Cinema

Apples, l’anomala onda del cinema greco regala un film dalle atmosfere rarefatte e venato di una sottilissima ironia

Prendete nota: Bartosz Swiniarski è il direttore della fotografia e farà strada. Film d’apertura della sezione Orizzonti all’ultimo Festival di Venezia. Distribuisce Lucky Red

di Davide Turrini

“Avevi mai mangiato una mela così buona?”. A farla facile la riuscita del film Apples – dal 31 marzo 2021 su MioCinema – è già tutta in un titolo spia, esemplare, evidenziato con un pennarello rosso. Le mele uniche tracce, ricordo, segno di qualcosa che è involontariamente rimasto nella memoria del protagonista Aris (Aris Servelatis) improvvisamente piombato nella catalessi di un’amnesia che sembra colpire, senza avvisaglia alcuna, migliaia di persone in una Atene di stampo autunnale, astorica, atemporale, sostanzialmente analogica.

Il protagonista, finito all’ospedale, non è reclamato da nessun parente, amico, conoscente, così viene come riprogrammato da zero nel progetto “Nuova Identità”. Nulla di fantascientifico. Ad Aris viene assegnato un nuovo appartamento dove vivere e due medici gli lasciano quotidiane indicazioni su cosa fare per ricostruire una normale esistenza: imparerà ad andare in bicicletta, a ballare, ad avere un rapporto con una ragazza, fino a quando un piccolo dettaglio sembra come riaprire una voragine del suo vero passato. Dicevamo del titolo che lancia l’amo da cogliere convenzionalmente quando la storia sta per concludersi. Invece in mezzo, in quel durante, nel tempo del racconto della riprogrammazione si gusta un cinema dalle atmosfere rarefatte, spogliato bressonianamente di orpelli spaziali capziosi, concentrato sull’essenzialità di dettagli e gesti, venato di una sottilissima ironia.

Il regista Christos Nikou dà spesso aria sopra la testa di Aris (monumentale Servelatis come una specie di specchio barbuto di Daniel Day Lewis), dilata la durata di alcuni campi lunghi e medi urbani, cerca angolazioni di tre quarti da dietro il protagonista, e invece di perdere astrattamente e volontariamente il senso consequenziale del discorso, un po’ alla Lanthimos, o meglio alla “greek weird wave”, sa dove dirigere la storia e il suo antieroe.

La “nuova identità” sembra quindi anche essere quella di un percorso spettatoriale verginale, premoderno, lontano da smartphone e pc, immerso invece tra autoradio, registratori con musicassette, tv in bianco e nero (viste attraverso delle grate), e soprattutto l’uso di Polaroid per ricordare (memento Nolan…) le tracce di un nuovo presente. Anche l’incontro prima amicale poi decisamente sentimentale di Aris con Anna (Sofia Georgovasili), altra affetta da amnesia, che percorre assieme al protagonista il suo percorso rigenerativo, sboccia prima in una vecchia sala cinematografica dove danno Non aprite quella porta e ha una sorta di apice interrotto con un twist anni cinquanta in una pista da ballo. Prendete nota: Bartosz Swiniarski è il direttore della fotografia e farà strada. Film d’apertura della sezione Orizzonti all’ultimo Festival di Venezia. Distribuisce Lucky Red

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