del prof. Leandro Janni*

Italia, luglio 2021. Con il Recovery Plan e le risorse economico-finanziarie europee è ripartita, nel Belpaese, la retorica sulle grandi opere. Con il messaggio – ingannevole – che tutto sarebbe diventato possibile, finanziabile e realizzabile. Da qui il rilancio del controverso progetto del “ponte sullo Stretto”, con una commissione del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile che ha messo di nuovo in moto gli approfondimenti progettuali e scatenato annunci e promesse.

Credo che si debba, ancora una volta, fare chiarezza e sgombrare il campo da ambiguità e mistificazioni. Dunque: non è vero che si possa ripartire proprio dal vecchio progetto, considerato il fatto che lo stop avvenne sulla base di valutazioni tecniche ed economiche che costrinsero il Governo Monti a dichiararne il fallimento, dopo che il General Contractor Eurolink non era stato in grado di dimostrare la fattibilità e di risolvere i problemi tecnici, geologici e paesaggistici dell’opera. E poi: non è vero che presto arriverà l’alta velocità da connettere al ponte per rilanciare il Sud. Il Recovery Plan finanzia con dieci miliardi di euro una tratta che non sarà completata prima del 2030. Poi, comunque, mancherebbero diverse centinaia di chilometri di linea ferroviaria tra le montagne dell’Appennino e non si sa quante risorse siano necessarie. E infine, non è vero che le risorse europee potrebbero aiutare la realizzazione del ponte: non è così, visto che non è previsto, nel Recovery Plan e neanche nella programmazione europea 2021-2027, e non rientra nel programma Connecting Europe Facility che fornisce assistenza finanziaria alle reti e alle infrastrutture transeuropee.

Insomma, diciamolo: questa rumorosa retorica sul ponte serve soltanto a sprecare altre risorse pubbliche, dopo il miliardo di euro che fino ad oggi sono costati studi, consulenze e stipendi della società Stretto di Messina. Pertanto, Italia Nostra, ancora una volta, rivolge un appello al governo Draghi affinché si abbandoni ogni insensata corsa al ponte sullo Stretto e chiede di rilanciare gli investimenti per collegamenti veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola.

Di certo i cittadini hanno diritto a proposte credibili di rilancio degli spostamenti attraverso connessioni ferroviarie, navali e aeree più semplici tra le regioni, verso Nord e anche con il resto del Mezzogiorno senza ulteriori rinvii. Negli ultimi dieci anni, siciliani e calabresi hanno visto tagli ai collegamenti, sia dei treni nazionali verso Nord sia nei collegamenti regionali, che già erano i più vecchi (una media di 19 anni contro 11,7 al Nord) e lenti d’Italia. Attualmente il treno più veloce tra Roma e lo Stretto (Villa San Giovanni) ci mette 5 ore e 8 minuti, quando fino al 2019 c’era un Frecciargento che ci metteva 4 ore e 30 minuti. Eppure, in questi anni, sono stati realizzati investimenti sulla linea tirrenica che permetterebbero di far viaggiare i treni più sicuri e veloci. Inoltre, le Frecce non attraversano lo Stretto, per cui bisogna cambiare treno in Sicilia e prendere un Intercity o un regionale fino a Palermo o Catania.

Serve una nuova, diversa programmazione nelle politiche dei trasporti. In tempi brevi, si potrebbe certamente fornire un segnale di potenziamento del servizio, portando anche al Sud i treni nuovi, e nel giro di qualche anno disporre di treni passeggeri che in sei ore colleghino Palermo con Roma. Insomma: serve un miglioramento complessivo degli spostamenti per le persone e le merci. Di questo c’è bisogno per rilanciare le città e i territori del Mezzogiorno, dimostrando che un diverso futuro è possibile per gli spostamenti tra porti e centri turistici, aeroporti e stazioni, poli produttivi. E questo, tra l’altro, sarebbe coerente con gli impegni sulla riduzione delle emissioni di gas serra assunte dall’Italia, che prevedono una completa decarbonizzazione entro il 2050.

*presidente di Italia Nostra Sicilia

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