Nuovo ostacolo sulla strada del rinvio delle scadenze fiscali di lunedì 30 novembre. Il consiglio dei ministri chiamato a varare il decreto Ristori quater si riunirà solo domenica sera, alle 22:30. Con il risultato che il testo approderà in Gazzetta ufficiale proprio lunedì, la data entro cui andrebbero versati gli acconti Irpef, Ires e Irap per i quali il nuovo provvedimento concede una proroga. Non solo: l’incrocio delle date complica notevolmente la vita alle attività commerciali e ai ristoranti con sede nelle Regioni che proprio domenica hanno cambiato fascia di rischio, passando da zona rossa ad arancione o da arancione a gialla. Si tratta di Piemonte, Lombardia e Calabria, diventate arancioni, e di Liguria e Sicilia, ora gialle. Per loro – a meno di modifiche last minute al testo – il rinvio delle tasse di novembre al prossimo 30 aprile non sarà automatico come invece sarebbe stato fino a ieri.

Chi è appena passato in zona arancione dovrà dimostrare calo del fatturato – Il fatto è che, stando alle bozze del decreto, i contribuenti non soggetti agli Isa (cioè le attività medie, con fatturato sopra i 5 milioni) hanno diritto senza eccezioni alla sospensione degli acconti Irpef, Ires e Irap fino alla primavera solo se hanno i codici Ateco compresi negli allegati ai primi due decreti Ristori e sono in zona rossa, oppure se sono ristoratori delle zone arancioni. Chi appartiene a queste due categorie e fa base nelle regioni elencate sopra, dunque, fino a sabato avrebbe sicuramente avuto diritto a rimandare il versamento ad aprile. Ora invece, non trovandosi più nella fascia con le restrizioni più dure, dovrà rispettare una ulteriore condizione che vale per tutti gli altri: aver subìto nei primi sei mesi dell’anno un calo di fatturato di almeno il 33% rispetto ai primi sei mesi del 2019. Nei prossimi dieci giorni – approfittando del rinvio generalizzato della scadenza al 10 dicembre, anticipato da un comunicato del Tesoro venerdì – i commercialisti dovranno dunque fare il calcolo e verificare se il cliente “passa l’esame”. Si salvano solo i più piccoli, quelli soggetti agli Indici sintetici di affidabilità fiscale, che hanno diritto alla proroga in ogni caso.

Giovani commercialisti: “Ostacolo immotivato” – “È un ulteriore ostacolo immotivato per attività che se il decreto fosse passato ieri avrebbero avuto il rinvio automatico”, commenta Matteo De Lise, presidente Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili. Non solo: il criterio in teoria consente di selezionare chi è più in difficoltà, ma fotografa la situazione solo fino all’inizio dell’estate per cui non tiene conto dell’impatto del nuovo mini lockdown. “Considerato che la fatturazione elettronica consente un riscontro rapido, meglio sarebbe stato allungare il periodo di osservazione fino al terzo trimestre“. In generale, sottolinea De Lise, questo ennesimo rinvio last second “è poco utile: il comunicato del Tesoro che preannunciava le decisioni è arrivato solo venerdì, a tre giorni dalla scadenza: chi doveva fare le nottate per essere puntuale con le scadenze ormai l’aveva già fatto e aveva provveduto al versamento. Piuttosto, il governo interpelli noi commercialisti per scrivere insieme un calendario definitivo delle scadenze dei prossimi sei mesi, razionalizzandole ed eliminando quelle che si duplicano. Per ora, il dialogo promesso quando a settembre abbiamo revocato lo sciopero non è partito”.

Conferma la valutazione generale sul ritardo del provvedimento Gianluca Cavion, presidente di Confartigianato Imprese Vicenza, che sottolinea: “Le imposte sono già state pagate dalle imprese perché la scadenza è lunedì, non tra alcune settimane. Imprese e intermediari ci lavorano da tempo, almeno dall’inizio di novembre”, visto che “per pagare l’anticipo bisogna fare le previsioni di reddito e ricavarne le imposte da anticipare e ciò evidentemente in questo periodo è ancora più complicato”.

Ristoranti liguri e siciliani fuori dall’automatismo – Un problema analogo si presenterà per i ristoranti liguri e siciliani: essendo passati nella fascia a basso rischio non potrebbero beneficiare del rinvio automatico, nonostante siano stati fermi (asporto a parte) per tutto il mese di novembre. E ancora: a metà dicembre le attività con sede in Campania e Toscana, già beffate da un’interpretazione errata dell’Inps che le aveva escluse dalla sospensione del pagamento dei contributi per i dipendenti perché entrate in zona rossa dopo l’emanazione del Ristori bis, potrebbero dover pagare la seconda rata Imu. Per le partite Iva individuali resta poi immutata, a meno di comunicazioni diverse da parte dell’istituto previdenziale, la scadenza del 30 novembre per il secondo acconto dei contributi alla gestione separata.

Le proteste degli esclusi – Intanto continuano le proteste delle categorie rimaste escluse dai ristori e dalle detrazioni sugli affitti a causa della lotteria dei codici Ateco, nonostante le restrizioni degli ultimi dpcm le colpiscano direttamente o indirettamente. Il presidente di Federfiori, Rosario Alfino, prevede “a gennaio un rischio chiusura per il 30% dei negozi” su 15mila associati. I fioristi infatti possono rimanere aperti anche in zona rossa ma, come aveva spiegato Alfino al fattoquotidiano.it, “per tenere aperto dobbiamo spendere per comprare fiori che ogni due giorni buttiamo nella spazzatura perché non entra nessuno o quasi”. Quanto ai professionisti, esclusi anche dalla prima tornata di aiuti a fondo perduto messa in campo durante l’estate, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri qualche giorno fa ha aperto alla possibilità di “mettere a punto un meccanismo organico di natura perequativa che vada oltre le limitazioni per aree di rischio pandemico e quelle derivanti dai codici Ateco e si basi sul rimborso di parte dei costi fissi” e che possa “ristorare, sulla base dei dati del 2020, anche i liberi professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatori o alla Gestione separata”. Se ne parlerà però solo a gennaio, con l’ultimo decreto della “saga” ristori.

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