“Se non avete un personal computer o la rete a casa venite da noi”. Ad invitare i bambini e i ragazzi bolognesi che fanno fatica a fare la didattica a distanza dalla propria abitazione sono il cardinale Matteo Zuppi. Se le aule chiudono, le parrocchie aprono. Dalla settimana prossima venti preti della città e altri diciotto del territorio provinciale cominceranno a dare la possibilità ai bambini e ai ragazzi senza Giga e device, di collegarsi con i loro insegnanti dalle canoniche. Un’iniziativa condivisa anche dal centro sociale Tpo.

Il progetto è stato promosso dall’ufficio della pastorale scolastica e dall’Agesci che coordinerà i gruppi degli allievi. Un’occasione per vincere la solitudine o la difficoltà di studio grazie a persone, adulti e giovani, disponibili ad aiutarli. Nel rispetto dei protocolli sanitari e del distanziamento, con questo progetto, la diocesi e gli scout cercano di essere di aiuto ai bambini e ai giovani. “Pur nelle difficoltà della pandemia – spiegano gli organizzatori – ci impegniamo per loro: l’antidoto all’indifferenza è fare scelte di concretezza per aiutarsi, tutti e insieme”.

Una risposta concreta ad un invito che la conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna, aveva fatto già a gennaio: “Le nostre comunità cristiane, che in quest’ultimo anno si sono rese ancora più creativamente vicine alle persone colpite dalla pandemia, avvertono – scrivevano i vescovi – con particolare forza la criticità di questa situazione e potrebbero intensificare questa vicinanza, favorendo l’alleanza educativa, più volte richiamata dal Papa, fra famiglie, scuole e studenti”.

La disponibilità messa in campo dalla Chiesa emiliano-romagnola rientra nei “patti di comunità” da condividere con enti locali e associazioni di volontariato, sulla base dell’esigenza degli studenti e delle scuole. Ma non solo le parrocchie hanno teso la mano ai bambini e ai ragazzi in difficoltà.

Anche al centro sociale “Teatro polivalente occupato” hanno aperto le porte per accogliere gli studenti che faticano a fare lezione a casa per diversi motivi: “Da sempre – spiega Christopher Ceresi – abbiamo attivo un dopo scuola che coinvolge circa 45 ragazzi e bambini della primaria e della secondaria di primo grado. Andando a distribuire i pacchi alimentari con le brigate del muto soccorso, ci siamo accorti che molte famiglie avevano dei seri problemi a far fare didattica a distanza ai loro figli”.
Al Tpo abbiamo capito che i problemi per questi alunni erano diversi: “Non è solo una questione di device che mancano. A volte questi ragazzi non hanno lo spazio fisico e psicologico per concentrarsi. A quel punto abbiamo pensato di mettere a disposizione la nostra connessione e di far venire al centro chi abita più vicino. Abbiamo iniziato in questi giorni e aumentano sempre più quelli che arrivano a fare lezione online al Tpo”. Ceresi lancia anche un appello: “Se avete dei computer portateceli. Servono a questi ragazzi”.

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