Incredibile ma vero, in Calabria succede anche questo! Una crisi sanitaria profonda (e non solo questa) che dura ormai da decenni continua a provocare, oltre a una lunga serie di disservizi, anche un’inarrestabile migrazione sanitaria in altre regioni d’Italia, ampliando il debito sanitario che ormai ha superato i due miliardi di euro.

In questi giorni ho incontrato una delegazione di lavoratori delle Terme Luigiane, un suggestivo sito termale incastonato tra i comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese, in provincia di Cosenza, nel Tirreno cosentino. Un posto davvero molto bello, con acque termali sulfuree tra le migliori d’Europa. Lo sconforto si toccava con mano mentre mi raccontavano una storia durata ottant’anni, dal 1936 al 2016, anno in cui è scaduto il contratto che vedeva come unico gestore la società Sateca di Cosenza. Con oltre 500mila prestazioni sanitarie all’anno e circa 22mila presenze, è uno dei rari casi (forse l’unico) che richiama migliaia di cittadini provenienti da diverse parti d’Italia e d’Europa per le cure termali.

Quest’anno i 250 dipendenti, la maggior parte stagionali ma che riuscivano comunque a vedersi garantito uno stipendio per molti mesi, sono ancora in attesa che accada il miracolo, ma rischiano seriamente di perdere la loro unica opportunità lavorativa, e anche se ciò dovesse accadere si è già in forte ritardo. Protagonista in negativo dell’amara vicenda, manco a dirlo: la politica.

Sebbene il contratto sia scaduto dal 2016, il bando per procedere all’assegnazione della gestione dei servizi da parte dei due comuni non è stato mai indetto, lasciando i lavoratori nell’incertezza di chi, privato di un orizzonte temporale, vive una costante condizione di precarietà. Non solo. Dopo circa tre anni di incontri, confronti e a volte anche scontri, a febbraio del 2019 le parti interessate avevano raggiunto un accordo presso la Prefettura di Cosenza. Di questo accordo era stato tempestivamente redatto un verbale sottoscritto dalle parti innanzi al Prefetto, con il quale veniva predisposto, tra l’altro, che la Sateca si sarebbe impegnata a proseguire la gestione fino al “subentro del nuovo ente subconcessionario nella gestione del servizio”. Sta di fatto che ora i due Comuni non riconoscono più quell’accordo “perché trattasi di semplice verbale”, dimenticando, mi dicono i lavoratori, che esso è stato ratificato dai rispettivi consigli comunali.

Il susseguirsi di tavoli istituzionali, volti alla risoluzione della controversia, hanno prodotto proposte e controproposte, arenatesi sull’ultima richiesta fatta dai Comuni, che rischia di essere davvero ridicola, se non contenesse il dramma della perdita del lavoro per tante persone. Secondo lo studio dell’ingegner Veltri, alla Sateca, sempre ben disposta a continuare la gestione dei servizi, occorrerebbero 47 litri d’acqua al secondo. La stessa società si è limitata a chiederne 40, corrispondenti a circa il 40% delle acque totali. Nonostante, quindi, la concreta possibilità di trovare una soluzione in grado di conciliare il piano di sviluppo immaginato dai comuni con la tutela dell’esistente, le amministrazioni hanno proposto la gestione di soli 25 l/s, insufficienti a garantire l’erogazione dei servizi. La cifra richiesta per questa stagione è di 90mila euro, ma dall’anno prossimo la stessa quadruplicherebbe. Un importo spropositato che non è richiesto in nessun altra stazione termale d’Italia!

Nino Spirlì, Presidente facente funzioni della regione Calabria, aveva inizialmente rassicurato i lavoratori, lasciando intendere che la vicenda avrebbe anche potuto risolversi con l’esclusione dei Comuni dalla gestione delle acque. Da alcune settimane, però, lo stesso sembra essersi defilato, sottraendosi alle sue responsabilità e alle promesse fatte ai lavoratori. Anche ai Comuni sembrerebbe che non importi nulla della sorte di centinaia di lavoratori, men che meno di garantire un introito alle esigue casse comunali che vedono il più piccolo di essi, Acquappesa, con un dissesto per un debito fuori bilancio per oltre 10 milioni di euro.

In un territorio così fragile si cancella una realtà sana, un’azienda che ha sempre operato nel rispetto delle regole e della legalità e le preziose acque termali, per decisione dei Comuni, vengono riversate nel vicino torrente Bagni. I lavoratori meritano una soluzione immediata che dia loro certezze e stabilità a lungo termine. Spesso in Calabria malasanità significa malapolitica e infiltrazioni mafiose. In questo caso vi è solo malapolitica!

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