di Fabio Barbieri

C’era una volta l’Arbitro Bancario e Finanziario, uno strumento di tutela rapido ed economico (il costo per procedere ad un ricorso è di 20 euro) e quindi democratico, che consentiva di risolvere al di fuori dei Tribunali le controversie tra cittadini e intermediari in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari. Un supereroe per i risparmiatori, con super poteri quali le competenze tecniche bancarie e finanziarie usate per difenderli dagli errori del mondo bancario e finanziario e che, con altrettanto rigore, li bacchettava quando chiedevano ciò che non avrebbero dovuto.

Uno dei temi che più impegna l’Abf è il contenzioso con Poste Italiane Spa in merito al rimborso dei Buoni Postali Fruttiferi della serie Q/P emessi dopo il 1/7/1986 mediante moduli non correttamente attualizzati alle modifiche peggiorative di rendimento apportate dal Dm 13/6/86 con riguardo agli ultimi 10 anni di investimento. Grazie all’Abf, i risparmiatori hanno visto tutelato il diritto di ricevere la maggior somma non riconosciuta al momento dell’incasso e riferita proprio agli ultimi 10 anni.

Purtroppo però, come in ogni avventura che si rispetti, il momento felice è improvvisamente interrotto. Mentre le famiglie sono in attesa dei pagamenti delle decisioni favorevoli, Poste cosa fa? Smette di adempiere alle decisioni dell’Abf. Non le paga più. È uno shock! Per i risparmiatori l’incubo ritorna: prima l’amara sorpresa di non ricevere quanto legittimamente atteso al termine di un investimento trentennale e, poi, quella del mancato rispetto della decisione, proprio quando le ferite economiche dell’emergenza sanitaria Covid-19 cominciano ad emergere. Questi in breve i fatti.

Quali le motivazioni della condotta di Poste Italiane Spa? L’esistenza di alcune sentenze di tribunale che, sulla stessa questione, hanno deciso in suo favore. Sebbene formalmente legittimo questo comportamento, oltre a depotenziare l’operato dell’Abf, può riaprire contenziosi già risolti, gravando da un lato il cittadino di un immeritato onere difensivo e dei relativi costi e, dall’altro, il sistema giustizia già notoriamente oberato e in ritardo cronico.

Nonostante il dibattito pubblico sulla questione sia aperto da tempo, il ministero della Giustizia cosa fa? Progetta una riforma della giustizia civile che incentiva tutti gli strumenti di soluzione della lite alternativi al tribunale, tranne l’Abf. In attesa che il ministero si accorga di questa lacuna, può essere utile segnalare che l’esempio negativo di Poste, laddove non celermente inibito, può essere seguito da altri enti.

Dal canto suo il risparmiatore, prima di affidare i propri risparmi o chiedere credito, può verificare sul sito dell’Abf se l’intermediario cui intende rivolgersi ha o meno l’attitudine al rispetto delle decisioni e al pronto pagamento.

L’altro aspetto è di carattere normativo. È efficace l’Abf come attualmente regolato? La risposta è negativa perché le sue decisioni non sono coercibili come una sentenza. È chiaro che serve la volontà politica per migliorare lo strumento, modificandone la regolamentazione, in modo da rimettere la parte più debole nella condizione di non dover rinunciare alla tutela dei propri diritti a causa dei costi della giustizia ordinaria o, peggio ancora, per la radicata convinzione che di fronte ai forti non si possa mai fare nulla. Salvo che, ovviamente, la volontà politica sia proprio questa.

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