Cultura

David di Michelangelo a Dubai: così in 48 ore è nato il gemello (identico fino alle imperfezioni). High-tech e studio: la storia di un lavoro unico al mondo

Chi restaurò l'originale descrisse la scultura di Buonarroti "l'uomo più bello del mondo". La sua copia avrà il ruolo di ambasciatore all'Expo rimandata l'anno scorso negli Emirati Arabi. L'unica differenza? Non pesa 5570 chili ma solo 450. . La coordinatrice del progetto Grazia Tucci a ilfatto.it: "Può essere il simbolo della rinascita, Era la prima volta che si stampava una statua così grande con queste tecnologie". Il restauratore Nicola Salvioli: "E' stata una sfida che ci ha portato nel futuro"

di Marco Ferri

Una volta nel 2003 Cinzia Parnigoni – la restauratrice milanese protagonista dell’ultimo, storico restauro al David di Michelangelo – scherzò sul suo lavoro e disse di considerarsi una donna fortunata “anche perché per mesi sono stata a contatto con l’uomo più bello del mondo“. La monumentale scultura di marmo, abbozzato prima da Agostino di Duccio e poi da Antonio Rossellino, fu terminata da Michelangelo Buonarroti nella primavera del 1504 e da allora è stata ammirata e copiata infinite volte. La replica più nota – anche perché è più fotografata dell’originale che dal 1873 si trova nella Galleria dell’Accademia di Firenze – fu realizzata dallo scultore Luigi Arrighetti e dal 1910 si trova sull’Arengario di Palazzo Vecchio.

L’ultima copia, in ordine di tempo, è stata compiuta negli ultimi tre mesi e qualche giorno fa ha lasciato il laboratorio del restauratore Nicola Salvioli, alla volta di Dubai, dove sarà l’ambasciatore d’eccellenza nel padiglione Italia dell’Expo 2020, rimandato lo scorso anno per via della pandemia. Solo che questa volta si tratta di un vero e proprio gemello, con tutti i suoi e pregi e i suoi difetti. Unica differenza il peso: mentre l’originale sulla bilancia farebbe registrare 5570 chili, quest’ultima copia fedele pesa 450 chili, poiché realizzata con uno speciale gel che solidifica a contatto con la luce ultravioletta e poi coperta da uno strato di 2 millimetri di polvere di marmo mischiata a colla, che permette di ricreare le parti lisce e quelle ruvide dell’originale, le malformazioni del marmo, i colpi di scalpello così come le venature.

Questo progetto di ri-produzione è stato promosso dal Commissariato per la partecipazione dell’Italia a Expo Dubai 2020 (che ha in Paolo Glisenti e Davide Rampello le due figure portanti) assieme alla Galleria dell’Accademia e al ministero della cultura di cui il museo è parte integrante. Proprio Rampello nel novembre del 2010 era stato direttore artistico di Florens – una sorta di “Davos dei beni culturali” poi naufragata dopo due sole edizioni – durante la quale, su idea dello storico dell’arte Sergio Risaliti, era stata realizzata una copia in vetroresina del David poi coperta di polvere di marmo e posizionata su uno sprone del transetto nord della Cattedrale di Firenze, a 35 metri d’altezza e illuminata da un suggestivo fascio di luce, proprio nel punto in cui doveva essere collocata la scultura michelangiolesca all’inizio del XVI secolo.

Questa volta però è diversa: anche se si tratta nuovamente di una forma ottenuta con un polimero rivestito da polvere di marmo, tuttavia la sorgente non è più un calco del David conservato a Carrara, bensì un digital twin, un gemello digitale del capolavoro, acquisito con una scansione digitale ad altissima risoluzione durante 40 ore di “lettura” della superficie lapidea e che ha permesso la riproduzione del David – diviso in 14 parti – grazie a una stampante 3D di ultima generazione.

