovascolari fino – nelle situazioni più estreme – a episodi gravi come le aritmie maligne”, aggiunge il dottor Rolando Alessio Bolognino, nutrizionista ed esperto in alimentazione sportiva, docente in Scienze della nutrizione e dietetica clinica presso l’Università degli studi di Roma – Unitelma La Sapienza. “Le persone non sempre comprendono di avere una fibrillazione atriale in atto, alcune percepiscono spiacevoli palpitazioni a livello toracico o un battito cardiaco accelerato e irregolare. E anche l’intensità del disturbo non è univoca. Occorre inoltre ricordare che cuore e stomaco sono innervati dallo stesso plesso nervoso: il nervo vago. Alcuni recenti studi collegano il reflusso gastroesofageo a un aumento del tono vagale, cioè a un sistema nervoso vago non in sufficiente equilibrio. Questo può ripercuotersi sulla salute del sistema cardiovascolare con la possibilità di causare aritmie ed extrasistole. Inoltre, in caso di digestione fortemente rallentata per errori alimentari, assunzione prolungata di alcuni farmaci, carenze enzimatiche o riduzione dell’acido gastrico, il sangue si ferma più a lungo a livello intestinale, rallentando il flusso ematico verso il cuore. Ciò può aumentare la motilità cardiaca nel tentativo di richiamare sangue e riportarlo in circolo. E anche l’eccesso di caffeina, alcol e tabacco può essere responsabile di aritmie gravi, a volte mortali. Pensiamo all’aumento esponenziale del consumo di energy drink a cui si è assistito negli ultimi anni, specialmente tra i giovani. Alte dosi di caffeina, associate a taurina e vitamine del gruppo B, ingredienti che caratterizzano la preparazione di queste bevande, hanno mostrato di allungare il tempo di QT (sindrome del QT lungo che potrebbe portare ad aritmie maligne pericolose, ndr) anche nei casi in cui l’assunzione di caffeina rientrava nei limiti definiti sicuri (ovvero entro i 400 mg)”, conclude Bolognino.

C’è infine un’idea errata che potrebbe involontariamente essere veicolata, che l’attività fisica può essere un fattore di rischio. In realtà, anche se non dovrebbe essere più sottolineato, “fare esercizio fisico moderato è una formidabile protezione verso le aritmie mortali”, afferma con forza Della Bella. Il vero rischio è per chi ne fa troppo, mentre l’attività moderata “è essenziale ancora di più nelle persone che sono colpite da fattori di rischio come fumo, obesità, dislipidemia. È sufficiente fare attività aerobica due-tre volte a settimana. Anzi, dovrebbe essere quasi un ‘obbligo’”.

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