Pronti, via. Tolto il blocco partono i licenziamenti, quelli veri. I primi annunci sono arrivati già poche ore dopo la rimozione del vincolo, deciso dal governo accogliendo quasi in toto (una piccola eccezione nel tessile-moda) le richieste di Confindustria. Portato a casa il risultato, l’associazione degli industriali aveva affermato che avrebbe invitato i suoi associati a utilizzare la cig piuttosto che ricorrere ai tagli. Questa mattina il presidente di Assolombarda (l’associazione regionale di Confindustria) si è spinto oltre: “Dall’osservatorio che noi abbiamo non ci sono sentori di politiche di licenziamento che partiranno da oggi. Ho incontrato spesso imprese e imprenditori: il clima che ho incontrato è tutto sulla crescita, con voglia di assumere e non sui licenziamenti”

Più o meno nello stesso momento in cui Spada parlava, nel vicino veneto, Abb ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Marostica, in provincia di Vicenza, 100 lavoratori tra dipendenti e indotto sono a piedi. Non che sia un fulmine a ciel sereno, la crisi strisciava da tempo ma la “pausa” imposta dal blocco aveva dato una boccata di ossigeno ai lavoratori e tempo alle trattative. Era anche spuntato qualche possibile compratore che però la multinazionale svizzera non ha voluto prendere in considerazione. In Lombardia sono pronti anche i tagli della multinazionale francese del farmaco Sanofi che lascerà a casa 45 persone. Esuberi sono in vista alla Eurovalve di Opera e alla Bio-Rad di Segrate, entrambe in provincia di Milano. Coincidenze? Avvisaglie? Falsi allarmi? Difficile dirlo ora, certo è che Fabio Pennati, segretario generale della Uiltec Milano e Lombardia, ritiene che già in questa primissima fase siano a rischio fino a mille posti sono nel capoluogo lombardo. Senza contare i licenziamenti individuali, su cui è più complesso fare stime.

I calcoli sul possibile impatto della fine del blocco a livello nazionale sono aleatori e inevitabilmente imprecisi. Oggi l’Istat ha certificato che gli occupati sono ancora 700mila in meno rispetto ai livelli pre-pandemia. A significare che, nonostante il blocco, la crisi si è in parte già scaricata sull’occupazione, principalmente a danno di contratti a termine e collaboratori. Nessuno sa con certezza quello che accadrà. I sindacati, che ricordano anche come nell’ultimo anno il 74% dei finanziamenti pubblici contro la pandemia sia andato alle imprese, parlano di rischio di tsunami sociale con centinaia di migliaia di posti a rischio già in questa prima fase. Di avviso completamente diverso gli imprenditori. Anche se la verità stesse nel mezzo i problemi non mancherebbero.

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