Cultura

Micha van Hoecke morto, il ricordo personale del fotografo Piero Tauro: “È stato per me il germe di crescita e amore per la danza”. Lo scatto inedito

Van Hocke credeva in un teatro totale e aveva scelto l’Italia per realizzare il suo sogno: “La danza è al di là di ogni tecnica. Il danzatore è  per me espressione di un’umanità e non di una forma”

di Simona Griggio

“La danza è musica, canto, parola, poesia”. Lo ripeteva spesso Micha van Hoecke. Il coreografo e regista internazionale si è spento sabato 7 agosto a 77 anni a causa di un tumore. Aveva stabilito la sua residenza da oltre trent’anni in Italia, a Rosignano Solvay, dove nel 1981 aveva creato l’Ensemble. Era una compagnia formata da giovani provenienti dal Centro Mudra di Bruxelles, la scuola del Ballet du XX siécle di Maurice Béjart, di cui era diventato direttore. Van Hocke credeva in un teatro totale e aveva scelto l’Italia per realizzare il suo sogno: “La danza è al di là di ogni tecnica. Il danzatore è per me espressione di un’umanità e non di una forma”.

Nato a Bruxelles, il padre un pittore belga, la madre una cantante russa, studia a Parigi con Olga Preobrajenskaia. Nel 1960 entra nella compagnia di Roland Petit e poi nel Ballet du XX siécle di Maurice Béjart di cui diventa il fidato braccio destro. Una visione affine a quella del suo maestro, che lo porta a realizzare una visione del teatro interdisciplinare, e un gruppo affiatato di interpreti con cui non solo lavora, ma vive il quotidiano e si confronta. Cerca di tirare fuori da ciascuno la sua singolarità irripetibile. Ed è in quegli anni, gli ’80, che lo incontro al Castello Pasquini di Castiglioncello dove risiede la compagnia. Fra i danzatori anche la giapponese Miki Matsuse, molto più giovane di lui, che poi lo sposerà. “Guardala – diceva – quando è in scena i suoi occhi grandissimi catalizzano l’attenzione del pubblico”.

L’Ensemble sembrava più una famiglia di artisti che una compagnia. Matrimoni, separazioni, nascite, spettacoli, tutto scorreva come la vita. E poteva capitare di incontrarci per caso Ferruccio Soleri, l’Arlecchino, chiamato per “raccontare” la commedia dell’arte ai ragazzi del gruppo. Dopo gli spettacoli si andava tutti a cena. Micha van Hoecke amava intrattenersi a parlare: aneddoti, cultura, progetti. Rideva e scherzava spesso. Si aveva l’impressione che fare teatro di danza fosse la cosa più semplice del mondo. L’esordio ufficiale dell’Ensemble risale al 1982 con lo spettacolo Monsieur, monsieur proprio a Bruxelles. Poi l’Italia con altri successi: La Derniere danse? Prospettiva Nievsky, Adieu à l’Italie (premio della critica per la migliore coreografia, 1992), Carmina Burana, Orfeo- Pulcinella, Pélerinage, Pierrot Lunaire, Maria Callas – la voix des choses.

Il ricordo personale di Piero Tauro in uno scatto inedito – “Oggi è una giornata triste. E’ venuto a mancare chi è stato per me il germe di crescita e amore per la danza. Ma la gioia e la complicità di un sorriso sono sempre appartenuti sia a Micha van Hoecke sia al suo Ensemble”. Lo racconta Piero Tauro, il fotografo che ha documentato la danza internazionale. “Bello ricordarlo anche così. Con un scherzo, fra un bicchiere di vino e una partita a biliardo in un bar a Castiglioncello”. E spiega: “La compagnia ci raggiunge dopo le prove. Scatta subito la domanda di rito. Quanto volete bene a Micha?”. “Tantissimo!”. E questa è la foto figlia di tanto amore. E soprattutto di autoironia.

Credit foto: Piero Tauro

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