Tutti quelli che hanno visto al cinema o letto qualche libro sulla Rivoluzione Francese o comunque sulle prime riunioni del popolo parigino, dette “Stati Generali”, allo scopo di liberarsi dalla sudditanza della nobiltà (e del clero), avranno certamente ricostruito con l’immaginazione quella spinta verso la libertà, l’eguaglianza e la fratellanza cui il popolo si sentiva chiamato, allo scopo di creare una società più giusta, fraterna, senza divisioni di casta o di censo, e anche per questo, finalmente libera!

Ma se questa visione era, almeno nelle intenzioni, lo scopo degli organizzatori, quella è miseramente naufragata.

Lo sforzo di richiamare quegli ideali appare dunque più altezzoso che idealistico. Si è capito benissimo fin dall’inizio della preparazione organizzativa che il tutto serviva solo a disegnare l’organigramma, non a risolvere i problemi dei 5Stelle (e tantomeno quelli degli italiani).

Come si fa a chiamare “Stati Generali” una roba qualunque come quella che ci è stata riportata da Vincent Russo: sembrava un raduno provinciale degli Oratori, non la riunione dei vertici del partito maggioranza di governo. Persino il direttore Marco Travaglio nel suo eccellente editoriale Esame di immaturità strapazza come merita quella estemporanea e raccogliticcia comparsata di politici, alcuni dei quali di altissimo livello istituzionale, che nell’occasione hanno mostrato solo di essere calibri da 90 con le polveri bagnate.

Del resto è lo stesso Travaglio a fare una specie di inventario di quello che ha trovato nel resoconto di questi altezzosi dirigenti che vorrebbero venderci come costruenda “democrazia diretta” queste delizie: “Regolette, formulette, schede, mandati, scontrini, quote sociali, piattaforme online: ma a chi interessa ‘sta sbobba?”. E poi prosegue: “Siamo nel pieno di una pandemia mondiale che sta cambiando il pianeta e impone a tutti un nuovo welfare, un nuovo ambientalismo, un nuovo modello di sviluppo. E i 5Stelle, cioè la forza politica italiana più attrezzata per storia e Dna a dare risposte innovative sul futuro, oltreché la spina dorsale del governo con un buon premier indicato da loro e una serie di buoni ministri, che fanno? Si accapigliano su minutaglie da trapassato remoto che non fregano niente e non scaldano nessuno”.

Ringrazio Travaglio per questa sua splendida descrizione dei troppi fallimenti che il M5S riesce ad inanellare uno dopo l’altro, nell’ansia di recuperare la fiducia dell’elettorato. Lui riesce a scrivere in due o tre righe tutto quello che io impiegherei più pagine per descrivere. Però anch’io è da anni ormai che cerco di contattare qualcuno ad alto livello per informare su qualche azione organizzativa che avrebbe potuto essere molto utile e ho ottenuto solo porte in faccia, da Grillo in giù.

La peggiore è stata quell’orrenda presa in giro della candidatura alle Europarlamentarie. Hanno preteso persino il certificato del casellario giudiziale, ma probabilmente è l’unico documento che hanno controllato, perché nel loro sistema dei meriti avrei dovuto averne almeno tre o quattro e invece me ne hanno riconosciuto solo uno. Se non l’hanno fatto apposta significa solo che hanno una organizzazione da schifo.

Potevo denunciarli. Non l’ho fatto perché sapevo che, comunque, nel programma del Movimento c’erano traguardi ambiziosi che anch’io condividevo e la mia denuncia avrebbe potuto danneggiarli. Ora però i “grillini” non sono più, anche politicamente, “neonati” e, anche se sono arrivati al governo ancor prima che alla maturità, è ora che si sveglino. E’ finito il tempo degli esami e la bocciatura secca elettorale non sono stato io ad avergliela data, ma proprio gran parte di quello stesso popolo che due anni fa loro erano riusciti a conquistare. Almeno questo dovrebbero capirlo. O pensano davvero che la scuola a qualche centinaio di attivisti (o arrivisti?) basterebbe a riconquistare quel 15% di voti persi alle prossime elezioni generali?

Sono stato il primo a scrivere nel 2015, proprio in questo blog, “Grillo, con un partito invisibile non si va lontano!”, ma adesso non è più la visibilità che manca: sono i fatti e sono i soldi. Due cose che non basta avere qualche attivista volenteroso e bene addestrato a distribuire volantini nel proprio circondario a risolvere. Ma non è comunque colpa loro se gli elettori sono scappati. La colpa è tutta di quelli (Grillo compreso) che pensano davvero di aver aperto il Parlamento come una scatoletta di tonno.

Inizialmente poteva sembrare così, ma adesso, dopo che i sondaggi li quotano a meno della metà e che il loro gradimento si sta squagliando come neve al sole, basta un’analisi solo un po’ più profonda per capire che loro non hanno aperto un bel niente, la scatoletta gliel’abbiamo aperta noi elettori finché ci era sembrato meritassero la nostra fiducia. Ora che sono diventati come gli altri, più bravi a parlar male degli altri quando vanno in televisione che a studiare come risolvere i problemi della gente, alle prossime elezioni potrebbero scoprire che la “scatoletta” non si apre più.

Non è studiando i “giochi” di palazzo, o decidendo il numero dei mandati parlamentari cui partecipare, che si possono conquistare voti, perché questi sono problemi che riguardano esclusivamente loro. Cosa volete che gliene importi alla gente se uno fa due o dieci mandati? Se uno entra in Parlamento per farsi gli affari suoi è già troppo un mandato, se lavora bene per la gente e per la nazione può starci fino alla pensione, non dà fastidio a nessuno (salvo agli invidiosi).

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