“Voleva andare in carcere con una pelliccia che costava milioni, le dissi che non era il caso e le offrii il mio giaccone verde. Promise di restituirmelo, non è stato così, ma poco importa”. Carmine Gallo è l’ispettore capo della polizia che il 30 gennaio 1997 notificò a Patrizia Reggiani l’ordine di custodia cautelare in carcere per la morte dell’ex marito, Maurizio Gucci, assassinato due anni prima. L’ultima foto prima dell’ingresso a San Vittore la ritrae proprio a fianco del poliziotto mentre viene scortata all’uscita degli uffici della Criminalpol in piazza San Sepolcro a Milano. Ha il viso nascosto dagli occhiali da sole e indossa la sua giacca. A 24 anni di distanza, Gallo svela all’Adnkronos nuovi dettagli su quel giorno che presto finirà sul grande schermo grazie al film che Ridley Scott sta girando in Italia con Lady Gaga, Al Pacino e Adam Driver. “Pochi giorni fa sono sceso per prendere un caffè, l’ufficio dove lavoro è vicino piazza del Duomo, e ho visto Lady Gaga nei panni della Reggiani, devo dire che le somiglia tanto. Ammiro il talento del regista e so che nel cast c’è Al Pacino, spero sia lui a interpretarmi”, dice scherzando. Al Pacino in realtà sarà Aldo Gucci, primogenito del fondatore del marchio di moda internazionale. Al centro della storia c’è il delitto del 27 marzo 1995, per cui Reggiani ha scontato 20 anni di carcere con l’accusa di essere mandante dell’omicidio.

“Una sera veniamo contattati telefonicamente da un informatore: ‘Se vi interessa so molte cose sull’omicidio Gucci’. Lo incontro in un in bar in zona Lambrate e mi racconta che il portiere dell’albergo a ore in cui alloggia ha partecipato, insieme a una donna, alla fase organizzativa del delitto”, racconta Gallo. “Lui deve ripartire, noi gli chiediamo di restare. Riporto la notizia al pm Carlo Nocerino che indaga sul caso. Siamo scettici, la pista che si segue è un’altra ma ci concede fiducia“. Il portiere è Ivano Savioni, l’uomo che fa da tramite con i killer. La donna invece, è Giuseppina Auriemma, amica della vedova. “L’omicidio è volontà della Reggiani, vuole Gucci morto ma non vuole mollare il cognome, riferisce l’informatore”. La procura inizia quindi a indagare su persone vicine alla famiglia Gucci e la notizia sortisce gli effetti sperati. “Auriemma, che si trova a Napoli, annuncia a Savioni il suo arrivo, devono parlare. Mettiamo una microspia in macchina e le parole della donna non lasciano dubbi: ‘Ci dobbiamo preoccupare? Non è che la signora si lascia scappare qualcosa?'”, continua l’ex ispettore. “All’informatore, accento colombiano e nervi saldi, abbiamo chiesto di continuare a estorcere informazioni. Si era presentato come pericoloso criminale e Savioni gli continua ad aggiungere particolari sulla macchina verde usata per raggiungere via Palestro, la pistola usata e la reazione del portiere rimasto ferito nell’agguato”.

Le indagini portano quindi a Benedetto Ceraulo, poi identificato come esecutore materiale del delitto, e a Orazio Cicala che ha fatto da autista. I due, preoccupati dalle notizie di stampa, chiedono altri soldi e in caso di rifiuto si dicono pronti a uccidere la Reggiani. Tra pedinamenti, intercettazioni e l’identikit fatto dal testimone, il quadro diventa chiaro. A quel punto il gip Maurizio Grigo autorizza gli arresti. “Fino alle 2 di notte la Reggiani era al telefono, abbiamo suonato alla sua porta in corso Venezia intorno alle 5, ma visto che dormiva e non apriva siamo stati costretti a sfondarla”, conclude Gallo all’Adnkronos. “Era in vestaglia, non si è allarmata o scomposta, ci ha solo chiesto ‘voi chi siete?’. Si e seduta sul divano, ha letto l’ordinanza in cui la si accusava di concorso in omicidio e detto ‘è stato un incidente, chiarirò tutto'”.

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