Per la seconda Pasqua segnata dalla pandemia Papa Francesco ha scelto un’immagine molto eloquente per il suo tradizionale biglietto augurale. Si tratta della celebre e maestosa scultura del Cristo risorto, “Resurrezione”, realizzata da Pericle Fazzini nel 1977 che domina l’Aula Paolo VI in Vaticano. È significativo che, proprio nel periodo in cui le udienze del Papa, in particolare quelle generali del mercoledì, sono chiuse ai fedeli per evitare il contagio del Coronavirus, sia stato scelto da Bergoglio uno dei più famosi e riconoscibili simboli che caratterizzano l’abbraccio dei Papi con la gente che proviene da ogni parte del mondo.

Una scelta per nulla casuale perché proprio nel 2021 ricorrono i cinquant’anni dall’inaugurazione dell’Aula Paolo VI, avvenuta il 30 giugno 1971, realizzata per volere di Papa Montini di cui porta il nome e progettata dall’ingegnere Pier Luigi Nervi. Una storia dell’ingegno italiano e un ulteriore segno del mecenatismo dei Papi, della valorizzazione che in ogni epoca hanno sempre saputo fare delle numerose arti.

Monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, ha raccolto in un bellissimo libro fotografico la storia dell’Aula Paolo VI. Il testo si intitola La Chiesa deve osare (Edizioni Viverein) riprendendo nel titolo alcune parole di Montini. Sapienza ricorda la genesi di quel progetto: “Maggio 1964: Paolo VI incontra l’ingegnere Pier Luigi Nervi e lo invita a costruire un luogo adatto per accogliere le folle sempre più numerose di fedeli e pellegrini, incoraggiandolo ‘a tentare opera non meschina o banale, ma cosciente della sua privilegiata collocazione e della sua ideale destinazione’”.

Sapienza scrive che “il famoso architetto domanda a Paolo VI se, a due passi dalla cupola michelangiolesca, avrebbe potuto ‘osare’. Il Papa risponde: ‘Osi! Bisogna saper osare al momento giusto!’. Paolo VI confermava, così, quanto pensava Jean Guitton: ‘Ha una mentalità da architetto. Ha il senso dello spazio e del tempo. Nella sua natura vi è un bisogno di grande attenzione, di esattezza’”.

Monsignor Sapienza non nasconde che “da quel primo incontro con Paolo VI, Nervi uscì scosso e turbato. La sola idea di dover costruire un edificio all’ombra della Basilica di San Pietro gli procurava un autentico tormento interiore. Tuttavia, incoraggiato dalle parole del Papa, ritrovò l’abituale, coraggioso entusiasmo. E oggi possiamo dire che siamo al cospetto di un atto consapevole di ‘ardimento’, ma anche davanti ad un atto di nobile umiltà. L’aula delle udienze, che celebra i cinquanta anni di vita, è la visione, trasformatasi in pietra, dei suoi coraggiosi ideali creatori: Paolo VI e Pier Luigi Nervi”.

Secondo i calcoli pubblicati da monsignor Sapienza, in mezzo secolo, tra udienze e altre manifestazioni che si sono svolte alla presenza di Montini, Luciani, Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio, oltre 12 milioni di fedeli hanno varcato la soglia dell’Aula Paolo VI. Un numero che rende bene l’idea di ciò che ha rappresentato e rappresenta questo luogo dove spesso gente di ogni lingua e cultura ha l’occasione per abbracciare il Papa.

“‘Osare’: credo – scrive Sapienza – sia sempre stato lo spirito con cui Montini ha affrontato il suo ministero: osare sempre con fiducia, per l’avvenire della Chiesa, correggendo gli arbitrii dottrinali e disciplinari, che sorgevano soprattutto dopo il Concilio; ma anche incoraggiando e aprendo nuove strade per l’annuncio del Vangelo in un mondo in continua e veloce evoluzione”.

Sapienza non nasconde che “il pontificato di Paolo VI ha attraversato un periodo travagliato della storia; un periodo che richiedeva un grande coraggio, una grande forza d’animo, e in modo tutto speciale, il coraggio della verità. Montini ha dimostrato questo coraggio, che dice maturità umana, vigore di spirito ed ardimento di volontà, capacità di amore e di sacrificio. Cosciente che chi sa tutto soffrire, può tutto osare”.

Articolo Precedente

Di fronte a un futuro guidato da pochi colossi, l’unica alternativa è ridare potere ai cittadini

next
Articolo Successivo

Le frasi senza senso negli spot di auto li rendono in qualche modo ‘pericolosi’

next