La pesantissima e ingiustificata condanna inflitta all’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano segna indubbiamente uno dei momenti peggiori e più vergognosi della storia della magistratura italiana. L’opera di Lucano è ben nota e meritoria. Un vero e proprio raggio di sole nello squallore burocratico e clientelare cui sono spesso usi i personaggi ben poco carismatici messi dai partiti a capo delle amministrazioni locali.

L’azione incessante di Lucano è stata costantemente volta al raggiungimento di talune finalità che dovrebbero guidare tutte le istituzioni e tutti i governi, da quello nazionale a quello del Comune o Municipio più piccolo e sperduto. Integrazione dei migranti, lotta alla criminalità mafiosa che in Calabria ha radici solidissime, risanamento ambientale, sviluppo autocentrato di regioni da tempo abbandonate. Importanti riconoscimenti gli sono stati tributati in sede civile e in sede scientifica in tutti questi anni, a partire dalla famosa copertina di Newsweek che ne apprezzava gli intenti e i risultati.

In un contesto degradato dal punto di vista economico e da quello morale, segnato da decenni di predominio pressoché incontrastato delle cosche e dall’insidiosa propaganda razzista e parafascista della destra peggiore, Lucano ha raggiunto importanti obiettivi, facendo di Riace un simbolo di politiche di successo, che sanno unire l’ottenimento di risultati concreti, in termini di creazione di posti di lavoro e di rafforzamento della coesione sociale, al perseguimento di finalità universali, a partire dal riconoscimento e dalla tutela della dignità degli esseri umani a tutte e tutti senza eccezione.

Proprio questo successo non gli è stato perdonato dai suoi numerosi e potenti nemici. In primo luogo le cosche della ‘ndrangheta, poi la destra dell’odio ai migranti e della retorica del'”invasione”, quindi i partiti clientelari avvezzi a controllare ogni possibile rivolo, peraltro sempre più esile, di denaro pubblico destinato alle zone meno sviluppate. Infine, ultimo ma non meno importante, la burocrazia formata da individui privi di volto, di sentimenti e di raziocinio che nella loro sconfinata codardia fanno della legge, anziché lo strumento per la tutela dei valori costituzionali e la realizzazione dei diritti fondamentali di cittadini e migranti, un feticcio davanti al quale prostarsi e dietro al quale nascondersi per fuggire ogni responsabilità e ogni impegno individuale e collettivo.

Di questa oscura e inutile burocrazia fanno parte, a ben vedere, anche i giudici di Locri che hanno condannato Mimmo Lucano e 13 anni e due mesi di prigione e centinaia di migliaia di euro di risarcimento dei danni, infliggendogli un trattamento ben peggiore dei corrotti, mafiosi conclamati e finanche assassini confessi che affollano liberi e giocondi le strade e le piazze del nostro Paese, in molti casi godendo impuniti del frutto dei propri crimini.

La condanna inflitta, che tra l’altro raddoppia le già insensate richieste del pubblico ministero, rappresenta un regalo forse insperato per i nemici di Lucano e di un progetto di integrazione dei migranti, tutela ambientale e promozione del territorio compatibile con valori essenziali di umanità, che è d’altronde l’unico possibile. Già migliaia di migranti sono stati restituiti al sistema anonimo e disumanizzante che invece dell’accoglienza pratica la reclusione dei migranti stessi e li avvia al lavoro nero e al supersfruttamento in agricoltura e in altri settori. Il modello Riace è stato da tempo distrutto dai suoi nemici, coll’intento di sradicare ogni speranza e ogni possibilità di alternativa, riconsegnando il destino di ampi territori e vaste popolazioni ai soliti poteri screditati e inutili, intenti solo ad autoconservarsi e all’arricchimento individuale dei propri membri e refrattari ad ogni valore umano e costituzionale.

La sentenza dei giudici di Locri costituisce fra l’altro un pesantissimo attacco alla credibilità della magistratura, proprio nel momento in cui essa si trova in una crisi innegabile dopo l’attacco instancabile e spietato dei nostalgici di Tangentopoli (che continua come sappiamo come e peggio di prima) e di quelli delle trattative e degli accordi tra lo Stato e le mafie.

Un pessimo segnale quindi. Un’anticipazione distopica di quella che potrebbe essere in un domani forse non troppo lontano una magistratura modello Erdogan, del tutto ligia cioè ai desideri del potere e ansiosa di eliminare con brutalità ogni manifestazione di dissenso e ogni germoglio di pensiero alternativo alla dittatura del capitalismo neoliberale. Essa quindi fa il paio coll’intervento delle forze dell’ordine a Milano per sedare sul nascere una pacifica contestazione a Draghi in nome delle ragioni dell’ambiente e delle future generazioni.

E’ questa l’Italia che ci aspetta? Forse sì. Per evitare questo rischio mortale occorre mobiltarsi con forza, esprimendo la solidarietà a Mimmo Lucano, firmando questa petizione, che in un giorno ha già ottenuto oltre settantamila firme, votandolo, per chi può, alle elezioni regionali calabresi e facendo in modo che i giudici dell’appello, con una decisione equilibrata e fondata sui valori costituzionali ripristinino la dignità e il prestigio della magistratura italiana.

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