La corte di Cassazione ha respinto il ricorso della Procura Generale di Milano con cui si chiedeva di annullare l’assoluzione disposta in secondo grado nei confronti Saipem Spa e i suoi dirigenti di allora, Pierfranco Tali, Pietro Varone e Alessandro Bernini. Assoluzione che ora diventa definitiva. Gli imputati in tutto erano sette. La vicenda riguarda la presunta tangente, per 7 contratti assegnati a Saipem e affidati dall’ente algerino Sonatrach, in cambio, secondo l’accusa, di 197 milioni di dollari versati tra il 2007 e il 2010 a persone che gravitavano nell’entourage dell’allora ministro dell’Energia Chekib Khelil.

Il ricorso respinto dalla Cassazione risale allo scorso 12 giugno. La procura generale chiedeva alla Corte di annullare il verdetto con cui la seconda Corte d’Appello il 15 gennaio di quest’anno aveva assolto – in base all’articolo 530 secondo comma del codice di procedura penale – Pietro Tali e Pietro Varone, rispettivamente ex presidente e amministratore delegato della partecipata di Eni ed ex direttore operativo nel Paese africano, e l’ex direttore finanziario, sempre di Saipem, Alessandro Bernini. I primi due erano stati condannati dal Tribunale a 4 anni e 9 mesi e il terzo a 4 anni e 1 mese.

Il sostituto pg Massimo Gaballo aveva chiesto, inoltre, di annullare la sentenza con cui i giudici, presieduti da Giuseppe Ondei, avevano cancellato non solo la sanzione pecuniaria disposta per Saipem e i 5 anni e 5 mesi per Farid Bedjaoui, segretario del ministro e ritenuto, secondo l’accusa, mediatore della ipotizzata mega bustarella, ma anche i 4 anni e 1 mese inflitti sia al suo uomo di fiducia Samyr Ouraied sia Omar Habour, ritenuto il presunto riciclatore. A giugno era stato chiesto anche di annullare la revoca delle confische di 197 milioni di dollari, importo ritenuto l’equivalente del prezzo del reato, a Saipem e di 165 milioni a Bedjaoui. Con il rigetto del ricorso quindi, sono diventate definitive le assoluzioni per tutti e sette gli imputati. La suprema corte però ha altresì respinto i ricorsi di Berinini e Varone che, come sui legge nel dispositivo sono stati condannati al “pagamento delle spese processuali”. Lo scorso giugno la Procura generale non aveva impugnato l’assoluzione, oramai passata in giudicato, incassata in primo e in secondo grado da Eni, dal suo ex numero uno e ora presidente del Milan Paolo Scaroni e dall’ex responsabile per il Nord Africa Antonio Vella, già prosciolti dal gup nel 2015.

Massima soddisfazione per la decisione della Suprema Corte di Cassazione che ieri, 14 dicembre 2020, ha rigettato il ricorso della Procura Generale di Milano e ha pertanto confermato la sentenza di assoluzione pronunciata il 15 gennaio 2020 dalla Corte di Appello perché il fatto non sussiste”, confermando che la ricostruzione della Procura milanese “era infondata e che Giustizia è stata fatta”. Lo scrivono in una nota Marco Deluca e Guido Carlo Alleva, difensori di Farid Noureddine Bedjaoui. “La sentenza di assoluzione è pertanto definitiva e arriva dopo sette anni di indagini, decine di richieste di rogatorie – continua la nota dei due legali – dirette verso numerosi stati esteri e un lungo processo che si è concluso con l’affermazione, chiara e irrefutabile, che nessuna tangente è stata mai pagata da Farid Bedjaoui o da Saipem al Ministro Chakib Khelil e che Farid Bedjaoui ha svolto il legittimo ruolo di agente e promotore di Saipem in Algeria”. “Alla fine di questa lunga e complessa battaglia – concludono i legali – che è durata molti anni e che ha comportato grandi sacrifici, che non saranno mai ripagati e restituiti a Farid Noureddine Bedjaoui, questa sentenza definitivamente conferma che l’accusa della Procura della Repubblica di Milano era infondata e che alla fine giustizia è stata fatta”.

Articolo aggiornato il 18 dicembre del 2020 alle ore 15.20

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