Dopo l’intesa siglata nel febbraio scorso tra gli Stati Uniti e la delegazione dei Taliban, il lavoro di Washington per cercare di arrivare a un definitivo accordo di pace in Afghanistan è ancora lungo, con gli Studenti coranici che, adesso, dovranno arrivare a un complicato deal con il governo di Kabul, contro il quale i mujaheddin continuano a sferrare attacchi. Ilfattoquotidiano.it ha contattato il nuovo portavoce della delegazione Taliban a Doha, Muhammad Naeem, per capire se il passaggio di consegne alla Casa Bianca può cambiare l’esito dei colloqui intra-afghani.

Nelle vostre ultime dichiarazioni pubbliche avete detto che i colloqui intra-afghani hanno registrato importanti passi avanti dopo gli ultimi incontri a Doha. Che cosa è cambiato?
Gli ultimi incontri tra i team negoziali sono stati importanti e si sono registrati dei progressi. Entrambe le squadre hanno annunciato in un comunicato congiunto che le procedure dei negoziati sono state concordate e adesso ne discuteremo l’agenda. Voglio specificare che si sono tenuti già diversi incontri sull’agenda che hanno portato a buoni risultati, entrambi i team si sono scambiati gli elementi preliminari e i propri programmi.

Avete già trovato un accordo di pace con gli Stati Uniti, sostenete che i colloqui con Kabul stanno migliorando, ma il 2020 verrà ricordato come uno dei più violenti dall’inizio della guerra. Perché così tanti attacchi durante il processo di pace?
Il 29 febbraio scorso abbiamo raggiunto un accordo con gli Usa che prevede il ritiro delle truppe straniere e per evitare che l’Afghanistan diventi un Paese dal quale possano partire minacce per la sicurezza di altri Stati. Siamo impegnati a rispettare gli accordi e vogliamo che gli Usa facciano lo stesso. Anche se i Paesi stranieri, con diverse scuse, hanno violato la loro parte dell’accordo, noi siamo invece rimasti fedeli. L’Emirato Islamico dell’Afghanistan ha preso o rafforzato il proprio controllo su più del 70% del territorio ed è anche in grado di prendere il potere nei capoluoghi delle varie province, anche se ha deciso di non farlo per intraprendere la strada del dialogo (in realtà gli attacchi dei Taliban, che si sono intensificati già nelle settimane successive alla firma dell’accordo di pace con la delegazione americana, non sono mai cessati, ndr). La causa principale dietro all’aumento di violenza va ricercata nell’amministrazione di Kabul e nei suoi alleati, con l’obiettivo di impedire la partenza delle truppe straniere e la riconquista di sovranità del nostro Paese. Così vengono creati problemi nel tentativo di mostrare ai suoi alleati stranieri che una loro partenza peggiorerebbe la situazione. Pianificano sempre operazioni nei nostri territori, portano avanti offensive militari nelle nostre aree, costruiscono nuovi checkpoint, conducono raid e bombardamenti così da provocare la reazione dei mujaheddin e poter portare avanti così la loro propaganda contro di loro. In base agli accordi, le truppe straniere e governative non dovrebbero condurre offensive, raid, attacchi con i droni e lanci di missili, ma stanno facendo tutto questo per mettere sotto pressione l’Emirato Islamico al tavolo negoziale. Anche gli Stati Uniti hanno aumentato il numero di bombardamenti durante i colloqui di pace del 2019 e adesso Kabul sta mettendo in campo la stessa strategia. Ma non ci piegheremo, come negli ultimi 20 anni.

Il cessate-il-fuoco è il primo passo necessario per avviare colloqui di pace. Il governo di Kabul vi accusa di continuare a rifiutarlo, perché?
Noi vogliamo che questa guerra lunga 40 anni (dall’invasione sovietica del 1979, ndr) finisca grazie a un accordo al tavolo negoziale. Per questo abbiamo firmato un’intesa con gli americani e per questo stiamo cercando un’alleanza tra gli afghani che porti a un’unità della Nazione sotto un governo islamico, nazionale e inclusivo. L’accordo di Doha è una base per i negoziati intra-afghani e il cessate-il-fuoco è stato menzionato come punto dell’agenda e sarà discusso in questa occasione.

Ma voi anche nelle ultime settimane avete sferrato numerosi attacchi contro obiettivi governativi. Non pensate che questa sia la peggior strategia per trovare un accordo?
Come già detto, le nostre sono reazioni alle loro azioni.

Il 20 gennaio gli Stati Uniti avranno un nuovo presidente. Cosa vi aspettate dall’amministrazione Biden? Pensate che questo possa facilitare i colloqui di pace?
Credo che i governi americano e stranieri abbiano capito che qui la strategia della pressione non paga e che i problemi debbano essere risolti col dialogo per creare un governo che vada bene agli afghani. Dal nostro punto di vista, la miglior soluzione è un’implementazione degli accordi di Doha. Noi vogliamo avere buone relazioni con i governi stranieri. Né interferiremo nelle questioni di altri Stati né permetteremo loro di interferire nelle nostre.

