Doveva essere messa proprio male Grafica Veneta, l’azienda tipografica padovana, leader in Europa nella stampa di libri, per ricorrere a manodopera straniera in subappalto. Un’operazione che ha visto nei giorni scorsi comparire nella cronaca giudiziaria Grafica Veneta, con due suoi dirigenti finiti agli arresti domiciliari nell’ambito di un’indagine sul caporalato in Veneto. Forse al di là dell’inchiesta sullo sfruttamento di manodopera, serviva anche questo per tenere sotto controllo i costi, nell’era del Covid. E invece la realtà è tutt’altra cosa. Il Covid è stato una manna per la stamperia di proprietà di Fabio Franceschi, che in passato è stato anche azionista del Fattoquotidiano che gli ha ricomprato le quote societarie dopo che Franceschi si era candidato per Forza Italia, ritenendo questa decisione incompatibile con il suo ruolo di azionista del giornale.

Con l’arrivo della pandemia, Franceschi, stampatore di grandi successi editoriali tra cui Harry Potter, ha fiutato il grande affare. Ha impiegato le macchine da stampa per produrre mascherine, in un momento tra l’altro di carenza di forniture. E così i conti di Grafica Veneta già floridi di suo, sono esplosi d’incanto nell’anno più cupo per l’economia italiana. Il 2020 infatti si è chiuso per l’azienda di Franceschi con ricavi boom, saliti da 61 milioni del 2019 a oltre 137 milioni, più che raddoppiati. E non sono stati certo i libri a contribuire al boom del fatturato. Ma proprio il tempismo sulle mascherine.

Lo affermano gli stessi vertici della società nella relazione di bilancio appena depositata. “Le vendite in Italia sono passate da 45,3 milioni di euro a 116,6 milioni euro, soprattutto grazie ai ricavi dalla produzione di mascherine filtranti”. Vendute non solo a società distributrici ma anche alla struttura del Commissario straordinario. Un affare lucrosissimo dato che questo forte incremento dei ricavi è avvenuto con costi saliti solo marginalmente. I costi per la materia prima sono saliti di soli 10 milioni, quelli generali per servizi di 7 milioni, mentre il costo del lavoro è aumentato di appena 1 milione, da 12,5 milioni a soli 13,6 milioni, appena il 10% dell’intero fatturato record dell’azienda.

E che i prezzi di vendita siano stati particolarmente fruttuosi, rispetto ai costi tra cui quelli della manodopera, lo dice il forte incremento dei margini aziendali e degli utili passati solo nell’anno della pandemia da 9 milioni del 2019, in era pre-covid quindi, a ben 50 milioni a fine 2020. Un balzo stellare del 450% pressoché tutto da attribuire al “nuovo” business dei dispositivi di protezione anti-virus. Franceschi non solo ha fatto bingo sul piano economico, ma ha anche saputo bene giocare la carta del “Salvatore patrio”. Una delle sue prime mosse è stato donare 2 milioni di pezzi alla Regione Veneto.

Una mossa che ha fatto dire in toni enfatici nel marzo del 2020 a Luca Zaia: “Ecco la soluzione alla veneta per un problema cruciale in tutta Italia. Con questa sua straordinaria generosità e altrettanta capacità di innovazione di processo e di prodotto, Grafica Veneta entrerà nella storia. Il suo dono di 2 milioni di mascherine è di vitale importanza ma, se necessario, prenderemo tutte quelle che serviranno, pagandole, com’è giusto che sia”. E che quel dono fosse il viatico di consenso per il grande affare lo dice oggi il bilancio di Grafica Veneta con quel raddoppio di fatturato e quei 50 milioni di profitti prodotti in un solo anno. Zaia deve averle pagata eccome quelle mascherine.

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