La siderurgia italiana chiude i primi 8 mesi dell’anno con una produzione di 16,3 milioni di tonnellate di acciaio, vale a dire il 27% in più dello scorso anno e sopra ai livelli pre Covid (+6,1% sul 2019). Il dato è quanto emerso nel corso dell’assemblea di Federacciai. A livello globale la produzione del periodo gennaio – agosto è cresciuta del 10,6%, con aumenti più marcati in India (+25,6%), Brasile (+20,9%), Stati Uniti (+19,5%), Turchia (+16,7%) e Giappone (+17%). Nel 2020 la Cina, primo produttore globale, ha immesso sul mercato 1 miliardo di tonnellate di acciaio, il 56,7% della produzione mondiale (1,878 miliardi). Dietro Pechino avanzano India, Turchia e Iran, paesi emergenti che hanno una spiccata vocazione alle esportazioni, dato anche il tenore dei consumi interni, e una attenzione alle problematiche di sostenibilità ambientale e sociale più bassa rispetto a quella europea.

Gli operatori del settore festeggiano soprattutto grazie al forte incremento dei prezzi registrato tra gennaio ed agosto, favorito da un boom della domanda non ancora “pareggiato” dal lato dell’offerta. Non è un caso che il gruppo Marcegaglia abbia annunciato oggi miglior bilancio della sua storia con ricavi saliti del 56% a 3,6 miliardi di euro”. Negli ultimi due mesi i prezzi dell’acciaio si sono però praticamente dimezzati, un calo che potrebbe avere un impatto sui conti dell’intero anno. “Oggi ci troviamo di fronte ad una congiuntura positiva. I primi segnali di ripresa c’erano già stati nella seconda parte del 2020 e la situazione è migliorata quest’anno con una esplosione della domanda che ha trainato la crescita dei volumi a livello sia nazionale che internazionale”, afferma il presidente di Federacciai, Alessandro Banzato. Il presidente degli imprenditori siderurgici gira poi le spalle alla transizione verde e avverte: “E’ facilmente comprensibile che la tendenza in atto in Europa – il Green Deal – potrebbe generare asimmetrie competitive che, se non gestite in tempo, porterebbero alla sparizione della siderurgia continentale o alla progressiva delocalizzazione della stessa in aree del mondo soggette a meno vincoli”. Branzato ha poi detto di essere “preoccupato” per il possibili ingresso di Invitalia, e quindi dello Stato, nel capitale dell’acciaieria di Piombino che fa capo al gruppo Jsw Steel, dell’imprenditore indiano Sanjan Jindal.

“Parlare di acciaio significa affrontare il tema del cuore della manifattura. E’ bene avere una industria nazionale dell’acciaio, ma questo non era scontato”, ha replicato il ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, nel corso dell’assemblea di Federacciai. “Il settore siderurgico lo stiamo monitorando come governo. Il governo lo Stato e il pubblico devono fare la loro parte da azionisti in modo serio, e devono esigere la stessa serietà anche dalla parte privata”, ha continuato Giorgetti. “A Taranto – ha aggiunto – questo si inizia a vedere in modo serio e auspico che inizi a vedersi anche a Piombino. Noi siamo aperti a tutti coloro che vogliono agire in modo serio”. Il ministro ha poi spiegato che “Il governo sta riflettendo sul piano nazionale dell’acciaio ma ci sono tantissime variabili. Vanno sbrogliate le tante matasse come ad esempio Taranto, Piombino ed altre. Ma non si può fare un piano nazionale se la situazione è mutevole”.

Il presidente di Confindustria (di cui Federacciai fa parte, ndr) Carlo Bonomi auspica però che questo piano arrivi presto. “Dopo tanto parlarne serve un efficace piano nazionale dell’acciaio” ha detto. “Abbiamo un quadro in cambiamento – ha aggiunto – ma non ci possiamo esimere da una scelta sulla siderurgia italiana. L’industria è attenta all’ambiente e condividiamo gli obiettivi ma devono avvenire nell’ambito di una governance mondiale con degli obiettivi realizzabili. Noi teniamo all’ambiente, siamo campioni europei nel recupero e nel riciclo ma questo non viene mai evidenziato. Tutta questa transizione non può avvenire a danni dell’industria italiana”.

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