Le parole pronunciate da Akio Toyoda sui rischi, economici e ambientali, di una transizione troppo veloce alla mobilità 100% elettrica hanno scosso il mondo intero. Ora, dopo quelle del manager giapponese, le critiche agli isterismi da elettromobilità arrivano dalla Germania.

Stavolta è stato Franz Fehrenbach, Presidente del consiglio di sorveglianza di un colosso come Bosch (principale fornitore al mondo di tecnologia automobilistica), a esprimere le sue perplessità sul tema: in un’intervista allo Stuttgarter Nachrichten, infatti, il manager tedesco ha sottolineato come l’Unione Europea stia attuando politiche che comportano una “preferenza non adeguatamente giustificata” per le autovetture ad alimentazione 100% elettrica, promosse “a svantaggio del motore a combustione interna” e, soprattutto, “a scapito del clima”.

Ancora una volta, il problema non è nell’auto elettrica in sé, nei confronti della quale Bosch mantiene un atteggiamento positivo, quanto nella velocità con cui le istituzioni pretendono che abbia luogo il passaggio all’auto a batteria. Esiste poi, come già sottolineato da Toyoda, un problema di fonti energetiche, che sposta la fonte delle emissioni dallo scarico del veicolo alla filiera dell’elettricità. Ecco perché, alla luce di come oggi viene prodotta l’energia elettrica in Europa – il 45% col termoelettrico, il 12% col nucleare – “le vetture elettriche non sono climaticamente neutrali”, come invece spacciato con lo slogan delle emissioni zero.

Nonostante questi limiti, però, le automobili elettriche “sono trattate come veicoli a zero emissioni di CO2”, afferma Fehrenbach, “perché il legislatore nasconde il bilancio energetico necessario per generare la corrente”. Senza contare che per la produzione delle batterie, oltre che delle terre rare, necessità di grandi quantità di energia, spesso generata in paesi dove la mix di fonti e tutt’altro che eco-friendly.

Si pensi all’Asia, da dove arrivano la maggior parte delle batterie delle vetture elettriche, continente “dove una quota molto elevata dell’elettricità proviene ancora da centrali a carbone”. Emissioni di cui, però, non si tiene o non si vuole tenere conto. Infine, l’infrastruttura di ricarica non è sufficientemente matura per accogliere una massa critica di modelli a elettroni, specie in Germania, principale mercato dell’auto europeo: “Se davvero volessimo avere un milione di punti di ricarica entro il 2030, dovremmo installarne 2.000 ogni settimana. In realtà oggi sono 200 e stiamo parlando della sola Germania”.

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