Cinema

È stata la mano di Dio, l’emozione di Paolo Sorrentino all’anteprima a Napoli del suo film: “Come al mio matrimonio”

"In questo film non c'è feticismo cinematografico. Se c'è un riferimento è al Troisi regista. Finisce come un film di Troisi. Il mio nume tutelare in questo film è Troisi" ha detto il regista premio Oscar

di F. Q.

A più di due mesi dal Festival di Venezia finalmente È stata la mano di Dio sta per arrivare in sala. E Paolo Sorrentino, già premio Oscar, presenta il suo film già Leone d’Argento alla Mostra e candidato per l’Italia alla notte d’oro di Los Angeles, a Napoli. Protagonista viva e pulsante come gli altri personaggi dell’opera ispirata alla sua dolente storia personale. “In questo film si ride e si piange. E io sono emozionato come al mio matrimonio“. Un film coraggioso, diverso dalle altre pellicole sorrentiniane ma fino a un certo punto perché lo stile dell’autore de La Grande Bellezza è inconfondibile. La morte di entrambi i genitori quando Sorrentino era ancora un adolescente è un dolore che non potrà passare: “Questo era un film che non si poteva raccontare come gli altri: bisognava far parlare i sentimenti e le emozioni. Ho lasciato gli attori più liberi, alla ricerca della verità. E poi mi sono chiesto: vediamo se posso essere come altri miei colleghi che ottengono molto lavorando poco”. A chi gli chiede quanta quota della sua vita reale sia entrata nel film, Sorrentino scherza: “Le percentuali non ve le darò ma c’è tanta verità. Sentimenti e intenzioni sono assolutamente reali, c’è solo qualche forzatura cronologica perché non volevo raccontare un arco temporale di 20 anni”. Il coraggio di farlo è arrivato con la maturità: “Forse l’ho fatto adesso perché ho l’età giusta per farlo: ho compiuto 50 anni l’anno scorso e mi è parso che ero abbastanza grande e maturo per affrontare un film personale“.

Nel film ci sono anche colleghi importanti che entrano nel racconto: Federico Fellini e Antonio Capuano ma Sorrentino è chiarissimo: “In questo film non c’è feticismo cinematografico. Se c’è un riferimento è al Troisi regista. Finisce come un film di Troisi. Il mio nume tutelare in questo film è Troisi”. Come ormai molti sanno il titolo è dovuto non solo all’amore del regista per “il giocatore più grande di tutti i tempi” (citato anche quando fu premiato con l’Oscar) ma perché Diego Armando Maradona in un modo come solo a Napoli sarebbe potuto succedere gli salvò la vita. Fu proprio per andare a vedere Empoli-Napoli a impedirgli di essere con i suoi genitori in montagna quando entrambi morirono per esalazioni di monossido di carbonio. Il Pibe de oro, così importante per il regista, non potrà mai vedere questo film: “Io l’ho visto un’unica volta a Madrid ma lui era distratto. Aveva passato una notte insonne ed aveva avuto dei guai. Del film non sono mai riuscito a parlargli. Non era un uomo facilmente accessibile. Il mio grande rammarico è non poterglielo fare vedere“. Il film ha per protagonista un adolescente che già sa che vorrà fare cinema: “Spero che ai ragazzi che lo vedranno arrivi il fatto che il film contiene un’idea di futuro. Il non abdicare mai ad un’idea di futuro. Questo futuro c’è sempre, anche se è invisibile a 17-18 anni”.

Il film sarà in sala il 24 novembre grazie a Lucky Red e il 15 dicembre su Netflix . Dopo le rassegne è il tempo del giudizio del pubblico: “Ho passato già tre mesi a presentarlo in giro per festival e parlarne sempre ha fatto in modo che il dolore stia diventando noioso. E questo è di grande aiuto. Annoiarsi di una cosa è una buona scorciatoia per non occuparsene più. Purtroppo – aggiunge sorridendo – a fine film mi tocca ascoltare le storie di lutti simili vissute dagli spettatori”. Poi sarà il momento di iniziare la corsa verso il giudizio dell’Academy che già una volta lo ha portato sul palco del Dolby Theater: “Il mio atteggiamento non è cambiato rispetto a 7 anni fa. Ho solo più consapevolezza del fatto che una quantità di variabili debbano coincidere per vincere un Oscar. La marcia è lenta. Si vive alla giornata. Tu puoi solo lavorare al meglio e sperare che queste variabili si mettano tutte nella direzione giusta”. Prodotto da Lorenzo Mieli e dallo stesso Paolo Sorrentino per The Apartment, società del gruppo Fremantle il film ha tra le sue stelle il sempre mimetico Toni Servillo. “Io sono stato promosso sul campo da Paolo da fratellone, come normalmente mi definisce, a padre. Venti anni fa ero con Paolo per L’uomo in più e nella nostra lunga e proficua collaborazione è capitato più volta che mi dicesse che prima o poi avrebbe trovato la distanza giusta per raccontare questo episodio drammatico della sua vita e mi diceva: ‘Ti chiederò di fare il padre’ Naturalmente è emozionante ricevere una proposta del genere, però non ci ha mai chiesto di essere esattamente quello che è conservato nel privato della sua memoria. Ci ha dato qualche spunto. Ci siamo divertiti a raccontare certi papà che sentendosi un po’ inadeguati finiscono per risultare simpatici nella loro cialtroneria. E poi c’è questa moglie così appassionata di scherzi che rende divertente la coppia anche se va verso un destino tragico”.

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