In casa M5s non sono bastati le 15 espulsioni annunciate dal reggente Vito Crimi per chi non si era espresso a favore del governo Draghi, né gli appelli del garante Beppe Grillo, per frenare il fronte dei ribelli nel giorno del voto di fiducia alla Camera dei deputati. Altri sedici voti contro, quattro astenuti, mentre in dodici decidono di disertare la votazione in modo tattico: questa è stata la fotografia del dissenso targato M5s. Una spaccatura evidente, alla quale hanno preso parte anche nomi pesanti, come l’ex sottosegretario all’Economia Alessio Villarosa (astenuto e critico verso l’esecutivo) e la stessa vicepresidente della Camera, Maria Edera Spadoni, che invece non ha partecipato. “Se mi sento già espulso? Chiedete a Crimi, non sono io che prendo le decisioni”, taglia corto proprio Villarosa, cercando di evitare i giornalisti dopo la votazione.
Tra i 16 no del M5s le posizioni e le decisioni sono però diverse, personali, alcune inaspettate: “Una scelta sofferta, ma non potevo accettare di poter ridare il mio voto a un governo con la Lega e Forza Italia“, ha spiegato a IlFattoquotidiano.it Doriana Sarli, tra i volti più a sinistra, già nota per le sue battaglie sui diritti. La stessa che si dice “lontana dalle posizioni di Alessandro Di Battista“, che aveva invitato a “costruire un’opposizione“. Eppure, tra i dissidenti c’è chi guarda già oltre il Movimento, considerate le espulsioni in arrivo. C’è chi come il senatore Mattia Crucioli ha già evocato lo scenario di nuovo gruppo parlamentare che raccolga i ribelli. Altri deputati per ora non si sbilanciano: “Non ci ho ancora pensato, ma certo servirà dare rappresentanza a determinate istanze”, spiega Alvise Maniero. Convinto che “a essere espulso dovrebbe essere il reggente Crimi, da troppo tempo in regime di proroga” e accusato di giravolte sulla linea politica.
Non è l’unico a contestare le scelte del Movimento: “Non potevo votare la fiducia, ora sono a posto con la mia coscienza”, spiega il deputato Giovanni Russo. “Nei valori di quanti ancora ci credono io mi ritroverò sempre. Poi ci sarà tempo per pensare a possibili ricorsi, ci penseremo da domani: la ferita è ancora aperta”, riflette amaro. “Cosa faremo? Ancora non lo so, speriamo almeno di continuare a fare qualcosa di buono in Parlamento. Magari di fronte a numeri così rilevanti pure tra i vertici ci sarà da riflettere”, fa eco Sarli. Per i vertici e l’ala “governista” del M5s, invece, non c’è spazio per ripensamenti sui procedimenti disciplinari e sulle espulsioni. “Le regole sono chiare e vanno rispettate”, ribatte l’ex viceministra all’Economia, Laura Castelli, che punta alla conferma al dicastero di viale XX Settembre. “Mi spiace per colleghi come Villarosa, ma l’astensione, così come il voto contro, non rispecchia la linea data dagli iscritti su Rousseau. Nemmeno chi è stato al governo può essere al di sopra delle regole”, aggiunte pure Manlio Di Stefano, già sottosegretario agli Esteri nell’ultimo esecutivo Conte. Mentre Carlo Sibilia, sottosegretario uscente al ministero dell’Interno, è certo che a uscirne indebolito sarà comunque il Movimento 5 Stelle: “Meno determinanti anche al governo? I numeri in meno peseranno”, ammette.
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