La gestione della pandemia che “ha cambiato il corso della storia“, la “responsabilità” della politica in una fase così delicata e l’Europa come progetto da rilanciare. Perché l’europeismo “non è una moda”, e se dev’essere alla base delle azioni dei governi, va perseguito con approccio “critico” e non “fideistico”. Giuseppe Conte è tornato in cattedra all’università di Firenze dopo le dimissioni da presidente del Consiglio e lo ha fatto con un discorso che non solo guarda al passato della sua esperienza politica, ma traccia un’orizzonte chiaro per la sua carriera politica del futuro. L’intervento, trasmesso sul canale Youtube dell’università, era dedicato al Covid (“Tutela della salute e salvaguardia della economia: lezioni dalla pandemia”, era il titolo), ma nei contenuti e auspici Conte è andato ben oltre.

Se infatti, di fronte alle spinte sempre più forti del Movimento perché torni da leader, ancora non scioglie la riserva, nel frattempo agli studenti della scuola di giurisprudenza si è presentato con un discorso che, sotto molti punti, ricorda un vero e proprio programma politico. Tanto che, dopo aver passato in rassegna le tappe più importanti nella gestione della pandemia, dal caso 1 di Codogno alle trattative per il Recovery fund, ha stilato l’elenco degli obiettivi per riformare e rilanciare l’Unione europea. In modo che sia più forte e coesa, a partire dal rafforzamento delle istituzioni (con tanto di aggiunta di strumenti di democrazia diretta) fino ad arrivare a una politica migratoria basata sulla solidarietà della redistribuzione. Perché solo così, ha detto, si potrà far fronte ai “venti nazionalisti”.

Un discorso non solo da professore ritrovato, ma piuttosto da chi aspira a un nuovo percorso politico. E lo fa da ex premier che, se rientrerà davvero sulla scena, lo farà puntando in alto. Conte ha parlato agli studenti e non ha lasciato trapelare niente di ufficiale, in pubblico, del suo futuro. Ma la sua “lezione” ha fatto intendere chiaramente che la vera aspirazione non sarà solo quella di tornare in cattedra. I 5 stelle dal canto loro hanno ascoltato e preso appunti: ora aspettano il vertice con Beppe Grillo e sperano che da lì esca la soluzione migliore per la leadership. E se il Pd conferma il raffreddamento sul progetto di alleanza che vorrebbe Conte come federatore, per l’ex presidente del Consiglio il ritorno alla guida del Movimento, un M5s che sia “nuovo” nella base e nella struttura, rimane la strada principale per stare in politica.

Lo sguardo al futuro: il rilancio del progetto Europa – Conte, non è un caso, ha deciso di dedicare gran parte del suo discorso agli studenti all’Unione europea. Perché la pandemia ha cambiato la storia dell’Ue, a partire dalla solidarietà tra gli Stati, e l’ex premier non solo vuole intestarsi parte della responsabilità di quella svolta, ma vuole anche che il suo piano politico riparta da quel punto. “Il percorso” per arrivare al Recovery fund, ha ricordato, “è stato faticoso, sin dalle prime discussioni che si sono caratterizzate per una tenace resistenza da parte della maggioranza dei governi degli Stati”. Stati che si accontentavano del Mes, “pensato per shock asimmetrici e comunque inadeguato a fungere da strumento di ricostruzione del mercato unico dopo una crisi così devastante”. Lì è stata invertita una rotta e da lì Conte propone di ripartire. “Quale Europa vogliamo, di quale Europa abbiamo bisogno, come ci percepiamo e rappresentiamo noi stessi nel continente europeo? Sono domande che interpellano la nostra intelligenza, la nostra coscienza, che richiedono un patto intergenerazionale“, ha detto.

Domande fondamentali, soprattutto ora che l’europeismo è diventato per molti “una moda”. Una frase che subito è suonata come un’accusa, più o meno esplicita, al Carroccio che, dopo aver fatto della battaglia all’Unione europea uno dei pilastri del suo programma, ora aderisce al governo proclamato europeista di Mario Draghi. E proprio quelle erano le forze politiche che fino a poco prima predicavano l’isolamento: “Le esperienze della solitudine e dell’isolamento possono essere molto pesanti per i singoli individui, ma diventano gravi iatture per gli Stati nazionali“, ha detto. Ora “siamo chiamati a operare uno sforzo comune, alimentato da grande senso di responsabilità: abbiamo il compito di rilanciare il progetto europeo”.

