di Monica Valendino

I tifosi d’Europa stanno esultando: la Superlega appena annunciata ha già abdicato sotto la pressione della passione popolare. Peccato che non sia così e lo si intuisce già dal comunicato della neonata associazione dove si evince che il progetto rimane, solo che verrà rimodulato.

Come? Non è difficile capirlo. I club che ora hanno rinunciato hanno anche capito una cosa fondamentale, ovvero che per la Uefa e per le leghe nazionali sono indispensabili per garantire non la sportività dei tornei, ma il fatturato che garantiscono. Forti di questo appare certo che ora si siederanno al tavolo con chi li ha apostrofati di avidità col coltello dalla parte del manico e otterranno quello che volevano, anche se in maniera istituzionale e meno drastica.

La Uefa che ha appena annunciato il formato della nuova Champions League sarà costretta a rivederla per andare incontro ai grossi club. Probabilmente modificherà il regolamento andando a creare una sorta di Euroleague in stile basket con la prima classificata in campionato che parteciperà garantendo così la meritocrazia, mentre per gli altri posti si guarderà al cosiddetto ranking, che di fatto garantirà il posto fisso alle solite note tra le quali i dodici club ammutinati, più quelli tedeschi e francesi che fino a ieri hanno astutamente aspetto che la bufera passasse.

Per le altre squadre che nei campionati si piazzeranno in alto in classifica ci saranno le altre due competizioni europee già previste e annunciate, dove è presumibile pensare che si studierà una formula di promozioni e retrocessioni che farà felici gli amanti della “sportività” del calcio, ma che di fatto garantirà anche qui posti più o meno fissi.

E i tifosi? Alla fine si adegueranno, così come si sono adeguati prima al calcio spezzatino, poi al macinato in nome di santa televisione.

E i club più piccoli? Pur di avere qualche briciola dai super fatturati che si prevedono (ma non è detto che arrivino) dovranno abbassare la testa.

E i campionati nazionali? Verranno rivisitati, perché più partite europee dovranno necessariamente far diminuire i partecipanti alle massime serie, che da venti squadre passeranno probabilmente a diciotto con due retrocessioni, andando così incontro alle squadre di media caratura e scontrandosi ovviamente con le leghe minori che vedranno sempre più ridimensionare la loro importanza.

Per cui se oggi qualcuno canta vittoria perché il progetto annunciato lo crede naufragato, si metta l’anima in pace, quel che conta sia per i club sia per Uefa e Fifa sono i soldi e tutti sanno che senza i grossi club gli sponsor verrebbero meno, per cui tutti saranno disposti ad assecondarli per un calcio che, come sempre, farà tutto senza ascoltare ragioni se non quelle di bilancio e senza fare le riforme che davvero servirebbero: tetto agli ingaggi, rose ridotte, algoritmi certi per la valutazione dei giocatori, norme severe sugli agenti e sulle agenzie che detengono i diritti dei calciatori.

Insomma da oggi si può affermare che tutti vissero felici e scontenti. Perché in questa guerra dichiarata ci sono i vincitori (i soliti noti) e i perdenti (i tifosi che finiranno abbindolati come sempre).

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