Perché allora avete supportato la ricandidatura di Donald Trump alle scorse elezioni?
Questo non è vero. Non abbiamo supportato nessuno alle scorse elezioni. Questa notizia è stata diffusa da alcuni organi di stampa che probabilmente volevano danneggiare la campagna di Trump o gli accordi di Doha (la notizia, diffusa dalla Cbs, era stata inizialmente attribuita al portavoce dell’Emirato Islamico Zabihullah Mujahid. L’emittente ha poi chiarito che a pronunciare la frase “speriamo che vinca le elezioni” è stato un altro importante esponente Taliban sentito in forma anonima. Anche se Mujahid aveva predetto una nuova vittoria di Trump, ndr).

Nell’accordo siglato con gli Stati Uniti vi siete impegnati a combattere l’azione dei gruppi terroristici nel Paese che minacciano la sicurezza degli Usa o dei suoi alleati. Ma, ad esempio, lo Stato Islamico si è rinforzato nel 2020, compiendo numerosi attacchi. pensate di poter ancora garantire la sicurezza contro queste organizzazioni nei vostri territori?
Negli accordi di Doha non c’è scritto che l’Emirato Islamico debba combattere contro o al fianco di qualcuno. Sappiamo cosa possiamo fare e cosa no. Negli accordi c’è scritto che non permetteremo a nessuno di minacciare la sicurezza di qualsiasi Paese dal territorio afghano. E l’Emirato ha garantito la sicurezza nelle sue aree (sono in realtà numerosi gli episodi di violenza, anche ai danni di civili, registrati nelle aree controllate dai Taliban e compiuti da diversi attori sul campo, ndr). Quando l’Emirato Islamico ha ridotto le aree di azione di elementi che mettono a repentaglio la sicurezza, il governo di Kabul li ha immediatamente trasportati nelle sue zone con gli elicotteri, come successo in Jowzjan e Nangarhar, e molti di loro risiedono nelle stanze di Kabul. Gli attacchi sferrati sono pianificati da Kabul. Isis viene usato come uno strumento di propaganda dall’amministrazione di Kabul nel corso dei negoziati. Da quando l’Arg (la Presidenza, ndr) ha preso il controllo della capitale, sono aumentati gli attacchi missilistici di alto livello e quelli ai civili, il che solleva degli interrogativi.

Abdul Salam Hanafi ha però dichiarato, secondo il Washington Post, che quello tra i Taliban e al-Qaeda “è un legame che non può essere spezzato”. Altre fonti citate dal quotidiano sostengono che ai combattenti di al-Qaeda potrebbe essere permesso di vivere come “rifugiati” nelle aree controllate dai Taliban ma che “a loro non sarà permesso di svolgere le loro attività”. Può confermarlo?
A chi lo avrebbe detto? Hanafi fa parte dell’ufficio politico e respinge duramente queste affermazioni. Non è ancora stabilito come vivranno i rifugiati. Siamo impegnati nel rispettare l’accordo con gli Stati Uniti e vogliamo lo stesso da loro. Sulla base di questa intesa abbiamo avviato i negoziati intra-afgani. Quando verrà raggiunto un accordo saranno discusse le regole sull’immigrazione e sui rifugiati, insieme alla Costituzione, e gli afghani decideranno le regole sull’interazione con i rifugiati di altri Paesi.

Le stesse fonti hanno ricordato dell’uccisione di due importanti esponenti di al-Qaeda, tra cui Abu Muhsin al-Masri, nei territori controllati dai Taliban. Sostengono che questo sia un segno del fatto che i Taliban li stiano “proteggendo”. Come spiega queste presenze nei vostri territori?
Prima di tutto, non ci sono prove che queste persone si trovassero in Afghanistan, soprattutto nei nostri territori. Inoltre, l’Afghanistan ha un vasto territorio ancora in guerra, le frontiere non sono sicure, la guerra dura da 40 anni e non tutta la Nazione è sotto il nostro controllo. Vediamo diversi Paesi nel mondo più sicuri del nostro in cui si registrano incidenti in cui rimangono uccise numerose persone. Possiamo dire che questi avvengono grazie alla volontà delle autorità?

Sappiamo che tra i Taliban esistono diverse anime. Come gestirete i gruppi locali contrari a un accordo di pace con gli Usa e il governo di Kabul?
La più importante caratteristica dell’Emirato Islamico è l’unità, che è anche una delle chiavi del suo successo. La propaganda ha diffuso informazioni secondo cui ci sarebbero venti partiti differenti che combattono tra loro in Afghanistan, ma quando abbiamo annunciato il cessate-il-fuoco in occasione dell’Eid (festività religiosa islamica, ndr) e dell’accordo con gli Usa nessuno si è opposto. Questo dimostra che ogni combattente accetta la decisione dei suoi leader.

In caso di accordo finale, siete disposti a garantire uguali diritti alle minoranze etniche e religiose nel Paese?
È nostra responsabilità garantire ai nostri compatrioti uguali diritti. Nelle aree che controlliamo, le minoranze etniche e religiose hanno uguali diritti nei territori sotto il nostro controllo. Il nostro jihad è per l’indipendenza dell’intera Nazione. Non crediamo nei comportamenti discriminatori. Consideriamo gli afghani tutti uguali, con gli stessi diritti.

Twitter: @GianniRosini

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