La sorpresa è che, nonostante il Parlamento abbia approvato uno scostamento di bilancio da 8 miliardi ad hoc, metà delle coperture del decreto Ristori quater arriverà dal fondo per il pagamento dei debiti degli enti territoriali istituito pochi mesi fa dal decreto Rilancio. Scelta che farà discutere, visto che in questo modo parte dei rinvii fiscali e dei bonus concessi dal nuovo provvedimento sono pagati con le risorse (12 miliardi totali) che avrebbero dovuto ridare ossigeno ai creditori della pa. Per il resto, il testo in 27 articoli approdato in Gazzetta ufficiale solo lunedì sera conferma le anticipazioni sulla proroga generalizzata delle scadenze del 30 novembre al 10 dicembre per tutti e al 30 aprile 2021 per le attività oggetto delle nuove misure restrittive e basate nelle zone rosse, per i ristoranti in zone arancioni e rosse e per le aziende con fatturato 2019 entro i 50 milioni che nel primo semestre abbiano registrato un calo dei ricavi di almeno il 33% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Il decreto scioglie poi – fuori tempo massimo – il nodo delle attività con sede nelle Regioni (Piemonte, Lombardia e Calabria) che domenica sono passate dalla zona rossa a quella arancione: hanno diritto al rinvio automatico perché il decreto fa riferimento alla situazione del 26 novembre. Il problema è che il testo è arrivato a scadenza superata e molti contribuenti si erano già messi in regola. Per loro, specifica l’articolo 1, “non si fa luogo al rimborso di quanto già versato“.

I versamenti di Iva e contributi previdenziali e assistenziali per il mese di dicembre, invece, sono sospesi senza condizioni per tutte le attività chiuse dal dpcm del 3 novembre, per i ristoranti in zone arancioni e rosse al 26 novembre e per hotel, agenzie viaggio e tour operator in zona rossa al 26 novembre. Chi non ricade in queste categorie ha diritto al rinvio in base ai cali di fatturato registrati durante la seconda ondata: i versamenti sono sospesi tutte le attività con ricavi fino a 50 milioni che abbiano subito una diminuzione di almeno il 33% ma questa volta nel mese di novembre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Il dovuto potrà essere pagato entro il 16 marzo 2021.

L’altra novità è che nel 2021 nascerà un “fondo perequativo” da 5,3 miliardi (“alimentato con quota parte delle maggiori entrate fiscali e contributive di cui agli articoli 1, 2, 4 e 5 del presente decreto”, altra partita di giro) finalizzato a concedere ad alcuni dei soggetti destinatari di sospensioni fiscali e contributive “l’esonero totale o parziale dalla ripresa dei versamenti fiscali e contributivi”. I criteri in base ai quali quegli acconti fiscali verranno abbuonati sono però ancora da decidere, con un dpcm che sarà adottato su proposta del Ministro dell’economia e del Ministro dello sviluppo.

Per tutti i contribuenti decaduti dai piani di rateizzazione, o dalle precedenti rottamazioni delle cartelle esattoriali, vengono inoltre riaperti i termini, dando di fatto il via a una rottamazione quater. Potranno presentare una nuova richiesta entro la fine del 2021. Viene poi innalzata a 100.000 euro la soglia di debito sopra il quale è necessario dimostrare la temporanea difficoltà economica (prima era 60.000 euro) e si conferma un maggior margine di flessibilità nel pagamento, elevando a dieci rate non pagate il limite di tolleranza (prima si decadeva dopo cinque).

Secondo i commercialisti, le proroghe concesse non bastano: “Il rinvio al 10 dicembre è insufficiente, siamo subissati da segnalazioni di nostri iscritti in affanno che chiedono giustamente di avere più tempo a disposizione”, spiega il presidente del Consiglio nazionale dei professionisti Massimo Miani, che rinnova “l’invito al Governo” affinché disponga un rinvio dei termini per la presentazione delle dichiarazioni fiscali “che vada almeno all’inizio del 2021, e non si limiti a 10 giorni che, spostando il termine dal 30 novembre al 10 dicembre, lasciano l’adempimento in una finestra temporale investita dalla seconda ondata di epidemia da Covid-19″.

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