“Una delle cose che abbiamo visto anche in questa ultima stagione è che l’eccessiva fiducia nel tampone provoca dei paradossi. Le persone si fanno il tampone e poi continuano a uscire prima dell’esito, le persone paradossalmente si contaminano facendo la coda per avere il tampone“. Vittorio De Micheli, direttore dell’Ats di Milano, torna a lanciare l’allarme, dopo quelli degli ultimi giorni, alla trasmissione Prisma di Radio Popolare sulla situazione sanitaria nel capoluogo lombardo, tra le aree più colpite dalla seconda ondata di coronavirus, e invita a non riporre nei tamponi tutte le speranze per un possibile controllo della malattia: “Quando l’epidemia è partita lo ha fatto in Lombardia, ci siamo fermati, poi quando abbiamo ripreso le attività il contagio si è diffuso in tutto il Paese. Durante il momento di minima, questa estate, le attività di prevenzione erano al massimo della loro potenza, ad agosto abbiamo tamponato centinaia di migliaia di viaggiatori in Italia, a Milano quasi 100mila rientrati dalle vacanze. L’attività di prevenzione è stata espletata al massimo della sua potenzialità ma le attività che sono riprese evidentemente sono state più importanti di questo tentativo di contenimento”.

Parole condivise anche dal direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, che parlando ad Agorà su Rai3 ha spiegato che “se la tendenza non viene invertita nei prossimi 15-20 giorni è molto probabile che saranno necessari poi interventi molto più drastici. È aritmetica più che scienza”, ma un “nuovo lockdown generalizzato sarebbe un intervento della disperazione e indice del fallimento di altre azioni di contenimento”. Il virologo ha poi specificato che “gli interventi non si possono rimandare nemmeno di un minuto e andavano messi in campo due settimane fa”. Questo non vuol dire che “dappertutto debbano esser fotocopia”.

L’attività di diagnosi e tracciamento, spiega, non può da sola contrastare l’avanzata del virus alla quale, invece, ci si deve opporre con misure più restrittive, come successo durante la prima ondata: “Siamo tornati a una fase in cui il contenimento sanitario è insufficiente rispetto alla restrizione sociale – ha specificato il direttore – Purtroppo questo virus si comporta così e lo stiamo imparando a conoscere poco per volta, bisognerebbe avere un esercito di persone per correre dietro a tutti i contatti”. Parole che, in parte, rispondono alle affermazioni rilasciate in mattinata dal sindaco meneghino, Giuseppe Sala, che in un videomessaggio diffuso sui suoi profili social aveva detto: “Io penso che Ats debba fare di più oggi perché in tanti mi state segnalando che c’è da aspettare troppo tempo, dal momento in cui c’è una segnalazione, per il tampone. Mi stanno arrivando molti messaggi sulle scuole, come quello di una mamma, Sara, che scrive ‘è evidente dalle chat di classe che il problema è il sistema Ats per i tamponi, classi e famiglie messe in quarantena che non ricevono comunicazioni, abbandono totale'”.

Il direttore sanitario spiega quindi che per svolgere questa attività all’Ats milanese “siamo 200 persone e io vi sfido a fare questa domanda a un mio collega di Roma, Bari o Firenze. Quando siamo partiti eravamo in 50 persone. Basta prendere un qualunque manuale di controllo delle infezioni per leggere che il contenimento si può fare solo finché le epidemie sono piccole, quando diventano grandi non si riesce più. Nonostante un contenimento ben fatto a Milano abbiamo gestito quasi 80mila quarantene, la scuola è stato il settore più seguito nei primi giorni e un caso generava oltre 20 contatti tutti in quarantena e nonostante questo l’epidemia è partita. Questa è l’evidenza, non si riesce a contenerla quando diventa troppo grossa“. De Micheli aggiunge che se fosse stato sufficiente il sistema di tracciamento con i tamponi “sono convinto che nel momento di minima incidenza, a luglio, l’epidemia si sarebbe fermata. Ma non si è fermata a Milano come a Londra e in Francia. È una cosa che non ha fermato nessuno”.

La parola d’ordine in questa fase della pandemia, conclude il direttore, deve essere “restrizioni”: il virus “non si trasmette se le persone si muovono di meno, se le persone rispettano la distanza fisica tra loro e abbiamo capito che questa epidemia è incompatibile con una ripresa completa dell’attività sociale“. Una ripresa in sicurezza “evidentemente non è possibile, bisogna tagliare, se siamo veloci tagliamo le cose superflue, se aspettiamo tempo tagliamo di nuovo tutto”, ha aggiunto.

Già nei giorni scorsi, proprio De Micheli aveva detto ai cittadini che l’Ats non riusciva a tracciare tutti i contagi e “chi sospetta un contatto a rischio stia a casa”. In mattinata, invece, è stato Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, Roberto Speranza, a spiegare che “il trend è esponenziale perché non si è agito prima”.

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