“Sì, abbiamo rimpianti. Ho pensato ‘perché abbiamo saputo questa notizia solo il 31 gennaio?’ Se avessimo saputo prima avremmo potuto agire prima. Ma la reazione è stata a tutti i livelli di totale sintonia, gioco di squadra, per lo stesso obiettivo”. Sono queste tra le prime parole pronunciate da Matteo Renzi nel corso della sua audizione di oggi di fronte alla Commissione di inchiesta parlamentare sull’uccisione di Giulio Regeni. Secondo l’allora presidente del Consiglio, quei sei giorni intercorsi tra la scomparsa del ricercatore di Fiumicello e la comunicazione degli egiziani alle autorità italiane (alla guida del ministero degli Esteri c’era Paolo Gentiloni) avrebbero potuto cambiare le cose, o almeno portare il governo a mettere in campo una strategia diversa per evitare la morte, avvenuta probabilmente il 2 febbraio 2016, giorno precedente al ritrovamento del corpo lungo la strada del deserto che collega Il Cairo ad Alessandria, del 28enne friulano. Parole che sono state però smentite dalla Farnesina con una nota: “In merito alle dichiarazioni rese oggi dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi alla Commissione d’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, la Farnesina precisa che le Istituzioni governative italiane e i nostri servizi di sicurezza furono informati sin dalle prime ore successive alla scomparsa di Giulio il 25 gennaio 2016 – si legge – Il ministero degli Esteri ricorda inoltre che tutti i passi svolti con le più alte Autorità egiziane sono stati ampiamente documentati e resi noti alle Istituzioni competenti a Roma dall’ambasciatore Massari nelle sue funzioni di Ambasciatore d’Italia al Cairo”.

Una precisazione che capovolge l’intero ragionamento del leader di Italia Viva e di fatto invalida quel “se avessimo saputo prima avremmo potuto agire prima”. Dal giorno della scomparsa, quando evidentemente il ministero degli Esteri fu informato dalle autorità egiziane, al 2 febbraio, giorno in cui, si presume, Regeni ha perso la vita, sono passati nove giorni durante i quali il governo non è riuscito a ottenere dall’esecutivo di Abdel Fattah al-Sisi, che lo stesso Renzi sostiene essere al tempo in “rapporti costanti” e stretti con Roma, alcuna informazione sul giovane ricercatore. “Noi abbiamo fatto quello che doveva fare un paese civile. Non abbiamo accettato verità di comodo“, ha detto il senatore prima di arrivare a difendere la collaborazione offerta dal al-Sisi nella vicenda Regeni: “Il presidente al-Sisi ha permesso una collaborazione giudiziaria che non è quella che noi sognavamo, ma che è decisamente superiore a quella standard – ha dichiarato – La non collaborazione egiziana è un falso, la non sufficiente collaborazione egiziana è la realtà”.

Parole che hanno generato anche uno scontro con il presidente della Commissione, Erasmo Palazzotto, che nel corso dell’udienza e successivamente su Twitter ha voluto puntualizzare che “non risulta agli atti della Commissione alcuna collaborazione da parte egiziana nelle ore immediatamente successive al rapimento di Giulio Regeni. Risultano invece tre diversi tentativi di depistaggio supportati dalle autorità egiziane”.

In serata, dopo la puntualizzazione della Farnesina, l’ufficio stampa del senatore di Rignano sull’Arno ha dichiarato che “nel corso dell’audizione di questa mattina il senatore Renzi ha espressamente richiamato la relazione del ministro Gentiloni e del Segretario Generale Belloni come parte integrante della sua esposizione. Che la Farnesina fosse informata dal 25 gennaio alle 23.30 è vero per esplicita dichiarazione lasciata a verbale dall’Ambasciatore Massari. Il Presidente Renzi non ha altro da aggiungere a ciò che è stato formalmente comunicato alla Commissione questa mattina”.

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