La scuola torna al centro dell’attenzione e come sempre ci si divide su tutto, anche sulla Dad. Da una parte milioni di docenti, studenti, genitori che non sopportano la didattica a distanza; dall’altra quanti difendono la didattica digitale perché innovativa e consente discreti risultati. Ma adesso c’è Draghi, dicono, e risolve ogni cosa. Intanto, il primo Dpcm, con la chiusura delle scuole nelle zone rosse, e la decisione di non decidere per le altre regioni, la dice lunga sul metodo di Supermario:

a) non mettere la faccia sui provvedimenti spinosi;
b) delegare/esporre i ministri;
c) costringere le giunte regionali a gestire il problema scuola e i conflitti, gli interessi, le proteste del territorio. Per essere un tecnico, Draghi si muove da consumato politico.

Ma torniamo alla scuola e alle divisioni interne: docenti e studenti anti Dad hanno buoni argomenti: l’angoscia di stare davanti a uno schermo tante ore; la difficoltà di restare concentrati, attenti, efficienti; la fatica di relazionarsi con compagni e docenti attraverso immagini virtuali, eccetera. Quanti giustificano la didattica a distanza, invece, dicono che è errato parlare di scuola chiusa, che i docenti stanno fornendo un “servizio”, che la didattica digitale funziona.

Chi ha ragione? Quale tesi è più convincente? In verità c’è una terza posizione: quella di quanti preferirebbero certo la didattica in presenza (di cui riconoscono l’efficacia) ma nelle condizioni date – dicono – “ci adattiamo alla didattica digitale perché urge convivere con l’emergenza in cui il virus ci ha gettati”. Qui è la parola “gettati” che invita a riflettere, poiché se è vero che la pandemia ci getta in una condizione di estrema difficoltà, è anche vero, per dirla con Heidegger, che l’essere “gettati nel mondo” (con tutte le conseguenze) è la nostra condizione esistenziale, partendo dalla quale dobbiamo costruire un “pro-getto”. Personale, ma anche politico. Non sorprenda il richiamo al “progetto”, perché letto in chiave politica mostra a che punto siamo col governo del “monarca” Draghi.

Si è detto sui giornali che il governo Conte non aveva una visione, non volava alto, non aveva un progetto. Bene. Dov’è il progetto nelle mosse di Supermario? C’è solo una politica orientata a destra. Lo dice l’arrivo di poliziotti e generali nel governo; il peso di Lega e Fi; ma anche, per tornare al nostro tema, la mancanza di idee per la scuola: si chiuda nelle zone rosse – s’è deciso – e nelle altre se la vedano i presidenti di regione. Fine. Non producono altro le teste d’uovo al governo.

Anzi. Si nota un peggioramento della politica scolastica: il ministro Bianchi s’aggrappa alla pandemia e prova a giustificarsi, ma “il modello Francia” indica un’altra strada: si chiudono bar, musei, teatri, per non chiudere le scuole; “la difesa dell’istruzione è una priorità” è lo slogan Oltralpe, e così dimezzano i giorni di lezione persi rispetto a noi. Giusta la protesta di sindacati, movimenti, studenti in Italia: “Chiudono le classi, restano aperti altri spazi di socializzazione. Un paradosso”.

Dove sono il rispetto e l’attenzione per i temi e i problemi della scuola? Fosse stato Conte così contraddittorio l’avrebbero linciato. Ma il “monarca” Draghi può. Gli si concede tutto. Anche di “non mostrarsi”. Anche di non parlare agli italiani. Anche di governare coi generali. Draghi uomo modesto? In verità ha un orgoglio sconfinato ed è premier calato dall’alto: Draghi non ha bisogno del voto degli italiani, non ha bisogno degli italiani. Li governa e basta.

Negli anni Sessanta Jean-Paul Sartre criticò una certa torsione autoritaria della politica francese. Riporto le sue frasi al presente (cambiando due parole), è come se parlasse dell’Italia: “Io non credo in Dio, ma se mi si proponesse di scegliere tra lui e l’attuale premier, preferirei Dio: è più modesto. Reclama tutto il nostro amore e il nostro infinito rispetto, ma ho sentito dire da alcuni preti che in cambio ci ama. Il nostro monarca, invece, esige, sì, che lo si rispetti, ma temo proprio che non ci rispetti affatto. In una parola, Dio ha bisogno degli uomini e il premier Draghi non ha bisogno degli italiani”.

Mattarella l’ha imposto impedendo di andare alle urne. “Diritti? Volontà popolare? Democrazia? Parole.” Così Sartre. Sapeva quel che diceva.

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