Tutta questa complicatissima operazione è giunta a buon fine grazie al faticoso e paziente coordinamento di Grazia Tucci, direttrice del laboratorio di Geomatica per l’ambiente e la conservazione dei beni culturali dell’università di Firenze. “Mi ha contattato il ministero – racconta la professoressa Tucci – presentandomi l’esigenza di collocare una riproduzione del David nel padiglione Italia di Dubai. Io ho preparato un progetto e da lì è iniziata questa avventura. Personalmente ho subito pensato a un David che fosse il risultato di un processo industriale e un simbolo di rinascita dell’Italia. Abbiamo così concepito una ri-produzione realizzata con tecnica additiva e non sottrattiva come si fa con le frese”. Quali sono le fasi di questo lavoro? “Il primo step – spiega la direttrice del laboratorio – è stata la riproduzione digitale per conseguire un calco virtuale, più fedele dell’ultimo che risaliva a una ventina di anni fa. Alla fine abbiamo ottenuto un archivio numerico del David che servirà da ora in poi per innumerevoli finalità. Il secondo step è stata la fase di riproduzione fisica, con la scelta della stampante più adatta che ci ha permesso di stampare in sole 48 ore ciò che avremmo ottenuto in 500 ore. In pratica abbiamo messo a punto una fase zero, perché era la prima volta che si stampava una statua così grande con queste tecnologie. A questo punto mi auguro una certificazione a livello internazionale del processo di questa copia, affinché diventi una vera case history da cui partire per utilizzare anche in altre situazioni”. Il costo? “Circa 300mila euro – risponde Tucci – ma i costi potrebbero variare secondo le tecnologie che scegliamo e i tempi a disposizione”.

L’assemblaggio dei pezzi del basamento e del gemello del David ha visto protagonista il restauratore Nicola Salvioli, che in passato si era già occupato della fase finale del recupero della Porta del Paradiso di Ghiberti, del Crocifisso di Giambologna della Santissima Annunziata a Firenze, del Putto del Verrocchio di Palazzo Vecchio e dei bronzi della Fontana del Nettuno, in piazza della Signoria. Stavolta però doveva “rivestire” di marmo la replica più fedele del David mai realizzata prima. “Una volta arrivati nel mio laboratorio i pezzi stampati – spiega Salvioli -, io mi sono occupato di assemblarli e rivestirli. In effetti abbiamo rivestito e caratterizzato l’opera, perché il nostro obiettivo era ottenere un documento, non una semplice copia. Volevo riportare sulla superficie i segni della lavorazione e conservazione del David. Così abbiamo ricreato il ruvido, il liscio, i vari livelli di erosione del marmo, abbiamo rifatto le crepe e le venature. Infine abbiamo curato l’imballaggio perché l’opera doveva affrontare un viaggio molto lungo”.

E alla fine la domanda sorge spontanea: ma come ci si sente ad essere “genitore”, se pur di una copia, del David? “Non mi sento genitore – risponde il restauratore – perché effettivamente siamo in tanti ad averla realizzata. Però sono molto contento di aver affrontato questa sfida, perché la scansione tridimensionale, che rappresenta il futuro, non è che il primo step: poi dal file digitale occorre comunque arrivare alla figura fisica e quindi ho sposato l’idea dei responsabili dell’Expo affinché questo modello potesse trasmettere delle suggestioni. Con le mie competenze di restauratore ho scelto i materiali migliori per poterla realizzare, completa di quel fascino che può avere solo un modello tridimensionale e non un disegno o 200 tavole di foto”.

Adesso, con quel che stiamo vivendo da 14 mesi a questa parte, c’è solo da augurarsi che dalla suggestione provocata negli Emirati Arabi dalla replica del David (ma rimarrà nudo o le sue parti intime saranno coperte?) possa scaturire un generale interesse ad ammirare l’originale. Che con tutti i suoi pregi, le sue imperfezioni e i 517 anni di età comunque non teme confronti. D’altronde è “l’uomo più bello del mondo” e nessuno può sottrargli questo primato.

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