Le scuole di Milano e della Lombardia per ora non chiudono. La Regione, di fronte all’aumento della curva dei contagi, corre ai ripari chiedendo che venga fatta una didattica a distanza parziale nelle scuole superiori e all’università con l’esclusione delle matricole e degli specializzandi. Non solo. Al Pirellone, dopo la riunione del presidente Attilio Fontana con i sindaci dei capoluoghi lombardi e con i capogruppo di maggioranza e opposizione del Consiglio regionale, hanno chiesto all’Ufficio scolastico regionale di “organizzare la distribuzione dell’inizio delle attività scolastiche, per arrivare a una riduzione delle presenze sul trasporto pubblico”. Le decisioni sono state comunicate direttamente da Fontana nel corso di una conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio fuori da Palazzo della Regione.

Una scelta condivisa anche dal sindaco di Milano, Beppe Sala, che di fronte all’impennata dei dati dei ricoveri ha incontrato il Prefetto Renato Saccone: “La nostra città – fanno sapere dagli uffici di palazzo Marino – si allinea alle decisioni prese dalla Regione e dal Governo”. Esclusa quindi qualsiasi ipotesi, per ora, di ritorno alle lezioni da casa. D’altro canto, l’assessore all’istruzione di Milano, Laura Galimberti, è convinta che “la chiusura delle scuole primarie e medie sarebbe inutile dal punto di vista dell’affollamento dei mezzi pubblici e dannosa per la crescita e l’educazione dei bambini oltre che insostenibile per le famiglie”.

Fontana è stato chiaro: “Il primo argomento è ridurre le persone sul trasporto pubblico locale. Tutti ritengono sia necessario chiedere che si proceda a una didattica a distanza non assoluta ma parziale, che ci sia una possibilità di avere un’alternanza di didattica a scuola e a casa nella secondaria di secondo grado”. Parole condivise e meditate già nei giorni scorsi con l’assessore all’Istruzione della Regione Lombardia, Melania Rizzoli, che, mentre il governatore parlava alla stampa, spiegava a Ilfattoquotidiano.it: “C’è una crescita verticale della curva dei contagi che non ci spieghiamo. Cresce nelle province che non sono state colpite dalla prima ondata. I dati ci preoccupano e ci allarmano. L’età media si è abbassata tra i 18 e i 50 anni. I ragazzi si infettano fuori dalla scuola. Ora la nostra prerogativa è fare test a tappeto. Non abbassiamo la guardia ma ancora non possiamo parlare di seconda ondata”.

E sulle scuole l’assessore Rizzoli non nasconde qualche preoccupazione: “Il 18% dei nostri studenti in Lombardia non è munito di tablet. Alla ministra Lucia Azzolina ho suggerito di lasciar perdere i banchi a rotelle e di comprare i device in previsione di un nuovo ritorno delle lezioni online. Ad oggi, comunque, i dati che abbiamo in mano non impongono una chiusura delle scuole. Continueremo a monitorare l’andamento e non escludiamo nulla. Intanto abbiamo chiesto all’ufficio scolastico regionale (Usr) di prevedere ingressi scaglionati alle superiori fino anche alle 10 del mattino, così da decongestionare il traffico urbano”.

Dall’Usr, il dirigente Augusta Celada conferma: “L’ipotesi di chiusura in questo momento non è in campo. Se guardiamo i dati degli ultimi quindici giorni, le scuole sono il luogo più sicuro in questo momento”. Ad applaudire alla scelta di Fontana e della sua giunta è anche il presidente regionale dell’Associazione nazionale presidi, Massimo Spinelli: “È importante garantire la scuola in presenza almeno fino alla terza media e cercare di diradare la frequenza dei più grandi con l’uso della didattica a distanza. La Lombardia ha fatto meglio della Campania. La scuola è il luogo più sicuro ma il virus arriva da fuori. Gli studenti sono costretti a prendere bus, metro, treni affollati”.

IL DISOBBEDIENTE

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