Lo Stato italiano dovrà risarcire con mille euro a testa quattro ex forestali costretti a transitare nell’Arma dei carabinieri dopo l’abolizione del Corpo Forestale prevista dalla riforma Madia sotto il governo Renzi. È la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) sui ricorsi presentati dagli ex agenti, tra cui due ex dirigenti lombardi del sindacato dei forestali Sapaf, che come molti altri ex colleghi ritengono tutt’oggi di aver subito una “militarizzazione forzata”, con la perdita di alcuni diritti, tra cui quello di riunirsi in associazioni sindacali e di scioperare. Nonostante il risarcimento previsto, la Corte non è arrivata però a una sentenza di condanna dell’Italia, ma ha deciso di “cancellare il ricorso dal ruolo”, una sorta di non luogo a procedere contestualmente al quale ha accolto la proposta unilaterale presentata a dicembre dal governo italiano: per l’appunto, mille euro di risarcimento a testa per il fatto che il trasferimento dei forestali ha comportato – questa l’importante ammissione dell’avvocatura dello Stato – una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in particolare dell’articolo 11 che garantisce il diritto alla libera associazione sindacale. Ma tale violazione – aveva scritto l’avvocatura – non è più in essere, in quanto a giugno 2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il divieto per i militari di creare associazioni sindacali e ha rinviato al Parlamento il compito di individuare le prerogative delle nuove organizzazioni sindacali.

La proposta dell’avvocatura, contenuta nella cosiddetta “dichiarazione unilaterale” di dicembre, era stata rifiutata dagli ex forestali, che ritenevano il risarcimento irrisorio. E soprattutto ritenevano la violazione dei diritti dell’uomo ancora in essere dal momento che la Consulta non ha riconosciuto loro il diritto di sciopero e il Parlamento non ha ancora approvato alcuna legge che regolamenti le organizzazioni sindacali dei militari. Per questo i quattro ricorrenti avevano chiesto alla Corte europea (un organismo internazionale legato non all’Unione europea ma al Consiglio d’Europa) di continuare l’esame del caso per arrivare a una sentenza di condanna dell’Italia.

Ma la Corte ha in sostanza preso per buona la tesi dell’avvocatura, cioè che dopo la sentenza della Corte costituzionale del 2018, “i ricorrenti possono costituire associazioni sindacali professionali alle condizioni e limiti fissati dalla legge” e i loro diritti umani non sono più violati. “Più che di un’archiviazione del caso si tratta di una sospensione del giudizio”, sostiene Francesco Borasi, legale dei due ex dirigenti sindacali lombardi del Sapaf. “Se non verrà fatta una legge che, regolamentando le organizzazioni sindacali dei militari, riconoscerà finalmente in modo pieno i diritti sindacali dei forestali, il caso potrà essere riaperto. La decisione della Corte non è una sconfitta per noi, ma per tre quarti una vittoria”.

Per Ascanio Amenduni, avvocato degli altri due ricorrenti, “la Corte europea ha trascurato di considerare che la sentenza della Corte costituzionale italiana non ha eliminato tutte le lamentate violazioni dell’articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sulla libertà sindacale degli ex forestali, perché non ha ripristinato né il loro diritto di sciopero, né quello di avere un organismo sindacale munito di poteri di contrattazione collettiva, sul piano economico e normativo. La Consulta ha invece ripristinato una mezza libertà sindacale, insufficiente rispetto alle aspettative dei ricorrenti. Rimane la soddisfazione morale di aver costretto lo Stato italiano a una sorta di patteggiamento unilaterale basato sulla confessione di aver violato i diritti dell’uomo, confessione peraltro fatta in forma pubblica e solenne. Guardiamo il bicchiere mezzo pieno, ma quello mezzo vuoto lascia l’amaro in bocca. Ora tocca alla politica riempirlo”.

Davanti alla Corte europea pende ancora un altro ricorso, depositato in un secondo momento da oltre mille ex forestali. Tra di loro Danilo Scipio, ex segretario generale dell’Ugl Corpo forestale ed ex presidente dell’associazione culturale Unforced: “La decisione – dice – anche se non va nella direzione auspicata, contiene un elemento positivo importante: riconosce violato l’articolo 11 della Convenzione e questa circostanza rappresenta un punto di partenza fondamentale per il nostro ricorso ancora in attesa di esame. Con questo corposo contenzioso, infatti, abbiamo lamentato non una, ma una pluralità di violazioni e dunque potrebbero aprirsi nuovi scenari con pronunce differenti”.

Twitter @gigi_gno

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