Nuovi aiuti in arrivo – finalmente anche a copertura dei costi fissi – finanziati con 40 miliardi di deficit aggiuntivo. Ma saranno gli ultimi “di tale portata”, perché l’indebitamento extra approvato da inizio pandemia a oggi è arrivato a 180 miliardi e l’impatto sui conti pubblici è senza precedenti, con il deficit che schizza all’11,8% del pil e il debito che si avvicina al 160%. Mentre il prodotto interno crescerà del 4,5% meno di quanto si sperava lo scorso autunno, perché il primo trimestre è stato funestato da una nuova ondata di contagi e restrizioni e la campagna vaccinale ha subito molti ritardi. E la stima è soggetta a rischi: se non si riuscirà ad accelerare le somministrazioni, la crescita si fermerà a un livello molto inferiore. E’ il quadro emerso dal consiglio dei ministri che giovedì pomeriggio ha dato il via libera alla richiesta del settimo scostamento di bilancio dall’inizio dell’emergenza (il primo del governo Draghi) e approvato il nuovo Documento di economia e finanza.

Le anticipazioni sul prossimo decreto Sostegni – Le Camere saranno chiamate a votare lo scostamento la prossima settimana. Almeno 20 miliardi andranno alle imprese sotto forma di nuovi contributi a fondo perduto, stavolta non solo sulla base dei cali di fatturato ma anche guardando ai costi fissi, “sia con sgravi di imposta che con la copertura della quota fissa delle bollette e di parte dei canoni di locazione tramite credito d’imposta”. Ci saranno poi misure per garantire liquidità, a partire dalla proroga a fine anno della moratoria sui prestiti, e “saranno reintrodotti rinvii ed esenzioni di imposta già attuati nel 2020” e “innalzato il limite delle compensazioni”. E il prossimo decreto legge “prorogherà le indennità a favore dei lavoratori stagionali, e introdurrà nuove misure a favore dei giovani, ad esempio uno sgravio fiscale sull’accensione dei mutui per l’acquisto della prima casa”. In più verrà avviato un fondo di investimento di durata decennale per progetti aggiuntivi e complementari al Recovery Plan, che sarà alimentato anno per anno. Nel complesso le misure di sostegno avranno un impatto positivo sul Pil dello 0,6% di crescita aggiuntiva.

Pil a +4,5%. Lo scorso autunno era previsto a +6% – Venendo ai numeri, il Def come da attese rivede al ribasso – rispetto alle previsioni dello scorso autunno – la crescita del pil stimata per quest’anno: ora è data al 4,5% a fronte di un +4,1% tendenziale, cioè al netto dei provvedimenti del governo, seguito da un +4,8% nel 2022. Tassi di crescita senza precedenti, che seguono però il crollo senza precedenti dell’8,9% registrato nel 2020. La Nadef di ottobre prefigurava una ripresa molto più netta: 6% programmatico da 5,1% tendenziale. Il rallentamento è dovuto al fatto che le nuove restrizioni legate alla terza ondata e i ritardi della campagna vaccinale hanno allontanato la ripartenza e nel primo trimestre il prodotto interno lordo è rimasto stagnante, secondo le prime stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Non secondari, poi, i probabili slittamenti nell’arrivo dei fondi del Recovery, visto che 10 Paesi europei non hanno ancora ratificato la decisione sulle risorse proprie e la Commissione Ue ha annunciato che se tutto va bene i primi anticipi arriveranno a luglio ma solo agli Stati che presenteranno per primi i piani di ripresa e resilienza. E non manca l’avvertenza che in caso di “efficacia ridotta” della campagna vaccinale il tendenziale si fermerà a +2,7%.

Nella prefazione il ministro dell’Economia Daniele Franco spiega comunque che “le previsioni macroeconomiche riflettono solo in parte l’ambizione della politica di rilancio che il governo intende seguire, anche per via della natura prudenziale che devono avere in base alle regole di bilancio. Va tuttavia evidenziato che nello scenario programmatico già l’anno prossimo il Pil arriverebbe a sfiorare il livello del 2019″. Quel livello – viene specificato – sarebbe poi “ampiamente sorpassato nel 2023, grazie ad un tasso di crescita del 2,6%”.

