Di ufficiale non c’è nulla, e forse proprio per questo motivo potrebbe essere la volta buona. Dopo l’accordo per la collaborazione di Gino Strada, infatti, nei corridoi della maggioranza è spuntato un nuovo nome per risolvere l’ormai surreale questione calabrese. L’ultimo identikit, che da più fonti viene dato come quello giusto per fare il commissario alla Sanità, è quello di Federico Maurizio D’Andrea, un uomo con due vite: una l’ha passata a dare la caccia a corrotti e corruttori, l’altra la trascorre a cercare i buchi dei bilanci di importanti società.

Nato nel novembre di 61 anni fa a Cerchiara di Calabria, in provincia di Cosenza, D’Andrea è milanese d’adozione. Ed è proprio dal capoluogo lombardo che nelle ultime ore i rumors sulla sua possibile nomina si sono via via fatti sempre più fitti. Un ping pong di voci che dal centro di Milano arrivano a Roma, nei corridoi del potere, e poi fanno il tragitto inverso alla ricerca di conferme: fino a questo momento non ne è ancora arrivata alcuna. D’Andrea non è stato ancora contattato, ma il suo nome nei corridoi romani è stato fatto. Così come il suo curriculum: due lauree, in Giurisprudenza ed Economia, una prima trentennale carriera nella Guardia di Finanza e una seconda ancora in corso che lo vede apprezzato e inflessibile professionista al vertice di importanti società. Ma pure consulente del sindaco Giuseppe Sala, che lo ha scelto come componente della commissione per la Trasparenza del comune. Un incarico che non deve trarre in inganno: l’ex colonnello è considerato lontano da appartenenze e vicinanze politiche di qualsivoglia colore.

A Milano il manager gode infatti di una stima trasversale che affonda le sue radici nel passato nelle Fiamme gialle: enfant prodige della divisa antracite, vestita per la prima volta a 18 anni, negli anni ’90 è uno degli investigatori in prima linea nell’inchiesta su Mani pulite. È tra i detective più vicini a Francesco Saverio Borrelli, in quelli che per la Finanza sono anni duri: le indagini coinvolgono anche le Fiamme gialle, anzi le Fiamme sporche, cioè investigatori infedeli che incassano mazzette per chiudere gli occhi. D’Andrea di occhi ne tiene sempre aperti almeno due, ma si fa notare presto per grande attitudine alla leadership. “Tra le sue capacità, e lo si dica senza retorica, c’è quella di saper fare squadra“, ha scritto di lui Piero Colaprico, il giornalista che ha inventato “Tangentopoli”, nel senso che fu l’ideatore di quella parola destinata a fare la storia.

Dopo Mani Pulite, D’Andrea va a guidare il comando provinciale di Bergamo. Poi, nel 2006, viene chiamato da Borrelli come vicecapo dell’Ufficio Indagini della Figc ai tempi di Calciopoli. Quindi si spoglia della divisa per vestire gli abiti civili del libero professionista: revisore dei conti, commercialista, avvocato. Comincia ad essere richiesto da una serie d’importanti società per quella che è la sua specialità: scandagliare i bilanci a caccia di buchi nascosti. Tra il 2007 e il 2020 è direttore Audit del Telecom Italia, presidente di Sogei, di Olivetti, di Amsa, l’azienda che a Milano si occupa della raccolta dei rifiuti. È stato a capo dell’Organismo di Vigilanza di Metropolitane Milanesi, di Banco Bpm, di Banca Aletti, della Fondazione Fiera, della multi-utility A2A, società in cui siede anche nel consiglio d’amministrazione.

Ora da più parti lo indacano come l’uomo giusto per fare da commissario in Calabria e cancellare le ultime due terribili settimane per il governo. Un periodo surreale cominciato con la defenestrazione di Saverio Cotticelli, il generale dei carabinieri che non sapeva di doversi occupare del piano Covid; proseguito con il passo indietro di Giuseppe Zuccatelli, inciampato su un video in cui minimizzava l’importanza della mascherina, e culminato con le dimissioni lampo di Eugenio Gaudio, l’ex rettore della Sapienza bloccato – a suo dire – da motivi familiari. Sullo sfondo il dialogo dell’esecutivo con Gino Strada, chiuso poche ore fa con un accordo che affida a Emergency l’organizzazione di Covid hotel, triage e ospedali da campo. Il ruolo di commisario alla Sanità però resta ancora scoperto. Un incarico per il quale Nicola Gratteri non vede di buon occhio solo un bravo medico. Il motivo? Per il procuratore di Catanzaro “il problema della Calabria non sono gli ospedali da campo, ma sono i buchi, le ruberie nelle Asp, l’acquisto dei materiali sanitari. Come commissario serve un manager capace a trovare questi buchi“. In pratica ha tratteggiato l’identikit di D’Andrea.

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