A tavola con l’uomo accusato di essere il prestanome del boss. Dopo gli arresti per mafia a Bagheria, una foto rischia di mettere a disagio il sindaco, Filippo Tripoli. L’esponente di Italia viva, però, non si scompone: “Era incensurato, non c’era modo di sapere chi fosse, noi stiamo tra la gente”. La foto in questione risale allo scorso 6 marzo, quando sul profilo Facebook di uno dei commensali appare lo scatto che ritrae quattro persone sedute al tavolo per pranzo. Due di loro sono volti noti a Bagheria, uno è il giovane sindaco, Filippo Tripoli, l’altro, che siede proprio di fronte a lui, è invece, Carmelo Fricano, detto “mezzo chilo”, un noto imprenditore bagherese arrestato il 13 settembre nell’operazione della Dda di Palermo: è considerato prestanome del boss Leonardo Greco.

Accusato di associazione mafiosa ed estorsione, secondo le indagini dei carabinieri di Bagheria“mezzo chilo” era al servizio del gruppo mafioso. Secondo la procura, Fricano era a completa disposizione del capo mandamento, partecipava a riunioni riservate del clan, sosteneva economicamente i detenuti e i familiari, e all’occorrenza, si intrometteva nelle regole dettate dal sodalizio mafioso ai commercianti, come nel caso del panificio al quale i boss avevano intimato di non produrre dolci per non fare concorrenza a un altro bar. Quel panificio, però, aveva sede in un immobile di proprietà dell’imprenditore. Che dunque “raccontava di aver discusso animatamente con Catalano (uno degli indagati ndr) facendo capire a quest’ultimo che si trattava di una sua proprietà e che non doveva interferire”, si legge nell’ordinanza firmata dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Salvatore De Luca e dai sostituti Gaspare Spedale e Giorgia Righi. L’operazione antimafia ha portato al fermo di 8 persone e ha provocato subito la reazione del primo cittadino, corso a rilasciare le prime dichiarazioni: “Al pool di magistrati tutta la nostra stima e l’invito a non demordere perché è evidente che il nostro territorio, per il quale spiace constatare che ancora la mafia è attiva e operativa, ha bisogno del loro lavoro”.

Eletto sindaco a 39 anni, nel 2019, Tripoli è storicamente vicino all’ex presidente della regione Totò Cuffaro. Un “centrista”, come lui stesso si è definito, che ha vinto le amministrative in una lista civica, per poi abbracciare il neonato progetto politico di Matteo Renzi, a fine 2019. Quest’anno, invece, è stato nominato da Davide Faraone – capogruppo al Senato dei renziani – come nuovo responsabile enti locali di Italia viva in Sicilia. Era l’8 giugno e in quei giorni risultava ancora indagato per corruzione elettorale. L’accusa di corruzione elettorale avanzata dalla procura di Termini Imerese, che aveva messo sotto inchiesta numerose altre persone, si riferiva alle regionali del 2017. Il 17 giugno scorso Tripoli è stato poi prosciolto da quella contestazione con la formula “perché il fatto non sussiste”.

La foto che lo ritrae al tavolo con Fricano non lo preoccupa. “Semplicemente io le posso dire una cosa: ogni giorno siamo per strada, abbiamo deciso di stare in mezzo alla gente, giornalmente incontriamo centinaia di persone”, dice al fattoquotidiano.it. L’immagine, tuttavia, pubblicata sul profilo facebook di Salvatore Fricano, figlio di Carmelo, presunto prestanome del boss di Bagheria, lo ritrae non già per strada, ma seduto al tavolo solo con tre persone. Proprio di fronte a lui c’è “mezzo chilo”, come viene chiamato l’imprenditore arrestato: “Sono stato invitato da un amico e non conoscevo gli altri”, ribatte Tripoli. Neanche un imprenditore come Fricano, molto conosciuto a Bagheria? “Siamo 60mila persone, Fricano è di certo un imprenditore molto noto e io lo conosco come conosco centinaia di bagheresi. Se decidi di stare tra la gente spesso ti invitano…in ogni caso quando l’ho incontrato Fricano era una persona libera, incensurata”. Stando a quanto ricostruito dalle forze dell’ordine, Fricano condizionava e controllava “le iniziative degli operatori economici sul territorio di Bagheria, anche rilasciando esplicite autorizzazioni alla apertura di attività commerciali e ponendosi quale mediatore per la determinazione del pizzo imposto agli imprenditori”. Ma Tripoli è sereno: “Mi spiace se questo episodio può essere strumentalizzato politicamente. Un amministratore che decide di stare per strada incorre in questi pericoli. Colgo però l’occasione per ribadire che il Comune si costituirà parte civile e per fare i complimenti alla magistratura e alle forze dell’ordine: noi siamo dalla parte della legalità”.

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