“Non ci sono le condizioni per fare un patto sociale“. Parola del vicepresidente di Confindustria per le relazioni industriali, Maurizio Stirpe, che dal convegno dei Giovani Imprenditori ha ritirato la richiesta inviata ai sindacati dal presidente di viale dell’Astronomia Carlo Bonomi solo un mese fa. L’imprenditore e presidente del Frosinone è stato tranchant: “Una parte del sindacato pensa che, in pratica, questo patto non abbia i caratteri della necessità, e ha una visione diametralmente opposta da quella che noi stiamo privilegiando, preferisce avere un dialogo diretto con il Governo, fare accordi e poi farli cadere sulla testa delle imprese. Non è quello che vuole Confindustria, non è quello che vuole il presidente Bonomi: ho detto a Carlo che un patto così preferisco farlo saltare“. Il premier Mario Draghi, che all’assemblea degli industriali aveva auspicato “un patto economico, produttivo, sociale del Paese“, se ne farà una ragione.

Oggi, secondo Stirpe, “non solo non faremmo un buon patto, anzi faremmo un pessimo servizio al Paese“, e “al Paese serve coesione”. Tra parti sociali “ci si può sedere e fare un accordo per i lavoratori e per le imprese: è questo quello che serve al Paese, il resto è cinema, fumo, sono chiacchiere da bar che non servono al Paese”. Il patto “che intendiamo noi è sedersi e discutere sui temi di grande attualità che riguardano il mondo del lavoro, provare a fare una sintesi da sottoporre al governo affinché la faccia propria, e la traduca in provvedimenti legislativi”. Invece, è la sua recriminazione, c’è “inerzia“, difficoltà “nel fare accordi per poi presentare delle proposte condivise”. Cosa che lascia al governo lo spazio per decidere da solo, senza confronto.

Ma quali sono i tasti dolenti che hanno così innervosito il vice di Bonomi? “Noi tante volte abbiamo sollecitato una discussione con il sindacato su ammortizzatori sociali e politiche attive, per trovare una sintesi ma non c’è stata mai la possibilità di discutere. Facciamo fatica in questo momento a concertare, fare accordi su materie che riguardano solo le parti sociali. Sulle causali dei contratti a termine abbiamo tutti richiesto a gran voce di essere noi parte attiva attraverso la contrattazione ma alla data di oggi non riusciamo a fare un accordo, sulle tematiche della sicurezza non c’è stata mai possibilità di fare un incontro sul tema. E basti pensare anche a tutte le parti non ancora attuate sul patto sulla fabbrica, dove abbiamo sollecitato più di una volta di avere incontri per definire questi capitoli, non c’è mai stata data possibilità evidentemente perché non vengono ritenuti elementi strategici”.

Pare di capire che la colpa di frenare venga attribuita alla Cgil e alla Uil, pure mai citate, perché al fianco di Stirpe c’era il leader della Cisl, Luigi Sbarra, che ha commentato: “Non credo che il riferimento sia a noi”. E ha tenuto a sottolineare che la Cisl tiene molto al “cammino delle riforme: dobbiamo farlo insieme per dare una vera prospettiva di sviluppo a questo Paese. Se qualche associazione non condivide cerchiamo di far prevalere le ragioni della responsabilità“. Salvo poi lamentare la proposta del governo sulle pensioniquota 102 – giudicata “assolutamente irricevibile“. Morale: “Ci piace quando il presidente Draghi, rilanciando una nostra proposta che portiamo avanti come Cisl, dice che ci sono le condizioni per negoziare un nuovo patto sociale per la crescita e lo sviluppo del nostro Paese. Non ci piace quando il Governo si chiude e decide in modo solitario, senza ascoltare le parti”. Il ministro Andrea Orlando ha replicato di non “condividere” che il governo non dialoghi: “Abbiamo fatto delle maratone che hanno messo alla prova anche la nostra tenuta fisica”, dice il ministro: “Non siamo riusciti a farlo su tutto, un po’ anche perché abbiamo fatto le corse, un po’ perché le distanze ci sono anche tra le parti sociali, come sento anche dalle parole di Maurizio Stirpe, ed al Governo alle volte resta solo il compito di scegliere”

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