Quando si è trasferita in Australia, nel 2013, Barbara aveva già alle spalle importanti esperienze all’estero, negli Stati Uniti e in Germania. “Non era certo il mio primo trasloco”, sorride. Oggi, dopo 20 anni passati fuori dall’Italia, dirige un gruppo di ricercatori nel campo dell’astronomia extragalattica all’International Centre for Radio Astronomy Research a Perth. “Per una radioastronoma come me l’Australia e il Sudafrica erano le opzioni più promettenti – racconta –. Qui la vita è bellissima. Ma non escludo di tornare, quando sarò vicina alla pensione”.

Diploma di liceo scientifico, laurea in fisica alla Statale di Milano nel 1997, Barbara Catinella ha lasciato l’Italia nel 1998 per iniziare un PhD in astronomia alla Cornell University (Ithaca, NY). Poi, le esperienze ad Arecibo, Porto Rico, al Max-Planck Institute for Astrophysics a Garching, in Germania, e a Melbourne, presso la Swinburne University of Technology. “Qui, grazie a una prestigiosa fellowship, ho iniziato a costruire il mio piccolo gruppo di ricerca”, racconta. Nel 2015 ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato all’International Centre for Radio Astronomy Research, University of Western Australia, a Perth, dove lavora tuttora. “I miei genitori mi hanno sempre incoraggiata a seguire la mia strada. Non mi sono mai pentita di essere partita”, sorride.

Barbara oggi dirige un team di otto persone. “Mi occupo dello studio delle galassie: come si formano ed evolvono, che proprietà hanno e quali processi fisici influenzano l’evoluzione stellare – spiega –. La mia specialità è lo studio dell’idrogeno, il materiale da cui si formano le stelle, che si misura con i radiotelescopi”.

A causa della pandemia, è stato cancellato il meeting della comunità astronomica internazionale cui Barbara stava lavorando da tre anni. “Ma l’Australia è stata fortunata e l’impatto dell’epidemia è stato meno forte che in altri Paesi, essendo così isolata dal resto del mondo e avendo solo 25 milioni di abitanti concentrati in poche città”, aggiunge. Nel campo della ricerca in astronomia, i principali problemi causati dalla pandemia sono stati il blocco totale dei viaggi (anche nazionali), la chiusura di telescopi e l’insegnamento a distanza, dovuto ad estesi periodi di lockdown.

Barbara si sente ancora molto legata all’Italia: nel 2020 ha ottenuto la cittadinanza australiana, non solo per avere piena libertà di viaggiare e spostarsi anche a livello internazionale. “L’Australia mi piace da tanti punti di vista, volevo sentirmi più integrata e, per esempio, poter votare”. Lo stipendio è più alto rispetto all’Italia, spiega, ma anche il costo della vita aumenta se parliamo di alimentari, affitti e assicurazione sanitaria (“bisogna averne una privata oltre a quella nazionale”).

Avendo lavorato in Usa, Germania e Australia, Barbara è sempre stata “impressionata dall’alto livello della formazione universitaria italiana. Ci sono tantissimi italiani – spiega – che si sono costruiti carriere di successo all’estero, e in gran parte lo si deve agli studi che hanno fatto nel loro Paese d’origine”. Nell’ultimo decennio, poi, la qualità della formazione universitaria in tutto il mondo sembra gradualmente peggiorare, nota Barbara.

Uno degli stimoli principali che l’ha spinta a emigrare dopo la laurea era la differenza nelle condizioni lavorative: “Essere astronomi in Italia sembrava più complicato: gli stipendi erano significativamente più bassi e i fondi per la ricerca scarsi o inesistenti”. Le cose, però, sembra che stiano gradualmente cambiando. “Ormai non lavoro in Italia da più di 20 anni, quindi mi è difficile commentare nel dettaglio, ma ho un buon numero di amici e colleghi che hanno deciso di tornare in Italia e sono riusciti a trovare posti in università o istituti di ricerca. Questo suggerisce che negli ultimi anni abbiamo visto uno sforzo attivo nel rallentare la fuga dei cervelli, un segnale positivo”, continua.

Fare ricerca per Barbara significa dover “affrontare problemi sempre nuovi e ingegnarsi a trovare soluzioni. La ricerca non è mai uguale ed è sempre stimolante”. Il suo sogno è vedere lo Square Kilometre Array, (il progetto internazionale concepito nel 1991 che ha come obiettivo la costruzione della più grande rete di radiotelescopi al mondo, in Australia e Sudafrica) in funzione. Intanto Barbara ha comprato casa a Perth, dove “la qualità della vita è ottima, non ho nessuna fretta di andarmene”. Una volta in pensione non le spiacerebbe tornare in Italia, per essere più vicina alla famiglia. Ai giovani consiglierebbe di fare un’esperienza all’estero, anche soltanto per un paio d’anni. “Io ho avuto l’opportunità di viaggiare, andare a conferenze, osservare con alcuni dei migliori telescopi al mondo. La ricerca in astronomia è ormai globalizzata, ed è importante espandere i propri orizzonti non appena se ne ha la possibilità”.

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