Il Titanic affonda, ma l’orchestra a bordo continua a suonare. Le bombe tedesche bombardano Londra nella Seconda Guerra Mondiale, ma c’è un teatro che non chiude, che continua gli spettacoli (c’è anche un film che ne racconta la storia). Con questo voglio solo dire che con la cultura magari non si mangia, ma di certo si resiste, perché la cultura è intrinseca all’essere umano, ne è l’espressione più forte, più dirompente di resistenza, quando (s’intende) questa resistenza può ancora essere fatta, quando resistere con la cultura non è un atto da irresponsabili.

Ecco, per il ministro della cultura Dario Franceschini siamo a questo punto: protestare perché i cinema, i teatri, le sale concerti sono stati chiusi è da irresponsabili, da gente che non ha capito la gravità della situazione. Sì, perché (dice Franceschini) i cinema e i teatri sono stati chiusi solo per limitare la circolazione delle persone.

Ma come? Ci hanno sempre detto che al cinema e a teatro ci vanno in pochi e adesso, in tempo di seconda ondata da Covid-19, veniamo a sapere che invece muovono un numero di persone tali da influenzare gravemente la circolazione del virus.

Ma come? Da maggio a oggi il Governo ha preteso (giustamente) la presenza nelle sale cinematografiche e nei teatri l’applicazione di misure stringenti di prevenzione, misure che sono state applicate alla lettera dagli operatori del settore e che (secondo me) hanno reso quei luoghi forse persino più sicuri delle scuole (e di certo degli autobus), e adesso scopriamo che non è così.

Ma come? Ci hanno detto (è la verità) che le maestranze dello spettacolo sono state colpite più pesantemente di qualunque altro lavoratore, e adesso invece veniamo a sapere che possono anche non lavorare, tanto il Governo le aiuterà. Mi sia permesso di dirlo: alle volte, il silenzio è migliore, molto migliore, di certe parole, soprattutto quando quelle parole sono l’espressione di un cortocircuito fra istanze opposte e contrapposte (come quelle del nostro Governo).

Qui non è più nemmeno questione di bilanciamento tra salute ed economia, qui si tratta o di non sapere che pesci pigliare oppure di non avere il coraggio di dire che della cultura, in tempo di coronavirus, ce ne possiamo anche fregare. Come dire: visto che ci chiedono di chiudere, chiudiamo la cosa più facile da chiudere.

Ma perché? Perché la cultura, quando può continuare a operare in sicurezza, deve essere bloccata? Ora, è ovvio che possiamo anche fare a meno di un buon film o di una buona commedia, ma se quel film e quella commedia possiamo continuare a vederli è meglio, e non perché abbiamo semplicemente passato un paio di ore di svago, ma perché la cultura della quale sono espressione ci dà quel che serve per resistere.

Io stimo il ministro Franceschini e credo che, in fin dei conti, anche lui pensi che il Covid-19 si combatta non solo negli ospedali, ma anche nei teatri e nei cinema. Perché la salute ci permettere di vivere, ma la cultura ci permettere di vivere meglio.

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