Dopo la messa in onda della nuova puntata di Report sul caso del Piano pandemico italiano e del dossier dell’Oms (sparito in 24 ore) che ne denunciava il mancato aggiornamento dal 2006, si fa ancora più lunga la lista di domande a cui tutte le parti in causa, a partire dal ministro della Salute Roberto Speranza, devono dare una risposta. Nel corso della trasmissione si è cercato di fare luce su una serie di passaggi delle chat tra il direttore aggiunto dell’Organizzazione Ranieri Guerra e il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, riportate nella rogatoria internazionale della procura di Bergamo che indaga sulla vicenda. “Hanno messo in dubbio un percorso di costruzione di fiducia e confidenza che sono riuscito con la fatica che sai a proporre e consolidare…”, scriveva Guerra il 14 maggio 2020, cioè il giorno in cui il rapporto An unprecedented challenge: Italy’s first response to Covid-19 elaborato dai ricercatori di Venezia guidati da Francesco Zambon fu ritirato a poche ore dalla pubblicazione. Documento poi scovato da Robert Lingard, l’ex responsabile della comunicazione del Comitato dei familiari delle vittime del Covid di Bergamo. “Stanno mettendo a rischio una discussione molto seria che è stata impostata anche in prospettiva G20 e di una relazione speciale tra Tedros e l’Italia”, aggiungeva Guerra nel messaggio. “Se fossi il ministro ci manderei tutti all’inferno”.

Il programma di Rai3 mette in relazione questo sms al ruolo politico internazionale che l’Italia stava tentando di ritagliarsi in vista del G20, la cui presidenza 2021 spetta al nostro Paese. Tra gli appuntamenti in agenda c’è il Global Health Summit, previsto per il 21 maggio a Roma e co-organizzato con la Commissione Ue, su cui Palazzo Chigi ha creduto molto sin dall’inizio, vista la centralità dell’Italia nella lotta alla pandemia. L’ipotesi dei cronisti di Report è che se il dossier di Zambon fosse stato divulgato così com’era, cioè con tanto di riferimenti a una reazione “caotica” e “improvvisata” della sanità italiana alla prima ondata, il prestigio del nostro Paese ne sarebbe uscito inevitabilmente intaccato. La trasmissione cita anche un altro documento riservato per ricostruire le relazioni di Guerra: si tratta di una relazione inviata a Tedros Adhanom Ghebreyesus (il numero uno dell’Oms), in cui lo avvisava di aver incontrato il 26 maggio scorso l’ex premier Massimo D’Alema in modo tale da ottenere il suo “influente supporto” all’Oms.

Il nome di Ghebreyesus ritorna più volte nella vicenda (“Alla fine sono andato su Tedros e fatto ritirare il documento”, scriveva sempre Guerra a Brusaferro il 14 maggio), ma un portavoce dell’Organizzazione che presiede ha fatto sapere che “non è stato coinvolto nello sviluppo, nella pubblicazione o nel ritiro del rapporto” redatto a Venezia. A tirare in ballo i vertici dell’Oms ora però è anche Der Spiegel, che in queste ore ha ricostruito l’intero caso. Prima che l’affare esplodesse, scrive il giornale tedesco, l’Organizzazione mondiale della sanità aveva cercato di collocare Zambon in un altro posto, cioè “in Bulgaria“, un paese “praticamente sconosciuto” all’esperto sanitario italiano. Dal suo punto di vista, “è stato un chiaro tentativo di metterlo a tacere come sospetto informatore e testimone“. Nella sua disperazione, continua lo Spiegel, “all’epoca Zambon scrisse direttamente anche il capo dell’Oms Tedros. Sostiene di non aver ricevuto risposta fino ad oggi”.

Per quanto riguarda Guerra, che è indagato dalla procura per falsa testimonianza, ieri il suo legale Roberto De Vita ha annunciato di aver diffidato il programma della Rai “dal pubblicare le chat” sul dossier di Venezia. Si dice “amareggiato” per l’accaduto e sostiene che le sue frasi siano state “estrapolate dal loro contesto”. Il presidente dell’Iss Brusaferro (non indagato), ha negato l’intervista tv e ha inviato una risposta scritta ai cronisti, dichiarando tra le altre cose che “non è compito di Iss né del suo Presidente intervenire sulla pubblicazione di documenti di organizzazioni internazionali”. Per quanto riguarda il ruolo di Speranza, resta da capire se sia stato informato costantemente di tutta la vicenda oppure no. Ai pm il ministro ha dichiarato che “il report è un documento del tutto indifferente per lo Stato italiano”, mentre a dicembre il suo staff non ha a fornito alcun chiarimento ulteriore a Ilfattoquotidiano.it, rimandando a un comunicato inviato anche a Report cui si leggeva che il dossier al centro del caso non è “un documento ufficiale dell’Oms e non è mai stato trasmesso al ministero della Salute che quindi non lo ha mai né valutato, né commentato. Ogni informazione in merito deriva da fonti non istituzionali”.

Alcune chat riportate nella rogatoria della procura, però, sollevano diversi quesiti. Il primo riguarda uno dei punti che i pm contestano a Guerra: “Quando ho interloquito con Zambon, – riferisce il direttore aggiunto Oms ai magistrati, come si legge nelle carte – ho domandato se nella predisposizione del report avesse avuto un confronto con la ‘controparte’, ossia con il Governo italiano; Zambon mi disse che avrebbe recepito alcune mie osservazioni, ma che non riteneva opportuno dal suo punto di vista contattare lo Stato italiano”. La procura sostiene però che in realtà sia avvenuto l’opposto. E cita una mail datata 14 aprile 2020, cioè un mese prima della pubblicazione del dossier, in cui Guerra scriveva a Zambon che il “ministro Speranza e ministra Pisano pronti a dare ok su supplì per medici di base. Più tardi invio loro le specifiche tecniche che possono essere poi da guida per chi farà il procurament. Ti ho aperto un’autostrada sulla narrazione, ma bisognerebbe condividere con Speranza un indice più aggiornato di quello che volete fare così che benedica anche questa parte“. I pm aggiungono che, “con l’invio di quanto richiesto”, lo stesso Zambon ringraziava Guerra “per la tua intermediazione con il Ministro“.

In altri messaggi tra il direttore aggiunto dell’Oms e Brusaferro viene tirato in ballo anche il capo di gabinetto del ministero della Salute, Goffredo Zaccardi. “Hola”, scrive Guerra il 18 maggio 2020 al presidente Iss. “Vedo Zaccardi alle 19. Vuoi che inizi a parlargli dell’ipotesi di revisione del rapporto dei somarelli di Venezia? Poi ci mettiamo d’accordo sul come?”. E Brusaferro: “Certo, va bene”. Due ore dopo la contro-replica: “CDG dice di vedere se riusciamo a farlo cadere nel nulla. Se entro lunedì nessuno ne parla vuole farlo morire. Altrimenti lo riprendiamo assieme. Sic.”. Lo scambio di messaggi citato dal provvedimento dei pm bergamaschi continua dieci giorni dopo, il 28 maggio 2020, quando Brusaferro riceve un testo in inglese diviso in punti. “È la mail “che ho inviato a Copenhagen e a Ginevra” (le sedi dell’Oms), spiega. Al punto 1 si parla del “Venice report” e Guerra scrive: “Capo di gabinetto e ministro hanno capito e non intendono sollevare problemi. Abbiamo concordato che sarà istituito un team da Iss e dal MOH per supportare il nostro staff a Venezia e me nel rimodellare il documento, con nuovi input e elementi tecnici che mancavano, aggiornandolo e rendendolo una ‘shared publication’“.

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