Non passa un giorno senza che si attacchino in ogni luogo, pubblico o privato, reale o virtuale, le donne e i loro diritti. E’ davvero così intollerabile il potere che hanno conquistato su loro stesse, fosse anche il potere di restare vive? Che siano violenze fisiche o psicologiche che le schiantano nelle segrete stanze oppure violenze istituzionali che si consumano nei tribunali o ancora scelte politiche che le cancellano come soggetti e cittadine: le donne combattono ogni giorno contro un implacabile bisogno collettivo di opprimerle.

Persino nei salottini televisivi, durante programmi trash come Grande Fratello Vip, tra una risatina e l’altra, mentre si parla delle gravidanze canine, si può lanciare qualche pietra contro diritti acquisiti dalle donne in lotte trentennali. Ma che acquisiti una volta per tutte non sono.

Ieri sera, durante la puntata del Grande Fratello Vip, andata in onda su Canale 5, Alfonso Signorini ha redarguito Giucas Casella che, preoccupato per la gravidanza della sua cagnolina, pensava di farla abortire. Utilizzando un nos maiestatis papesco, mescolando bassi contenuti con contenuti ancor più bassi perché non c’è limite al peggio, ha promosso la sua bolla catodica: “Noi siamo contrari all’aborto in ogni sua forma tra l’altro anche quello dei cani non ci piace. Ma anche quello naturale non ci piace, non è una benedizione del cielo un aborto naturale, anche se è quello del cane”.

“A loro” quindi, non è gradito l’aborto che sia indotto nelle cagnette o nelle donne. E, sempre “a loro” pare corto il passo tra la femmina di cane e la femmina dell’uomo. Chissà.

Signorini storce il naso anche per l’aborto spontaneo, una sorta di maledizione divina dal sapore biblico che grava su quei corpi femminili inetti che non portano a termine la gestazione. Parole imbarazzanti che indignano ogni donna che si senta libera e che mal tollera la tracotanza bigotta di preti o predicatori televisivi o ultraconservatori alla Pillon, desiderosi di dettar la loro legge sui corpi delle donne: le uniche che conoscono la paura di vivere in un Paese che non garantisce l’assistenza sanitaria per l’interruzione volontaria della gravidanza e non rispetta il loro diritto alla scelta; le uniche che possono morire di aborto clandestino o delle sue conseguenze e che possono persino rischiare la morte in un letto d’ospedale senza ricevere assistenza. Anche in Italia. Anche se la legge sull’interruzione di gravidanza esiste dal 1978 ma è minata dall’obiezione di coscienza.

Non sono tempi buoni, non solo per la pandemia Covid 19. C’è la pandemia di movimenti politici ulta conservatori, in Europa e Stati Uniti che fiutano l’aria pensando che i tempi siano maturi per portare a compimento quel backlash preconizzato da Susan Faludi nella sua opera pubblicata nel 1991 (Backlash: The Undeclared War Against American Women). Un’onda lunga cominciata dagli anni 80 e non ancora arginata. Alfonso Signorini rievoca maledizioni divine per le madri mancate senza alcun pudore perché sa che avrà una parte dell’opinione pubblica dalla sua pare. Per questo dobbiamo far sentire forte il dissenso di chi non accetta che si porti indietro l’orologio della storia.

Pochi giorni fa, a Pszcyna, in un ospedale del sud della Polonia, Izabela è morta a soli 30 anni, era incinta alla 22ma settimana. Era stata ricoverata dopo aver perso liquido amniotico ma i medici non le hanno indotto l’aborto perché ancora si sentiva il battito cardiaco del feto. Hanno atteso, e atteso, fino a che non è morta di setticemia. Ed è stato un vero peccato che Jorge Mario Bergoglio, uso a chiamar assassini i ginecologi che praticano le interruzioni volontarie di gravidanza, non abbia speso una parola per la morte iniqua di questa giovane donna o per medici ignavi che hanno tradito il giuramento di Ippocrate.

Izabela è morta di setticemia come Valentina Miluzzo nel 2016 all’ospedale Cannizzaro Catania, e Savita Halappanavar, nel 2013 a Dublino. Per la morte di Valentina Miluzzo sono finiti sotto processo sette medici, per Izabela e Savita nessuno sarà processato perché sono morte in nome di una legge che le ha denumanizzate fino a considerarle poco più che contenitori. Uteri. Non è un caso che la Polonia, cattolicissimo Paese che vieta l’aborto in nome del sacro rispetto della vita, stia lasciando congelare nella neve, bambine e bambine accampati tra muri di filo spinato e continui a schiacciarli in un braccio di ferro con la confinante Bielorussia.

Ma non ci stupiamo perché conosciamo bene l’ipocrisia di chi parla a difesa di embrioni e poi lascia morire donne e bambini di setticemia o di freddo e bombe tra fili spinati nonostante il chiacchiericcio e il pontificare di preti, predicatori televisivi o altri feroci bigotti.

@nadiesdaa

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