La trasparenza non è una fisima per fighetti con la pancia piena e tanto tempo da perdere. E’ l’essenza della partecipazione, il distillato della democrazia e il migliore antidoto alla corruzione, all’opacità amministrativa, al clientelismo. Anche nel campo della trasparenza e della diffusione di informazioni di pubbliche amministrazioni il nostro paese può vantare una legislazione d’avanguardia, capace di garantire l’accesso agli atti da parte dei cittadini. Si tratta del Dlgs 33/2013 meglio noto come “Codice della Trasparenza”.

Per evitare che ogni amministrazione pubblica vada per suo conto – per esempio nascondendo nei meandri del sito istituzionale le informazioni dovute per legge – il Codice stabilisce che in un’apposita sezione, “Amministrazione trasparente”, devono essere pubblicati tutti i documenti relativi a nomine, bandi, appalti, consulenze, incarichi, insomma tutto quanto sta nelle attività della PA. Il cittadino dovrebbe trovarci tutto ciò che serve per monitorare l’attività dell’Ente, in un formato navigabile così da permettere ricerche sui testi per comparazioni ed elaborazioni. Per questo formati e collocazione dei documenti dovrebbero essere oggetto di cure particolari, stabilisce sempre la legge. Fin qui la teoria.

A 7 anni dal varo del Codice della Trasparenza la pratica svela un altro mondo. Tutti gli enti pubblici hanno la sezione Amministrazione Trasparente, ma all’interno cominciano i guai: documentazione incompleta o inesistente, file in formato immagine, dunque non navigabili, rimandi che portano a cartelle inesistenti, intoppi vari che rendono l’accesso assai problematico e, comunque, ben lontano da quella trasparenza e facilità di accesso che, per legge, la PA dovrebbe garantire.

Col Covid che impazza la Sanità è oggetto di grandi attenzioni: se ne chiacchiera tanto, si pensa ai fiumi di denaro che già scorrono e che ancora di più domani alimenteranno la spesa pubblica in questo ambito. Grazie al Codice, con un po’ di pazienza e tanta voglia di capire possiamo ad esempio scoprire che la più grande Azienda Ospedaliera d’Italia perde oltre 100 milioni l’anno, possiamo fare un bell’elenco dei fornitori padroni delle sanità regionali, possiamo scoprire che aumentano i tempi d’attesa per le prestazioni mutualistiche e anche l’intramoenia dei medici ospedalieri, nonostante il Piano nazionale preveda che la loro libera professione in ospedale venga dopo che hanno concorso alla riduzione delle liste d’attesa con prestazioni in straordinario.

Ancora pochi giorni fa la Corte dei Conti del Piemonte, esaminando il Bilancio consuntivo 2019 della Regione, ha ribadito la necessità di rendere edotti i cittadini circa le “[…] misure adottate e dei beneficiari delle risorse, perché la trasparenza è un valore costituzionale irrinunciabile…”. E ancora “l’amministrazione dello Stato deve essere una casa di vetro perché in una democrazia i cittadini devono conoscere come funziona il potere [perché] responsabilità dei soggetti coinvolti sia chiara e verificabile”. Perché la Corte dei Conti ha sentito la necessità di insistere su questi temi?

Una veloce ricerca per dare risposta alla domanda evidenzia una situazione critica nell’applicazione del Codice della Trasparenza da parte della Aziende Sanitarie Piemontesi. L’indagine l’ha commissionata Sean Sacco, presidente del Gruppo 5 Stelle, con l’obiettivo di verificare come le asl e le aso danno applicazione all’art. 41 del Codice della Trasparenza, che impone alle amministrazioni del servizio sanitario di pubblicare “nei loro siti istituzionali, i dati relativi a tutte le spese e a tutti i pagamenti effettuati, distinti per tipologia di lavoro, bene o servizio, e ne permettono la consultazione, in forma sintetica e aggregata, in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, all’ambito temporale di riferimento e ai beneficiari”.

Ad una prima verifica, delle 19 Aziende del Servizio Sanitario Regionale solo 3 pubblicavano i dati dei pagamenti, non sempre nel formato previsto. Dopo i primi contatti coi responsabili interni 3 Aziende sanitarie hanno provveduto ad aggiornare le loro pubblicazioni. In tutti gli altri casi i Responsabili della Trasparenza, figure dirigenziali presenti in ogni Azienda, hanno invocato ogni sorta di motivazione a giustificazione del loro scarso operato: la privacy, la difficoltà di interpretazione della norma, ecc. Un Commissario Straordinario di una asl del Piemonte ha addirittura minacciato di adire alle vie legali contro chi gli stava segnalando le inadempienze in tema di trasparenza.

Questa la situazione, così si spiega forse l’attenzione della Corte dei Conti regionale. Quello del Piemonte non è una caso isolato, ecco perché sarebbe ora che il Ministero della Pubblica Amministrazione ricordasse ai dirigenti e funzionari pubblici di ogni ente l’importanza del rispetto delle leggi dello Stato.

Un gran lavoro attende la PA, deriverà dall’attuazione dei progetti straordinari finanziati con le risorse dell’Ue. Non possono essere impegnate utilmente con il livello di opacità constatata e disapplicando il Codice della Trasparenza, a meno di non voler ulteriormente alimentare sprechi e malavita.

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