In autunno, in tempi normali, il paesaggio del Letimbro, il fiume che attraversa Savona, ha dei tratti quasi romantici, specie all’altezza di una vecchia cartiera abbandonata, sulla strada per la frazione di Santuario, dove lavorò come designer anche una delle grandi firme della satira italiana: Danilo Maramotti, il vignettista del manifesto.

In quel tratto, il fiume ridotto a un torrente attraversa piccole borgate dove si affacciano antiche case liguri, laboratori artigiani, orti e giardini, mentre la strada è frequentata da due categorie di pedoni antropologicamente opposte sull’asse Velocità/Lentezza: i runner, che ansimano sino alla piazza del Santuario per fermarsi al bar, e gli Oranti, che sostano salmodiando presso ognuna delle 12 cappelle votive per fermarsi al chiesa. Molti sono italiani e ci sono stranieri: sudamericani o pakistani della minoranza cattolica.

In queste ore, questo paesaggio mite e arcaico appare sconvolto. Nei filmati che ogni mezz’ora appaiono sui social, voci di donne allarmate commentano una marea di acqua e fango che corre verso Savona trascinando tronchi, rottami, auto e serbatoi di gasolio, devastando orti e giardini.
“Emergenza”? Diciamo emergenza annunciata. Da anni.

Sabato scorso, Giuseppina Sguerso, che conosce bene la zona, mi aveva chiamato per denunciare il pericolo e farmi fotografare i canneti e gli alberi che ostruiscono il greto del fiume. In qualche punto, vicino agli orti, ho visto delle frasche tagliate. Pare che i residenti, allarmati da quello che adesso sta accadendo, nelle scorse settimane abbiano cercato di sfrondare gli alberi per evitare l’”effetto diga”, ma la risposta non poteva che essere ‘omeopatica’ per due motivi:

1) la massa del ‘bosco’ cresciuto nel greto è enorme;

2) chi ha cercato di ridurla poteva farlo solo “in clandestinità”, pena una multa salatissima.

Uno sventurato che aveva tagliato alcune canne nel greto del fiume, in città, ha infatti incassato un’ammenda da 200 euro. Tipica storia italiana: il Pubblico non solo si sottrae a quello che sarebbe il suo compito ma, oltre a ciò, vieta ai Privati di espletarlo in sua vece e, se lo fanno, li punisce. Una storia che è diventata tema di un libro: Attivarsi (Mimesis Editore). Scritto dal sociologo Francesco Cirillo, Attivarsi è il diario di un viaggio fatto per raccogliere le opinioni di diversi soggetti – da Prodi a Bonino a Pizzarotti – sul tema della cittadinanza attiva, cioè di quei cittadini che, negli ambiti più diversi, decidono di agire insieme per farsi carico di un problema comune.

“Ricordo quanto stridessero – scrive Cirillo – solo qualche anno fa le multe date a Roma ad alcuni genitori che avevano deciso di ripulire dalle svastiche i muri della scuola dei loro figli. Oppure il caso dell’associazione di ex Alpini di Vicenza, anche loro multati per aver rimesso a decoro a loro spese la struttura comunale in cui avevano la sede; o ancora i ragazzi multati a Grosseto per aver sistemato una stradina in disuso e ormai impraticabile”.

I savonesi che risiedono lungo il Letimbro, fra Savona e Altare, e che hanno cercato di ripulire il fiume sono un tipico esempio di “cittadinanza attiva”. O meglio lo sarebbero stati se – in una delle regioni più individualiste d’Europa – avessero trovato un interlocutore pubblico che li aiutasse e li capisse. “Tempo fa avevano mandato una ruspa – dice Giuseppina Sguerso – che ha smosso un po’ di pietre dal fondo del fiume ma sono interventi palliativi che non servono a nulla. Adesso i miei vicini hanno la cucina allagata, e un’altra vicina ecuadoregna che ha un bambino piccolo mi ha chiesto di ospitarla perché la strada davanti a casa sua è un fiume e non può uscire di casa. È una vergogna”.

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