E, ha detto ancora, “il modo migliore per contrastare i ripiegamenti identitari è lavorare, con lungimirante concretezza, per rafforzare la credibilità e l’affidabilità della comune casa europea. Altrimenti, quando il vento cambierà e torneranno a spirare i venti nazionalisti, sarà molto complicato riuscire a contrastarli con la forza di soluzioni solide ed efficaci”. Quindi Conte ha elencato una serie di obiettivi da realizzare nei prossimi mesi che, in tutto e per tutto, hanno fatto pensare a un vero programma politico. E in quei punti si ritrovano molti dei temi portati avanti con il governo giallorosso, ma anche tematiche molto care ai 5 stelle. Intanto, ha detto, serve “rafforzare l’ordinamento democratico europeo, potenziando il ruolo e i poteri del Parlamento europeo, riconoscendogli anche un potere generale di accountability rispetto alle altre Istituzioni e introducendo istituti di democrazia diretta, in modo da scongiurare la diffusa percezione da parte dei cittadini che le politiche europee vengano decise in luoghi poco accessibili e in ambienti tecnocratici”.

Poi “mettere al centro delle politiche europee il lavoro quale strumento di “dignità sociale” dei cittadini europei“. Ovvero assisterli di fronte a disoccupazione e difficoltà economiche. Quindi “rafforzare una governance economica che sia basata su un effettivo equilibrio fra condivisione e riduzione dei rischi”. E “un bilancio dell’area-euro che sia dotato di una funzione di stabilizzazione è da favorire perché migliorerebbe la competitività e la convergenza”. Non da ultimo, Conte ha messo l’accento sulla necessità di “una politica migratoria che offra una prospettiva di gestione dei flussi migratori davvero europea, costruita sull’equa condivisione della responsabilità e sulla solidarietà della redistribuzione, perché le migrazioni sono fattori di divisione e alimentano gli egoismi nazionale”.

Tutto questo, ha detto Conte, è necessario per avere “un’Europa più forte, più ambiziosa, più coesa”, che dialoghi con gli Stati Uniti, ma pure con “altri stakeholder, come Russia e Cina”. “Il chiaro indirizzo metodologico è il multilateralismo“, per raggiungere una “responsabilità condivisa”. E in questa prospettiva, si inserisce, ha aggiunto, anche il “patto per il vaccino”, sottoscritto nei mesi scorsi insieme a vari leader tra cui Merkel, Macron, Michel, von der Leyen, “che ha riconosciuto il vaccino come bene pubblico globale unico del 21esimo secolo”.

Il passato: come si è arrivati al lockdown – La prima parte del discorso di Conte è stata invece dedicata al passato. L’ex premier ha iniziato ripercorrendo le fasi sulla gestione della pandemia, gli strumenti utilizzati e le scelte che il suo esecutivo ha dovuto affrontare. “L’emergenza che stiamo vivendo è la sfida più severa e pervasiva che il nostro Paese è chiamato ad affrontare dal secondo dopoguerra ad oggi”, ha esordito. In questa situazione, “ogni decisione che i governi sono stati chiamati ad assumere ha assunto i connotati di una scelta tragica“. Tragica per la portata e gli effetti “sulla vita e sulla salute dei cittadini”. L’Italia è stata la prima a dover far fronte alla pandemia e questo ha costretto la politica a prendere decisioni a loro modo senza precedenti, “scelte risolute e del tutto inedite“. E proprio, fin dalle prime mosse, “le difficoltà di gestione sono apparse subito evidenti“. In quelle ore, “siamo partiti da una considerazione assiologica, da una premessa valoriale: nella nostra Carta costituzionale il diritto alla salute è l’unico ad essere espressamente definito come fondamentale”, ha detto. E soprattutto, man mano che passavano i giorni, si è rivelato come, secondo l’ex premier, sia “ingannevole il dilemma che prefigura un’alternativa tra tutela della salute e tutela dell’economia”. E “già dalle prime valutazioni empiriche appare chiaro che la tutela prioritaria della salute ha consentito di difendere meglio anche il tessuto produttivo del Paese e che le economie più resilienti si stanno dimostrando quelle in cui sono state introdotte adeguate misure contenitive del contagio, accompagnate da interventi di sostegno alle famiglie e alle imprese”.

