Quanto è triste il mondo (s)quadrato, fondato su certezze incrollabili della lady di ferro – già ministro dell’Istruzione – Letizia Moratti Brichetto, oggi assessore alla sanità della Lombardia devastata dal Covid, da Gallera e dalla presidenza di Attilio Fontana. E’ un mondo triste perché – senza pudore – si può annoverare tra i criteri per l’erogazione dei vaccini il contributo delle regioni in base al Pil.

A nulla sono valse le smentite dell’ex sindaco di Milano, oggi vicepresidente della Regione Lombardia, peraltro confutate proprio dal fattoquotidiano.it. La proposta indecente della Moratti si basa inequivocabilmente su una visione proprietaria, da razza padrona, persino del diritto universale alla salute, sancito dall’art. 32, nella cornice di vari principi fondamentali della Costituzione.

Una dichiarazione solo un po’ più paludata di quella che l’europarlamentare leghista Ciocca aveva formulato in maniera più esplicita già tempo fa: “Se si ammala un lombardo vale di più che se si ammala una persona di un’altra parte d’Italia“. Del resto, l’anno trascorso in compagnia della pandemia e della gestione a marce differenti dell’emergenza sanitaria da parte delle regioni (in virtù della scellerata riforma del Titolo V del 2001, che ha indicato la sanità quale materia di legislazione concorrente) ha ampiamente dimostrato come lo smantellamento progressivo della sanità pubblica portato avanti dalle regioni in tema di sanità negli ultimi 20 anni abbia avuto un ruolo fondamentale nella disastrosa gestione di Covid 19.

Oggi appare dunque ancora più incredibile e vergognosa l’ostinata richiesta di portare a termine quanto previsto dalla riforma del Titolo V (e cioè, sulla base di intese tra governo e singole regioni a statuto ordinario, l’autonomia differenziata addirittura su 23 materie, tra cui, oltre alla sanità, istruzione, infrastrutture, sicurezza sul lavoro, ambiente, beni culturali), consentendo su di esse la potestà legislativa esclusiva delle Regioni. E la richiesta di trattenere – premio per la virtuosità, la laboriosità, la capacità imprenditoriale, la spinta propulsiva per agganciare la “locomotiva europea” – quasi interamente o in parte il proprio gettito fiscale.

Una visione famelica ed egoista, in cui nulla contano storia, vicende politiche, condizioni geografiche. Una visione in cui il privilegiato pretende, esige il proprio privilegio, senza ascoltare, guardare, tentare di camminare nelle scarpe altrui. Una visione in cui le diseguaglianze sono colpa di chi ne è vittima, orgoglio arrogante di chi ne è esente. E dove il principio di solidarietà economica è rigettato come vecchio ciarpame iniquo, che non premia chi ha diritto – in base al privilegio di essere nato nel posto giusto e al momento giusto – di esigere il meglio solo per sé.

Oggi, con centinaia di morti al giorno e un paese in ginocchio, Emilia Romagna, Veneto e Lombardia chiedono ancora l’autonomia differenziata, avendo già in tasca le preintese siglate (quattro giorni prima delle elezioni del 4 marzo 2018, dal governo Gentiloni): esigono quella che Gianfranco Viesti ha chiamato “la secessione dei ricchi” (con corollario, a quanto pare, della vaccinazione dei ricchi).

Le sconcertanti parole di Letizia Moratti illustrano chiaramente le mire delle Regioni: cittadini di serie A, B e persino Z, a seconda del certificato di residenza. Dimmi dove sei nato e ti dirò se e a quali diritti puoi accedere. Uguaglianza e solidarietà? Orpelli novecenteschi. Diritto alla salute? Non più conquista frutto di lotte e di una civiltà democratica, ma merce da acquistare a punti di Pil. Chi non riesce a star dietro al meccanismo della produzione e del profitto affoghi pure in mare insieme – magari – a qualche centinaio di neri che di tanto in tanto vengono inghiottiti.

La presunta improduttività – indipendentemente dalla complessità delle cause che possano averla generata – una macchia da lavare. Con il sangue? No, con il Covid. “Va’ a lavurà!” (e che importa se il lavoro da te non c’è e perché non c’è): altrimenti niente vaccino.

Il diritto alla vita e i punti di Pil posti sul medesimo piano: disumano. Il comitato ‘Per il ritiro di ogni autonomia differenziata, l’unità della Repubblica e la rimozione delle diseguaglianze’ contrasta da due anni, con ostinazione e disinteressatamente, la vergogna – eversiva per la Repubblica e per i principi su cui essa si fonda – dell’ autonomia differenziata. Ciò che la pandemia (nella sanità, ma anche nella scuola e nell’università) ha evidenziato rafforza la convinzione che la strada seguita sia quella giusta. Dopo aver contribuito allo stralcio dalla legge di Bilancio del ddl Boccia, destinato a rinvigorire il processo, si chiede alle donne e agli uomini che ancora abbiano a cuore quei principi di non lesinare il proprio contributo; di non fidarsi del silenzio che avvolge tutta la vicenda.

Si tratta della lotta di Davide contro Golia: quasi tutte le forze parlamentari e buona parte dei cosiddetti “poteri forti” favoriscono l’autonomia differenziata, potere – si sa – chiama potere. Occorre porre fine definitivamente a questo tentativo di frammentazione del Paese in tante piccole signorie autoreferenziali a marce diverse, destinato ad aumentare a dismisura diseguaglianze, sofferenza, emarginazione dalla esigibilità dei diritti.

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