A sei anni di distanza dalla bomba carta contro una sala giochi di Altamura (Bari), il 5 marzo 2015, che causò la morte del calciatore 26enne Domenico Martinucci e il ferimento di altre sette persone, è arrivato l’ordine di esecuzione della pena nei confronti del boss della città murgiana, Mario D’Ambrosio, dopo la condanna definitiva a 30 anni di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale e tentato omicidio plurimo con aggravante mafiosa. Il boss era già detenuto.

I carabinieri hanno condotto in carcere il coimputato, Luciano Forte, fino ad oggi detenuto agli arresti domiciliari, uno degli esecutori materiali e giudicato responsabile anche di detenzione, porto in luogo pubblico ed esplosione di ordigno, con l’aggravante del metodo mafioso. Forte dovrà scontare 18 anni di reclusione. I provvedimenti sono la conseguenza della decisione della Cassazione che nel giugno scorso ha dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati confermando le condanne della Corte di assise di appello di Bari dell’ottobre 2019.

Stando alle indagini coordinate dalla Dda di Bari, D’Ambrosio ordinò l’attentato con l’obiettivo di riprendere il controllo del business del gioco d’azzardo in città, danneggiando il locale del concorrente “con un’azione eclatante – hanno ricostruito gli inquirenti – , utilizzata come strumento per affermare il suo predominio nella malavita organizzata di Altamura”. Così Forte e un altro sodale, Savino Berardi (già condannato con rito abbreviato a 20 anni di reclusione) piazzarono un ordigno confezionato con 800 grammi di tritolo davanti all’ingresso del locale, causando con l’esplosione la morte di Martinucci e il ferimento di altre sette persone, “tutte vittime innocenti – evidenziano gli investigatori – estranee ai fatti e al contesto in cui erano maturati“.

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