La telefonata, più di altre, ha il sapore di uno schiaffo a Donald Trump, ancora aggrappato ai suoi ricorsi contro elezioni che ritiene fraudolente. Il Papa non ha atteso il giuramento del 20 gennaio e ha teso subito la mano a Joe Biden, nella speranza di voltare pagina dopo i rapporti burrascosi con l’amministrazione uscente. Francesco ha chiamato l’ex vice di Obama, secondo presidente cattolico americano dopo Jfk, che incassa così anche la “benedizione” e le “congratulazioni” di Bergoglio e si impegna a lavorare con lui su temi chiave come i poveri, il cambiamento climatico e l’immigrazione, riaprendo una stagione di collaborazione tra Stati Uniti e Vaticano dopo le tensioni dell’era Trump.

Nel colloquio, Biden ha espresso “il suo apprezzamento per la leadership del pontefice nel promuovere la pace, la riconciliazione e i legami comuni di umanità nel mondo”. E “il desiderio di lavorare insieme, sulla base della comune fede nella dignità ed eguaglianza di tutti gli esseri umani, su questioni come prendersi cura delle persone emarginate e povere, affrontare la crisi del cambiamento climatico, dare il benvenuto e integrare gli immigrati e i rifugiati nelle nostre comunità”.

Le tensioni tra il Papa e il tycoon – L’ultimo momento di gelo fra Bergoglio e Trump si era consumato a fine settembre, quando Bergoglio scelse di non incontrare Mike Pompeo in visita a Roma dopo che il segretario di Stato aveva intimato al Vaticano di non rinnovare l’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi. Ma il Papa e Trump non si sono mai amati, nonostante la visita apparentemente riconciliatrice del presidente e della sua famiglia nel maggio del 2017. I loro rapporti si erano guastati dopo che il pontefice aveva “scomunicato” l’anno prima l’allora candidato presidenziale repubblicano per il suo progetto del muro al confine col Messico. “Una persona che pensa di fare i muri non è cristiano. Questo non è il Vangelo“, aveva commentato, visitando anche la frontiera durante un suo viaggio in Messico. “Il Papa fa politica. È vergognoso”, aveva replicato a muso duro Trump. Uno scontro senza precedenti tra un Pontefice e un candidato alla Casa Bianca che fece immediatamente il giro del mondo. “A wonderful guy”, una persona meravigliosa, smorzò poi i toni Trump, temendo di perdere una fetta dell’elettorato cattolico. Ma le sue politiche controverse su immigrazione, rifugiati e clima hanno sempre mantenuto freddi, se non gelidi, i rapporti tra il Papa e il presidente Usa.

Biden invece ha sempre promosso politiche inclusive e ha citato più volte le encicliche del Papa, anche se resta come un macigno nel mondo cattolico il fatto che sia ‘pro-choice’, ossia favorevole all’aborto. Il presidente intende inoltre firmare nelle sue ultime dieci settimane una raffica di provvedimenti esecutivi su immigrazione, commercio, sanità, Cina e scuola. Un segnale che continua a governare ma anche un’implicita ammissione di sconfitta perché i presidenti uscenti di entrambi i partiti hanno sempre usato il periodo in cui diventano ‘anatre zoppe’ (lame duck, cioè con mandato in scadenza) per cementare la loro agenda e creare problemi all’amministrazione successiva.

(immagine d’archivio, 2016)

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