Lo scontro tra Polonia e Bielorussia al confine sulla pelle dei migranti si sta trasformando in un’emergenza umanitaria, con migliaia di persone ormai accampate da settimane nelle foreste circostanti al gelo del rigido inverno locale. Così, mentre Varsavia annuncia l’arresto di un centinaio di migranti, arriva la notizia che la 12esima vittima tra coloro che sono fuggiti da Medio Oriente e Asia centrale è un bambino di appena un anno. Il piccolo, secondo quanto riferisce un’organizzazione umanitaria polacca, è stato ritrovato privo di vita nel bosco vicino al confine, mentre i suoi genitori erano feriti e sono stati soccorsi. La famiglia, che era arrivata in Bielorussia dalla Siria, si trovava nella foresta ormai da sei settimane, secondo il Polish Emergency Medical Team, ong citata da vari media internazionali. “Seguo le tragiche notizie dal confine tra Polonia e Bielorussia – ha dichiarato il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli – È straziante vedere un bambino morire di freddo alle porte d’Europa. Lo sfruttamento dei migranti e dei richiedenti asilo deve cessare, la disumanità deve cessare”.

Da parte sua, Minsk ha sgomberato in serata l’accampamento di migranti al confine, come riferiscono i media di Stato bielorussi. Le persone che da settimane si trovavano nella zona frontaliera tra il villaggio bielorusso di Bruzgi e quello polacco di Kuznica sono state trasferite in una struttura ad alcune centinaia di metri di distanza.

Intanto, circa cento migranti sono stati arrestati questa notte dalle forze di sicurezza polacche dopo che avevano tentato di attraversare illegalmente il confine a Dubicze Cerkiewne. Lo ha annunciato con un post su Twitter Obrony Narodowej, il ministro della Difesa polacco: “Arriveranno milioni di migranti in Europa se le politiche sui confini continueranno a essere lassiste”, aggiungendo che le persone ammassate al confine hanno lanciato pietre contro le forze di polizia, come dichiarato dagli organi polacchi anche in occasione degli scontri di due giorni fa, quando le forze di sicurezza hanno deciso di usare lacrimogeni e getti d’acqua gelata per disperdere la folla. Ne è convinto anche Mateusz Morawiecki, il primo ministro polacco, che in un’intervista al giornale tedesco Bild non ha escluso che ci potrà essere una guerra come sviluppo della situazione al confine tra Polonia e Bielorussia. “Se non siamo in grado di gestire ora migliaia di migranti, presto ne avremo centinaia di migliaia, milioni che arrivano in Europa”. Per questo ha giocato adesso la carta dell’Europa: “Chiudere il nostro confine è nostro interesse nazionale. Ma qui è in gioco la stabilità e la sicurezza di tutta l’Unione”.

Intanto i Paesi del G7 tornano a condannare l’azione di pressione esercitata dall’esecutivo del presidente Aleksander Lukashenko: i ministri degli Esteri di Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e Regno Unito e l’Alto rappresentante Ue per la Politica estera, Josep Borrell, “condannano l’orchestrazione della migrazione irregolare attraverso i suoi confini. Questi atti insensibili mettono a rischio la vita delle persone”, hanno scritto in una nota diffusa dalla presidenza britannica del gruppo, nella quale i ministri si dicono “uniti nella nostra solidarietà con la Polonia, la Lituania e la Lettonia, che sono state colpite da questo uso provocatorio della migrazione irregolare come tattica ibrida”.

Anche ieri Morawiecki ha voluto ribadire che quello dei migranti è un problema che deve essere affrontato con determinazione: “Le forze bielorusse stanno provocando sempre di più. Spero non tirino troppo la corda. Perché noi polacchi siamo determinati a proteggere i nostri confini con tutti i mezzi”. Pur continuando a sollecitare un intervento europeo, Morawiecki nei giorni scorsi ha impedito l’accesso all’area a Frontex, l’agenzia di frontiera dell’Unione.

Inoltre la Polonia il 15 novembre ha annunciato che già a dicembre comincerà a costruire un muro al confine con la Bielorussia. Una decisione permessa dai trattati dell’Ue che, però, ha ribadito il proprio rifiuto di finanziare l’opera. Con la rotta balcanica bloccata dall’accordo tra Ue e Turchia e quella mediterranea che interessa maggiormente le persone in fuga dall’Africa centrale, il passaggio bielorusso è diventato il nuovo canale dei flussi migratori verso il Vecchio Continente. Anche per evitare che questa rotta si consolidi come il nuovo rubinetto della migrazione verso l’Europa, il Consiglio Ue ha dato il via libera alle sanzioni alla Bielorussia per “resistere alla strumentalizzazione dei migranti a fini politici. Stiamo respingendo questa pratica disumana e illegale“. Una decisione alla quale Lukashenko ha risposto minacciando che continuerà a “combattere” contro le decisioni prese da Bruxelles e chiudendo, giustificandolo come una “manutenzione”, l’oleodotto che trasporta petrolio proprio verso la Polonia e l’Europa. Il suo più grande alleato, il presidente russo Vladimir Putin, ha risposto con dazi su prodotti europei e con la dichiarazione del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che è intervenuto nella questione sostenendo che non è assolutamente corretto attribuire ad Aleksander Lukashenko l’intera colpa della crisi dei migranti al confine.

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