Bis al Quirinale? Mattarella ricorda Segni e la sua proposta sulla “non rieleggibilità del presidente della Repubblica”

In occasione dei 130 anni dalla nascita di Antonio Segni, quarto presidente della Repubblica della storia italiana, Sergio Mattarella ha affidato a un lungo comunicato il ricordo istituzionale di un “uomo tenace”, dalla “personalità politica eminente nell’Italia della riconquistata libertà e della costruzione democratica”. Nel suo messaggio, il capo dello Stato ha ricostruito la storia politica di Segni, gli incarichi di governo iniziati con il Comitato di liberazione nazionale, le due esperienze a Palazzo Chigi e il mandato al Quirinale, durato “poco più di due anni e mezzo” a causa di “una grave e improvvisa malattia“. Ma ha anche fatto un riferimento – affatto casuale – alla proposta di riforma costituzionale che l’ex capo dello Stato avanzò a inizio anni Sessanta. “In occasione dell’avvio della IV legislatura repubblicana”, scrive Mattarella, il presidente Segni segnalò “l’opportunità di intervenire sui meccanismi di elezione e nomina dei giudici costituzionali” ed espresse anche “la convinzione che fosse opportuno introdurre in Costituzione il principio della ‘non immediata rieleggibilità‘ del Presidente della Repubblica”.
Secondo Segni, “la durata settennale della carica è ‘sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato‘. Inoltre – aggiungeva – ‘la proposta modificazione vale anche ad eliminare qualunque, sia pure ingiusto, sospetto che qualche atto del Capo dello Stato sia compiuto al fine di favorirne la rielezione‘. Da lì, ricorda sempre Mattarella, l’affermazione che ‘una volta disposta la non rieleggibilità del Presidente, si potrà anche abrogare la disposizione dell’art.88 comma 2° della Costituzione, che toglie al Presidente il potere di sciogliere il Parlamento negli ultimi mesi del suo mandato‘. Si tratta della spesso citata norma del semestre bianco, cioè il periodo durante il quale il capo dello Stato non può indire nuove elezioni per evitare che, visto il mandato in scadenza, possa alterare la nomina del suo successore. Secondo Segni, infatti, è una disposizione che “altera il difficile e delicato equilibrio tra poteri dello Stato e può far scattare la sospensione del potere di scioglimento delle Camere in un momento politico tale da determinare gravi effetti”.
La scelta dell’attuale inquilino del Colle di citare questa proposta di riforma costituzionale va a chiudere del tutto la porta a chi, nel corso degli ultimi mesi, ha ventilato l’ipotesi che lui stesso possa essere riconfermato nel 2022, quando il Parlamento sarà chiamato a eleggere il prossimo presidente della Repubblica. Una partita decisiva per il Paese e a cui tutte le forze politiche stanno già pensando, anche in queste ore di trattive per la nascita di un nuovo esecutivo. Un precedente esiste già: è Giorgio Napolitano, che nel 2013, di fronte allo stallo dei partiti subito dopo le elezioni accettò di svolgere un secondo mandato (anche se a tempo, visto che si dimise due anni dopo, nel gennaio 2015). Ma Mattarella, citando Segni, sembra aver già fatto capire quali sono le sue intenzioni.
“La figura e l’opera di Antonio Segni – conclude il capo dello Stato nel suo messaggio – appartengono alla storia repubblicana, che lo annovera tra gli artefici della ricostruzione e dello sviluppo del Paese”. “Due volte Presidente del Consiglio fu anche ministro degli Affari Esteri, dell’Interno, della Difesa e della Pubblica Istruzione. Erano anni nei quali prendeva via via corpo la piena attuazione dei principi e delle disposizioni della Carta costituzionale e fu proprio durante il primo governo Segni che avvenne l’insediamento della Corte Costituzionale. Con il suo governo l’Italia entrò a far parte delle Nazioni Unite e fu tra i sei Paesi fondatori della Comunità Economica Europea, il cui Trattato reca la firma di Segni: due pietre miliari destinate a caratterizzare tutta la politica estera della Repubblica. Atlantista ed europeista convinto (fu il secondo italiano, dopo Alcide De Gasperi, cui venne attribuito il Premio Carlo Magno di Aquisgrana), operò con convinzione per la pacificazione e la resurrezione dell’Europa dopo il conflitto mondiale. In occasione della sua visita al campo di sterminio nazista di Dachau, nel 1963, da Presidente della Repubblica, citando il poeta tedesco Novalis, indicò la prospettiva di un’Europa “unica comunità, senza considerazione di frontiere“.
Resta in contatto con la community de Il Fatto Quotidiano