Deficit/pil all’11,8% e debito al 159,8% – Per effetto del nuovo scostamento, che Franco auspica sia “l’ultimo di tale portata”, il deficit/pil sale all’11,8% dal 9,5% del 2020. Tornerà sotto il 3%, il vecchio parametro di Maastricht ora sospeso, solo nel 2025. Il calo del debito pubblico viene nuovamente rinviato. Il rapporto debito/pil è stimato al 159,8% nel 2021, per poi diminuire al 156,3% nel 2022, al 155% nel 2023 e al 152,7% nel 2024. Dalle tabelle emerge anche che il tasso di disoccupazione è dato in salita al 9,6% nel 2021 dal 9,3% dell’anno scorso, per poi ridursi al 9,2% nel 2022, all’8,5% nel 2023 e all’8% nel 2024. L’occupazione scenderà quest’anno dell’1% per riprendersi a partire dal 2022 (+3,2%).

“80% di vaccinati entro l’autunno. Da metà dell’anno la riforma fiscale” – Franco scrive che “la prima esigenza che il governo ha avvertito e ancora avverte è di continuare a sostenere l’economia con grande determinazione, compensando innanzitutto i lavoratori e le imprese più danneggiati dalle misure sanitarie che si sono rese necessarie. Ciò non solo per ragioni di doverosa solidarietà e coesione sociale, ma anche per evitare che la chiusura definitiva di posizioni lavorative e di aziende che in condizioni normali sarebbero in grado di stare sul mercato abbassi il Pil potenziale del Paese”. Ora “le misure sanitarie adottate a marzo sembrano aver rallentato il ritmo dei contagi. La campagna di vaccinazione è in corso dall’inizio dell’anno e il governo prevede di poter somministrare i vaccini all’80% della popolazione italiana entro l’autunno“. “Vi sono inoltre sviluppi positivi sul fronte delle terapie da anticorpi monoclonali, che dovrebbero diventare crescentemente disponibili nei prossimi mesi e consentire non solo di curare i pazienti in cui si manifestano i primi sintomi dell’infezione, ma anche di proteggere preventivamente persone fragili non vaccinate che siano state esposte al contagio”. Il ministro anticipa che “la riforma fiscale, da definire nella seconda metà del 2021, affronterà il complesso del prelievo, a partire dall’imposizione personale; sarà collegata anche agli sviluppi a livello europeo e globale su temi quali le imposte ambientali e la tassazione delle multinazionali. Saranno inoltre riformati i meccanismi di riscossione“.

“Con l’aggiunta di fondi nazionali il Piano di ripresa varrà 237 miliardi” – “La versione finale del Piano nazionale di ripresa sarà basata su un ammontare di risorse superiore a quanto prefigurato nella Nadef e nella Legge di Bilancio per il 2021. Il Pnrr in senso stretto, ovvero il piano presentato alla Commissione Europea, si avvarrà di 191,5 miliardi di sovvenzioni e prestiti dalla Rrf, un ammontare solo lievemente inferiore a quello della Nadef, che era di 193 miliardi: infatti, mentre le sovvenzioni salgono da 65,4 a 68,9 miliardi, la stima dell’importo massimo dei prestiti si riduce da 127,6 a 122,6 miliardi“. Ma “il nuovo governo ha deciso di abbinare alle risorse RRF ulteriori finanziamenti tramite due canali nazionali: utilizzo del FSC e risorse a valere sul nuovo Fondo complementare. Da tutto ciò, deriva un aumento delle risorse per il Pnrr in senso stretto dai 193 miliardi prefigurati nella Nadef a circa 222 miliardi. Considerando tutti gli strumenti del Next generation Eu (Rrf, React Eu ecc.), con l’aggiunta delle risorse nazionali si passa dai 205 miliardi della Nadef (aggiornati a 208 nella Legge di Bilancio) a circa 237 miliardi”. Si tratta di “un piano di rilancio, di uno shock positivo di investimenti pubblici e incentivi agli investimenti privati, alla ricerca e sviluppo, alla digitalizzazione e all’innovazione, senza precedenti nella storia recente. Per attuare questo grande piano sarà necessario semplificare la normativa sulle opere pubbliche e dotare le Amministrazioni coinvolte delle necessarie capacità progettuali e manageriali. Inoltre, si dovrà procedere speditamente sul terreno delle riforme di contesto previste dal Pnrr e che riguardano in particolare la Pubblica amministrazione (PA), la giustizia e la concorrenza oltre al fisco, che sarà oggetto di un’articolata revisione”.

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