Lo Statuto non è una variante del “Monopoli” per vedere chi guadagna o perde di più alla fine del gioco, ma uno strumento democratico utile a scrivere regole e livelli gestionali al fine di attribuire una gestione ordinata a un partito e la sua coerenza con le regole più alte che lo Stato si è dato.

Nel caso del Movimento 5 Stelle è un passo indispensabile per avviare finalmente quella riforma necessaria a far compiere al Movimento fondato da Grillo quel salto di qualità utile a stare pienamente tra le istituzioni abilitate a guidare e amministrare una intera nazione.

Il rifiuto categorico che il co-fondatore del Movimento ha dato alla bozza di Statuto che Giuseppe Conte ha scritto (dopo averci lavorato per 4 mesi) ha però bloccato nel porto una nave che stava per salpare.

Certo, Grillo può obiettare che lui dello Statuto può farne a meno, poiché a ciò che c’è scritto nello Statuto lui è già arrivato con un blitz elettorale e con un semplice “Movimento” (costituito però da centinaia di giovanotti sì pieni di belle speranze, ma di pochissima sostanza politica e capacità amministrativa).

E nonostante l’ottima scelta di Conte a guidare partito e nazione da Palazzo Chigi, gli italiani hanno già visto bene tutti i lati positivi del Movimento, ma anche quelli negativi; e sono molti. Quindi non è conveniente mettere certe condizioni proprio ora, in questo momento delicatissimo della fase politica, sanitaria e amministrativa del paese, perché potrebbe mettere in troppa evidenza il suo pessimo “tempismo” e lo scarso rispetto per le nostre regole democratiche.

Perché addebito un tale pericolo proprio a uno che, in fondo, ha creato così tanto consenso popolare sul Movimento da lui creato e quindi anche per le ottime iniziative politiche che ha saputo realizzare in questa legislatura che sta per concludersi?

Perché dalla perentoria richiesta di modificare la bozza di Statuto che Conte ha scritto appare evidente che Grillo ha metabolizzato il rispetto che tutti nel partito gli hanno dato, e tuttora gli danno, come un dovere, un obbligo. Parlamentari, ministri, personaggi di alto livello hanno sempre avuto in lui una “stella polare” cui riferirsi nei momenti di indecisione, quindi la sua presenza, benché virtuale, non “formale”, era diventata quasi fisica. Lui poteva interferire su qualunque decisione.

Infatti lui, pur avendo dato mandato a Conte di scrivere finalmente uno Statuto degno di una grande democrazia occidentale, quando si è visto estromesso da ogni potere formale si è arrabbiato, dicendo che è vecchio, fatto male, ecc. Non è vero niente (o almeno immagino, dato che nessuno salvo loro due finora ha visto quella bozza): quello che gli sta davvero sullo stomaco (si capisce da ciò che dice) è che non vede da nessuna parte nell’organigramma del partito il suo nome.

Adesso su tutti i notiziari d’Italia si leggono commenti che si allargano alla “struttura di regole” del Movimento (Carta dei Valori, Codice Etico, ecc.) ma io (che ho avuto già una breve esperienza di stesura di uno Statuto, avendo scritto a suo tempo la bozza dello Statuto per Italia dei Valori Estero, poi finita nelle sabbie mobili per la decisione di Di Pietro di allargarsi prima sul territorio nazionale) sono certo che Conte si sarà guardato bene dal toccare quelle regole, che incidono poco o niente, nella scrittura dello Statuto, essendo quest’ultimo il contenitore che unisce e organizza le scelte, specifiche e particolari, che caratterizzano ogni partito, alle regole scritte nella Costituzione, cui devono adeguarsi tutti i partiti.

Tra queste regole non ci può essere quella di un Garante esterno al partito che abbia il potere di intervenire, approvare o bocciare una decisione presa dagli “eletti del partito” (cioè quelli che siedono nel Parlamento).

Conte, che sa leggere e scrivere anche di Leggi e Costituzioni, dovendo scrivere uno Statuto si è guardato bene dallo scrivere nello Statuto quello che vorrebbe Grillo.

Grillo ha sempre dato di fatto, cioè sorvolando ogni ruolo istituzionale, tutti i consigli e le notazioni che ha voluto e nessuno si è lamentato, quindi può continuare a darli anche dopo che sarà scritto lo Statuto. Però non può comandarle. Se vuole comandare deve scriversi nell’Organigramma in una posizione di comando che stia al di sopra di quelli che gli devono obbedire (ma si sa che nemmeno il Segretario del Partito può comandare agli eletti, o il Presidente del Consiglio ai membri del suo governo, quello che vuole il Partito, perché non è previsto nella nostra Costituzione. Per i parlamentari non c’è in Costituzione il “vincolo di mandato”, quindi il parlamentare è sempre libero di votare nel Parlamento ciò che vuole, dovendo rispondere solo al mandato ricevuto dagli elettori e non alla gerarchia del partito).

Se vuole essere l’anima del partito (fondatore e principale ispiratore del partito vita natural durante) non ha alcun bisogno di apparire nell’organigramma e quindi nello Statuto, perché lo Statuto rappresenta la parte fisica del partito, non l’anima che gli ha dato il fondatore. Se lui è l’anima, tutti quelli che hanno avuto fiducia in lui continueranno a seguire i suoi consigli anche se non è scritto nello Statuto. Se invece vuole essere il capo, deve assumersene direttamente la responsabilità (se può). La via di mezzo attuale non può durare all’infinito.

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