Gli strumenti normativi: perché i dpcm – “Ci siamo affidati al principio di massima precauzione”, ha detto Conte. Un principio che è stato via via modificato, fino ad arrivare al sistema di monitoraggio a zone attuale. Per quanto riguarda gli strumenti normativi, ha ricordato l’ex premier, “la nostra Costituzione non conosce una esplicita disciplina dello stato di emergenza“. E proprio la scelta sulla “tipologia dei provvedimenti e le modalità procedimentali”, è stato “uno dei problemi più delicati”. Ma è stato definito “un percorso”. “In materia sanitaria allo Stato spetta la disciplina dei principi fondamentali mentre alle Regioni e alle Province autonome spetta l’organizzazione dei servizi sanitari”, ha ricordato Conte. In questo senso, “non abbiamo mai preso in considerazione la possibilità di esercitare il potere sostitutivo dello Stato anche per un indirizzo squisitamente politico: abbiamo preferito coltivare un costante dialogo con le autorità territoriali nella convinzione che il coinvolgimento dei vari attori istituzionali ci avrebbe garantito una maggiore coesione nazionale”.

La strategia “è stata costruita su tre pilastri: ordinanze del ministro della Salute, dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, l’adozione di decreti legge e Dpcm“. Quindi Conte è tornato a difendere la scelta di far ricorso ai tanto contestati (fino a ieri) dpcm: “Non sarebbe stato possibile lasciare l’intera regolamentazione ai solo decreti legge per l’imprevedibilità della pandemia e i tempi della conversione del decreto in legge. C’era la necessità di uno strumento agile per intervenire prontamente”. Del resto, anche il nuovo governo Draghi ha già fatto ricorso al dpcm per l’introduzione delle nuove misure.

Conte si è poi soffermato del delicato rapporto tra scienza e politica, delle difficoltà degli ultimi mesi e gli effetti sull’opinione pubblica: “Considero un bene il dibattito tra politica e scienza” anche se “alla politica e solo alla politica spetta l’assunzione finale di responsabilità”, ha detto. Perché “non si può demandare alla scienza la scelta unica. Alla politica spetta l’assunzione finale di responsabilità”. Un richiamo all’importanza del ruolo della politica, alla quale poi verrà chiesto conto degli effetti delle proprie azioni. E, a questo proposito, ha citato l’aneddoto di uno scienziato che, nei mesi scorsi, gli disse: “Io metterei il Paese in un perenne lockdown, ma finirei per trascurare tutti gli altri interessi in gioco”. Ecco, ha detto Conte: “Soltanto la politica può governare la complessità, facendosi carico del destino di un’intera comunità“.

Il messaggio agli studenti. E dopo? – L’ex presidente del Consiglio ha chiuso il suo discorso con un messaggio agli studenti, invitandoli a “coltivare incertezza e dubbio”. “Il dubbio è il giusto antidoto contro la trappola delle illusioni e delle false certezze“, ha detto. “E’ il motore della conoscenza scientifica. L’importante è che il dubbio non tramuti in diffidenza paralizzante”. E, pure, “bisogna sapere anche che il dubbio incontrollato e illimitato si trasforma nella certezza paranoica che è tutto falso o menzognero. Bisogna anche saper dubitare del dubbio”. Quanto in quella trappola di illusioni e false certezze ci sono indizi sulle aspirazioni personali di Conte? Probabilmente pochi. Com’era prevedibile, l’ex premier non ha detto niente di più e per avere un’indicazione chiara sul suo futuro bisognerà aspettare ancora. Rumors dicono che, parlando con il rettore Luigi Dei, il professore ha definito gli impegni didattici per il secondo semestre: terrà lezioni, conferenze e seminari per i corsi di laurea di giurisprudenza, nonché dei corsi del dottorato di ricerca. Intanto domenica, salvo sorprese dell’ultimo minuto, lo stato maggiore del Movimento 5 stelle si radunerà a Marina di Bibbona con Grillo per parlare di leadership e di futuro. Quindi di Conte e del suo possibile ritorno. “Se così fosse però, dovrebbe tornare in aspettativa”, ha assicurato il rettore. Insomma, le strade sono chiare, ora tocca all’ex presidente del Consiglio prendere una decisione.

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